Tutte le paure del Vaticano
di Ermanno Genre
docente di teologia pratica alla Facoltà valdese di Roma
“il manifesto” del 10 settembre 2009
Puntuale, in questi giorni di ripresa del nuovo anno scolastico, viene diffusa una lettera della Congregazione vaticana per l'Educazione cattolica che risale al maggio scorso ed è rivolta alle Conferenze episcopali di ogni parte del mondo. Qual è il contenuto di questa lettera? La paura. La paura del confronto, la paura del dialogo, la paura di un corretto insegnamento della cultura religiosa che aiuti le nuove generazioni a crescere senza più temere chi è di confessione cristiana diversa dalla cattolica, senza più aver paura di chi è di un'altra religione. Insomma, anche questa lettera è impregnata di paura di una scuola libera, in cui i valori siano riconosciuti, riconoscibili, e discutibili. Ciò che farebbe dell'insegnamento religioso una disciplina interessante perché permetterebbe un confronto di storie di vita e di esperienze diverse, un crescere e imparare insieme nella diversità. Nella lettera firmata dal cardinale Zenon Grocholewski e dal monsignore Jean-Louis Brugue's, presidente e segretario del dicastero vaticano, si legge: «La natura e il ruolo dell'insegnamento della religione nella scuola è divenuto oggetto di dibattito e in alcuni casi di nuove regolamentazioni civili, che tendono a sostituirlo con un insegnamento del fatto religioso di natura multiconfessionale o di etica e cultura religiosa, anche in contrasto con le scelte e l'indirizzo educativo che i genitori e la Chiesa intendono dare alla formazione delle nuove generazioni». Basta e avanza questa citazione per prendere atto, una volta di più, dell'arroganza e della cecità che abita le stanze vaticane. L'unico interesse è quello di difendere, là dove questo ancora è possibile, in Italia per esempio, posizioni grette e discriminatorie nei confronti degli studenti e delle famiglie che non sono cattolici romani o che sono cattolici ma hanno ormai maturato una nuova visione del problema. Il concetto di una comune cittadinanza non esiste, non interessa, e non interessano i numerosi documenti che provengono da diverse istanze e associazioni europee e che invitano a modificare i vecchi progetti didattici di insegnamento della religione. In Europa le cose stanno diversamente e per la maggioranza dei paesi dell'Ue questa lettera è assolutamente inutile perché le autorità scolastiche sono autonome e legiferano in libertà e responsabilità anche in materia di religione. Ci si può chiedere, per rimanere in ambito ecumenico, quale valore abbia la Charta Oecumenica sottoscritta dalle massime autorità cattoliche che si impegnano «a promuovere l'apertura ecumenica e la collaborazione nel campo dell'educazione cristiana...» (II,3). La chiesa di Roma sottoscrive tante carte ma poi fa ciò che vuole. Avanti al centro a testa bassa, questa è la linea. Il fatto, poi, che questo procedere a testa bassa venga a cozzare con i principi stessi della Costituzione della repubblica, pare non costituire problema. Di ciò, purtroppo, non si discute neppure nell'ambito dell'opposizione democratica e parlamentare. Il che è di una gravità imperdonabile