“la
Repubblica” dell’11 febbraio 2009
L’Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, ha definito Beppino Englaro «un boia». Credo che debba partire da qui, da un insulto atroce, il colloquio con Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte Costituzionale.
«In un caso controverso dove sono in gioco dati della vita così legati alla tragicità della condizione umana è fuori luogo usare un linguaggio violento, così impietoso, così incontrollato, così ingiusto. Non ho ascoltato, sul versante opposto, che vi sia chi ragiona dell’esistenza di un “partito della crudeltà” opposto a “un partito della pietà”. Credo che in vicende così dolorose debbano trovare espressione parole più adeguate e controllate, più cristiane».
E
tuttavia, presidente, i toni accusatori, le accuse così aggressive e definitive
sembrano indicare che cosa è in gioco o a contrasto nel caso di Eluana Englaro.
I valori contro i principi, la verità contro il dubbio. Questioni da sempre
aperte nelle riflessioni dei dotti che avevano trovato, per così dire, una
sistemazione condivisa nella Costituzione italiana. Che cosa è accaduto? Perché
quell’equilibrio viene oggi messo di nuovo in discussione dopo appena
sessant’anni?
«Le posizioni in tema di etica possono
essere prese in due modi. In nome della verità e del dogma, con regole generali
e astratte; oppure in nome della carità e della com-passione, con atteggiamenti
e comportamenti concreti. Nella Chiesa cattolica, ovviamente, ci sono entrambe
queste posizioni. Nelle piccole
cerchie, prevale la carità; nelle grandi,
Che
ne sarà allora dell’invito del capo dello Stato a una «riflessione comune»
ora che il parlamento affronterà la discussione sulle legge di «fine vita»?
«Una legge comune è possibile solo se si abbandonano i dogmi, se si affrontano i problemi non brandendo quella verità che consente a qualcuno di parlare di “omicidio” e “boia”, ma in una prospettiva di carità. La carità è una virtù umana, che trascende di gran lunga le divisioni delle ideologie e dei credi religiosi o filosofici. La carità non ha bisogno né di potere, né di dogmi, né di condanne, ma si nutre di libertà e responsabilità. Dico la stessa cosa in altro modo: un approdo comune sarà possibile soltanto se prevarrà l’amore cristiano contro la verità cattolica».
«Giovanni Botero nella sua Della Ragione di Stato del 1589 scriveva, a proposito dei Modi di propagandar la religione: «Tra tutte le leggi, non ve n’è alcuna più favorevole a’ Prencipi, che la Christiana: perché questa sottomette loro, non solamente i corpi e le facoltà de’sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora e i pensieri».
Botero era uomo della controriforma.
Purtroppo, c’è chi pensa ancora così, tra i nostri moderni “prencipi”.
Essi potrebbero far loro
Dobbiamo
allora credere che il conflitto di oggi tra mondo laico e mondo cattolico, che
ha accompagnato il calvario di Eluana, segnali soprattutto la fine della
riflessione del Concilio Vaticano II e, per quel che ci riguarda, la crisi di
quella «disposizione costituzionale» che è consistita, per lo Stato, nel
principio di laicità contenuto nella Costituzione, e per la Chiesa nella
distinzione tra religione e politica?
«Il Concilio Vaticano II ha rovesciato la tradizione della Chiesa come potere alleato dello Stato, ha voluto liberarla da questo legame tutt’altro che evangelico. Non si propose di proteggere o conservare i suoi privilegi, ancorché legittimamente ricevuti, e invitò i cattolici a un impegno responsabile nella società, uomini con gli altri uomini, con la fiducia riposta nel libero esercizio delle virtù cristiane e nell’incontro con gli “uomini di buona volontà”, senza distinzione di fedi. Fu “religione delle persone” e non surrogato di una religione civile. Il cattolicesimo-religione civile sembra invece, oggi, essere assai gradito per i vantaggi immediati che possono derivare sia agli uomini di Chiesa che a quelli di Stato».
Ieri
mentre finiva l’esistenza di Eluana Englaro e il Paese era scosso dalle
emozioni, dalla pietà e, sì, anche da una rabbia cieca, dieci milioni di
italiani hanno voluto vedere il Grande Fratello. E’ difficile non osservare
che l’artefice della macchina spettacolare televisiva del reality e di ogni
altra fantasmagorica vacuità - capace di distruggere ogni identità reale,
alienare
il linguaggio, espropriarci di ciò che ci è comune, di separare gli uomini da
se stessi e da ciò che li unisce - è lo stesso leader politico che pretende di
dire e agire in nome dell’Umanità, della Vita, addirittura della Verità e
della Parola di Dio. Le appare più tragico o grottesco, questo paradosso? Come
spiegarsi la dissoluzione di ogni senso critico dinanzi a questo falso
indiscutibile?
«Non è questo il solo paradosso. Non è
la sola contraddizione che si può cogliere in questa vicenda.
«Oggi la politica è succuba della Chiesa, ma domani potrebbe accadere l’opposto. Se la politica è diventata - come mi pare - mezzo al solo fine del potere, potere per il potere, attenzione per la Chiesa! Essa, la Chiesa del dogma e della verità, può essere un alleato di un potere che oggi ha bisogno, strumentalmente, di legittimazione morale. Il compromesso convince i due poteri a
cooperare. Ma domani? Il potere dell’uno, rafforzato e soddisfatto, potrebbe fare a meno dell’altra.»
«’Rompiamo il silenzio’ è già stato sottoscritto da centosessantamila cittadini. È la dimostrazione che, per fortuna, la nostra società non è un corpo informe, conserva capacità di reazione. L’appello ha tre ragioni. E’ uno sfogo liberatorio, innanzitutto: devo dire a qualcuno che non sono d’accordo. E’ poi un autorappresentarsi non come singoli, ma come comunità di persone. Il terzo obiettivo è rendersi consapevoli, voler guardare le cose non in dettagli separati, è un volersi raffigurare un quadro. A volte abbiamo la tendenza a evitare di guardare le cose nel loro insieme. E’ quasi un istinto di sopravvivenza distogliere lo sguardo dalla disgrazia che ci può capitare. L’appello prende posizione. Si accontenta di questo. Se mi chiede come e dove diventerà concreta questa presa di coscienza, le rispondo che ognuno ha i suoi spazi, il lavoro, la scuola, il partito, il voto. Faccia quel che deve, quel che crede debba essere fatto per sconfiggere la rassegnazione».