Il sudario di Gerusalemme che “rinnega” la Sindone

di Paola Caridi

“La Stampa” del 17 dicembre 2009

Un sudario di lana, e non di lino. A significare che l’uomo avvolto nel tessuto funerario era di alto

lignaggio. Un sudario trovato a Gerusalemme, quasi dieci anni fa, in quell’area conosciuta come la

Gehenna, appena fuori dalle possenti mura di Solimano il Grande che circondano la Città Vecchia.

Un sudario che, attraverso gli esami condotti tra Stati Uniti, Londra e Gerusalemme, si può datare al

primo secolo, il secolo di Gesù Cristo. Lo hanno studiato per anni: e i risultati sono stati pubblicati

ora su «PloS One», la rivista della «Public Library of Science» americana.

In quel sudario non è stato avvolto Gesù di Nazareth. Bensì un uomo affetto da lebbra, morto di

tubercolosi. Ma è il primo tessuto funerario dell’epoca di Gesù mai trovato a Gerusalemme, zona

umida, clima dove è difficile fare scoperte di questo tipo. E la trama di quel tessuto è

completamente diversa dalla trama della Sacra Sindone. Non solo: i frammenti di tessuto trovati

sull’uomo della Tomba del Sudario appartenevano a differenti lenzuoli. Come descritto nel Vangelo

di Giovanni, quando le donne vanno al sepolcro e lo scoprono vuoto. Più pezzi di stoffa. E non,

come per la Sindone, a un solo lenzuolo, che copriva il corpo da capo a piedi.

«Non era pratica del tempo coprire i defunti con un solo lenzuolo - dice Shimon Gibson, l’autore

della scoperta del sudario di Gerusalemme -. Questo perché non si era certi della morte. Il defunto

poteva essere in coma, risvegliarsi. Se fosse stato coperto da un solo pezzo di stoffa, ci sarebbe stato

il soffocamento». Ci sono voluti molti anni per esaminare tutti i dettagli, dice Gibson, protagonista

di altre scoperte a Gerusalemme, alcune controverse. Anni per analizzare i frammenti di tessuto

trovati sulla testa, sul petto, in diverse parti del corpo del lebbroso.

Shimon Gibson non ha visto direttamente la Sindone di Torino, né ha chiesto al Vaticano di poter

esaminare il sudario. Quello che sostiene è che il tipo di intreccio è differente da quello di Torino. E

della stessa opinione è il professor Mark Spigelman. Paleoepidemiologo dell’Università di

Gerusalemme, in procinto di arrivare per altre ricerche a Tivoli e a Bologna, ha esaminato sia le

ossa del lebbroso, trovate alla Gehenna, sia il sudario di Gerusalemme. «Questo sudario - dice il

professor Spigelman - è l’unico trovato a Gerusalemme, ma abbiamo trovato altri tessuti in altre

parti di Israele risalenti allo stesso periodo. Vicino al Mar Morto. Il periodo che noi definiamo del

Secondo Tempio, il tempo di Gesù Cristo». Tra il sudario di Gerusalemme e i tessuti

contemporanei, insomma, c’è molto di simile. La trama, l’intreccio, soprattutto. «Il sudario di

Gerusalemme ha un tipo di intreccio che si chiama uno-sopra-uno. Quello di Torino ha una fattura

medievale, tessuto a spiga, e sicuramente non c’è niente di simile a quanto è stato trovato in Israele

risalente al primo secolo».

Il sasso nello stagno è stato lanciato. E la scoperta è di quelle che faranno discutere. Come, negli

ultimi anni, hanno fatto discutere altri ritrovamenti archeologici a Gerusalemme. Non ultima, alcuni

anni fa, la scoperta di una tomba, sempre nella zona est di Gerusalemme, che sarebbe appartenuta

alla famiglia di un uomo chiamato Gesù. Allora si scatenò una polemica durissima. Il problema è

che, a Gerusalemme, l’archeologia non è una scienza semplice. Tante religioni, tante sensibilità,

tanta ricerca di identità. Spesso, anzi, «l’archeologia diventa uno strumento della politica», come

usava spesso ripetere padre Michele Piccirillo, francescano e archeologo, uno dei più famosi di tutto

il Medio Oriente, scomparso appena un anno fa.