Vaticano, spy story da 180 milioni di euro
di Giacomo Galeazzi
in “La Stampa” del 26 novembre 2009
Un fiume di denaro gestito dalla banca vaticana, operazioni
finanziarie «anomale», fondi intestati allo Ior e privi di proprietari
dichiarati. Ora la procura di Roma vuol conoscere chi si cela sotto l’acronimo
«Istituto per le opere di religione» che dal 2003 ha aperto alcuni conti nella
filiale Unicredit di via della Conciliazione, al confine con le Mura Leonine.
Depositi creati quando la filiale era ancora della Banca di Roma, prima del
passaggio a Unicredit.
Il mistero è racchiuso soprattutto in un tesoro da 180 milioni di euro i cui
veri titolari sono per ora sconosciuti e «protetti» dallo «schermo opaco»,
come lo hanno definito gli investigatori, costituito dallo Ior. Per statuto la
banca d’Oltretevere, che si è sempre ritagliata un ruolo autonomo al punto da
non figurare nemmeno nei bilanci della Santa Sede, può avere come clienti enti
ecclesiastici, sacerdoti e laici residenti in Vaticano, stranieri purché
destinino parte dei fondi a opere di bene. L’incognita, però, è a monte: la
titolarità dei conti Ior, «top secret» e non sottoposti a tassazione.
Gli accordi con lo Stato italiano consentono all’Istituto vaticano (in passato
protagonista di scandali clamorosi come la maxitangente Enimont ed il crack
dell’Ambrosiano), un’operatività da banca offshore. La clientela riceve
discrezione totale nelle operazioni utilizzando una banca che gestisce
transazioni finanziarie fuori dagli accordi interbancari e dai filtri
internazionali. Con il rischio che diventi una «lavanderia», un paradiso
fiscale che non risponde a nessuna legislazione. Dietro il conto all’Unicredit
può esserci chiunque, osservano in procura.
Quella provvista poteva servire a coprire qualunque tipo di attività: una sorta
di bacino finanziario che assicurava flussi di denaro da e per i correntisti
protetti dalla discrezione propria della finanza d’Oltretevere. Lì sono
transitati dal 2003 circa 60 milioni di euro all’anno. Per ora i magistrati
hanno aperto un fascicolo ipotizzando la violazione della legge 231 del 2007 che
disciplina, per gli istituti di credito, una serie di norme antiriciclaggio, tra
cui la trasparenza della titolarità, sul deposito di conti correnti.
L’indagine è appena agli inizi e per il momento è focalizzata sui rapporti
tra Ior e Unicredit. Ma l’inchiesta, che ha creato non pochi imbarazzi in
Vaticano, riguarderebbe anche altri conti correnti, nella titolarità dello Ior,
aperti nella stessa filiale. Depositi di differente importanza: sia di grande
entità sia di valore più contenuto. La segnalazione alla Procura della «non
trasparenza» della titolarità dei conti è stata fatta dalla «Unità di
informazione finanziaria» (la struttura di «financial intelligence» della
Banca d’Italia) al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di
finanza che indaga su delega del procuratore aggiunto della Capitale Nello Rossi
e del pubblico ministero Stefano Rocco Fava.
Il sospetto di chi indaga è che dietro la sigla Ior si possano celare persone
fisiche o società che abbiano costituito un canale per il flusso di risorse tra
la banca del Papa e l’Italia. Per l’indagine non sarà necessario attivare
richiesta di rogatoria con lo Stato vaticano. Del resto, il nuovo presidente
dell’Istituto, l’economista Ettore Gotti Tedeschi, intende assicurare
trasparenza e collaborazione con la magistratura rispetto ad operazione
riconducibili alla precedente gestione. Unicredit, secondo le indagini, ha
emesso assegni e bonifici intestati sempre e solo alla banca vaticana. Anche su
questo sono in corso indagini della Finanza per risalire ai beneficiari delle
operazioni: il gruppo milanese fa sapere di essersi adeguato da tempo alle
normative collaborando con le autorità di vigilanza