ALTRO CHE ZINGARI
di Alexian Santino Spinelli
*musicista e docente universitario
il manifesto 22.9.2010
Cultura della
sopravvivenza e sindrome dell'accerchiamento innaffiati da anni di becero
assistenzialismo e di mobilità coatta: un mix esplosivo che ha seminato anche
tra i rom - soprattutto nei campi nomadi - il germe dell'illegalità. Negarlo non
serve, ma per combatterlo occorre capire, distinguere la cultura vera dai
fenomeni sociali. L'integrazione è come l'amore: si fa in due
Il mondo dei rom e sinti è un mondo complesso, diversificato, transnazionale e
paradigmatico, con tanti valori positivi ma anche tanti con aspetti negativi.
La realtà romanì di oggi viene da lontano e si trascina dietro di sé secoli di
persecuzioni, di mobilità coatta, di ingiustizie e di discriminazioni che hanno
determinato una cultura della sopravvivenza e del precariato perenne che di
fatto ha contribuito a una scarsa volontà di legarsi ad un territorio e di
sentirsi parte di una società maggioritaria. Ogni comunità si è trincerata
dietro la propria cultura e la propria identità rifiutando l'esterno. Grazie ai
rapporti endogamici e ai valori legati alla indissolubilità della famiglia e
della solidarietà, rom e sinti sono riusciti a sopravvivere in una società che
hanno sempre sentito estranea e repressiva.
Questo sentirsi "altro" ha determinato lo scarso rispetto che i rom e sinti
hanno dei cagè (non-rom) e di tutto ciò che gli appartiene, visti più come
nemici che come fratelli. Molti rom e sinti, soprattutto italiani e di antico
insediamento, hanno raggiunto un grado elevato di inclusione sociale tanto da
non essere più considerati un problema, ma dentro di loro continuano a sentirsi
"altro" e vivere la sindrome di accerchiamento al pari dei rom di recente
immigrazione che vivono nei campi nomadi, veri e propri ricettacoli di attività
illegali che creano una economia di sopravvivenza vincolante e deleteria. Gli
effetti sull'opinione pubblica sono devastanti poiché la ghettizzazione provoca
reazioni a catena: degrado materiale e morale, annientamento culturale,
frustrazione, rassegnazione e disillusione sono alla base di attività di micro e
macro criminalità, dal furtarello alla ricettazione, dallo sfruttamento della
prostituzione allo spaccio di droga. L'opinione pubblica reagisce agli effetti
ma non comprende le cause.
Occorre che questi nodi vengano al pettine per migliorare la situazione di tutti
nell'interesse di tutti. Certamente non sarà semplice far superare ai rom e
sinti, che per anni sono stati sottoposti anche al più becero assistenzialismo,
la cultura della sopravvivenza e la sindrome dell'accerchiamento, ma allo stesso
tempo occorre informare correttamente l'opinione pubblica sulla storia e sulla
cultura romanì al di là dei preconcetti e delle mistificazioni.
L'integrazione è come l'amore: si fa in due.
L'integrazione passa attraverso la valorizzazione culturale. I rom e sinti
possono e devono essere integrati nel rispetto della differenza culturale nella
società maggioritaria. Occorre distinguere ciò che è cultura vera da ciò che
sono fenomeni sociali. Occorre confrontarsi riconoscendo i propri limiti e le
proprie colpe prima di dirigersi verso la città della felice convivenza,
superare da entrambe le parti le reciproche diffidenze e le reciproche accuse,
superando ciò che dà più fastidio a ciascuno. Non è semplice e non sarà
indolore, ma occorre pur cominciare isolando le mele marce irrecuperabili e
procedere a un serio processo di interazione civile: rispetto reciproco,
legalità, case vere, assistenza sanitaria, lavoro e scolarizzazione con accesso
- in pari opportunità - ai servizi pubblici, eliminando ogni forma di razzismo e
di ghettizzazione, smettendola di far passare i campi nomadi come espressione
culturale, ma denunciandoli per ciò che sono: l'emblema stesso della
discriminazione, un crimine contro l'umanità.
Occorre cominciare a dialogare e a confrontarsi e occorre farlo al più presto
per evitare ulteriori inutili danni a tutti, prima che la lista dei bambini rom
morti si allunghi, un bollettino di guerra in tempo di pace, prima che
l'esasperazione dell'opinione pubblica svolti verso una deriva irrecuperabile,
prima che i politici strumentalizzino la situazione per la loro prossima
campagna elettorale usando tutti come agnelli sacrificali. Esistono, oggi, tutte
le condizioni e tutti gli strumenti per affrontare e risolvere i problemi:
l'integrazione dei rom passa attraverso i fondi europei e non attraverso le
tasche degli italiani. Eppure si fa di tutto per non cambiare nulla: interessi
particolari e personali, strumentalizzazioni di ogni sorta remano contro da anni
in barba a 70 milioni di italiani e ai 170 mila rom e sinti che hanno il
desiderio,la necessità e la possibilità di convivere fraternamente.