HOME PAGE          SOMMARIO TEMI


La destra alza il tiro

di Ignazio Marino

in “il manifesto” del 22 febbraio 2009

Dalla tutela delle volontà di chi non è più in grado di recuperare l'integrità intellettiva alla

privazione della libertà di scelta di chi è ancora in grado di esprimersi. Questo il bizzarro percorso

del testamento biologico. Nel 2005, in Commissione sanità al Senato, la destra approvò

all'unanimità un testo di legge che però non ritenne sufficientemente urgente. E in Aula non arrivò

mai. Poi toccò al centro-sinistra e quella che molti ritennero una mia personale «ossessione» si

fermò di nuovo, di fronte agli ostacoli dell'allora opposizione di centro-destra che si prodigò per

impedire l'approvazione della legge.

Oggi questa destra, dopo un provvedimento governativo d'urgenza sulla tragica vicenda di Eluana

Englaro, causa di uno scontro istituzionale senza precedenti tra Capo dello Stato e premier, insiste e

rilancia, adottando come testo una proposta pesantemente lesiva del diritto all'autodeterminazione

del malato, sancito dall'art. 32 della nostra Costituzione.

Ecco, in sintesi, come: le dichiarazioni anticipate di trattamento esprimono solo l'orientamento del

paziente e non hanno carattere vincolante; il medico potrà disattendere le indicazioni scritte di un

cittadino; non si ha la possibilità di indicare idratazione e nutrizione artificiali tra le terapie cui non

si vuole (o si vuole) essere sottoposti in caso di stato vegetativo. Inoltre, non potrà essere disattivato

un trattamento sanitario, neanche su richiesta verbale di una persona, se questa sospensione

consente la fine naturale della vita.

Un salto di qualità notevole che inasprirà il conflitto parlamentare, soprattutto dopo l'indisponibilità

a sostanziali modifiche, mostrata in Commissione sanità al Senato.

Ci aspetta pertanto un grande lavoro in Aula, su tutti gli emendamenti possibili. Un numero elevato

di emendamenti cui, se il testo diverrà legge, seguirà una pioggia di ricorsi, primo tra tutti alla Corte

Costituzionale.

In attesa di questo pronunciamento, cosa succederà, ad esempio, nei reparti di terapia intensiva,

dove non si potrà sospendere alcun farmaco? E cosa succederà quando un testimone di Geova

chiederà di non essere sottoposto a trasfusione e il medico deciderà diversamente? Sarà il caos. E

dovrà essere ancora una volta la nostra bistrattata Costituzione il faro nella notte della ragione,

quella preziosa Carta che orienta chiaramente sul rispetto delle libertà individuali e offre

eventualmente tutti gli opportuni strumenti d'intervento abrogativo di leggi che non tutelino il

principio dell'autodeterminazione della persona umana o il rispetto della sua dignità. Una dignità

che appartiene fortemente alla cultura laica ed a quella cristiana come sottolineato da queste parole

scritte nel 1970 da Paolo VI: «Il carattere sacro della vita è ciò che impedisce al medico di uccidere

e che lo obbliga nello stesso tempo a dedicarsi con tutte le risorse della sua arte a lottare contro la

morte. Questo non significa tuttavia obbligarlo a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli

offre una scienza instancabilmente creatrice. In molti casi non sarebbe un'inutile tortura imporre la

rianimazione vegetativa nella fase terminale di una malattia incurabile? In quel caso, il dovere del

medico è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza, invece di voler prolungare il più a lungo

possibile, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e

che va naturalmente verso il suo epilogo...».

Mi auguro che il Parlamento, lungi dall'assecondare la contrapposizione mediatica tra «partito della

vita» e «partito della morte», ascolti da una parte l'amore che lega il padre al figlio e dall'altra la

ragione che accetta la fine naturale della vita, in base ai valori secondo i quali è stata vissuta. Uno

sguardo attento al cuore e alla testa del Paese reale basterebbe.

Chirurgo, presidente commissione parlamentare d'inchiesta sul Servizio sanitario nazionale