Mons. Fisichella: quando una bestemmia è meglio dei “Dico”
di Marco Politi
“il Fatto Quotidiano” del 5 ottobre 2010
È edificante che tra i primi annunci del responsabile vaticano
per la Nuova Evangelizzazione – monsignor Rino Fisichella – vi sia la
spiegazione urbi et orbi che un robusto “Orcod…” può essere contestualizzabile e
comunque (mai sia!) non va criticato e strumentalizzato.
Non è forse questo che si attendeva papa Ratzinger, così calibrato nella scelta
delle sfumature quando si rivolge alle élites europee nel Castello di Praga o a
Wesminster Hall di Londra? FINO a pochi giorni fa mons. Fisichella era anche
cappellano di Montecitorio. Ma in genere erano i cappellani degli Alpini ad
essere burberi e comprensivi dispensatori di assoluzioni. Una bestemmia tirata
su per le mulattiere o nelle steppe gelate della ritirata di Russia… una
scappatella in fienile con una contadinotta… suvvia, ci voleva un cuore largo
per portare i sacramenti ai ragazzi in divisa e mantenere forte la loro fede
nelle avversità.
Ma in Europa e in Occidente la Camera dei deputati e la presidenza del Consiglio
si distinguono dalle caserme e se, invece, il buon cristiano Silvio li porta a
livello di naja, le reazioni di un prelato colto come Fisichella potrebbero
essere diverse. “Bisogna sempre, in questi momenti, contestualizzare le cose…”,
ha sentenziato. Poteva continuare ad analizzare il “contesto”, se voleva,
raccontando un po’ di cose ai reporter che gli chiedevano un commento sulle
ultime allucinanti esternazioni di Berlusconi (bestemmie, antisemitismo, insulti
inqualificabili alla magistratura). Raccontare ad esempio che dal suo posto di
osservazione a Montecitorio si era accorto che era cominciata una stagione in
cui il premier, autoproclamatosi erede di Sturzo e De Gasperi, aveva introdotto
l’abitudine di dare di “coglioni” agli elettori degli altri partiti e che i suoi
alleati esibivano mortadelle alla Camera e le sue truppe parlamentari gridavano
“pannoloni, pannoloni” a una scienziata premio Nobel ultranoventenne, Rita Levi
Montalcini, colpevole di venire a votare in Senato.
RINO FISICHELLA è abbastanza giovane dal punto di vista ecclesiastico (è nato
nel 1951 ed è stato ordinato nel 1976) ma può ricordare abbastanza bene che
questo stile in Parlamento era sconosciuto persino nei momenti più aspri di
scontro tra democristiani e comunisti. Non vengono da Marte queste maniere da
caserma, non sono nate bipartisan, nascono da un modo di atteggiarsi preciso,
che ha nome e cognome. Che Dino Boffo si è permesso di criticare – per il
settore puttane – e per cui prontamente è stato decapitato e mollato anche dalle
gerarchie ecclesiastiche. Monsignor Fisichella non è uno sprovveduto. Ha
percorso con determinazione i gradini di una carriera ecclesiastica brillante.
Vescovo ausiliare di Roma a quarantasette anni, magnifico rettore della
Pontificia università Lateranense a cinquantuno, e nel frattempo anche
cappellano di Montecitorio e poi presidente dell’Accademia pontificia per la
Vita nel 2008. Fino alla nomina papale, avvenuta quest’anno, a presidente di un
dicastero nuovo di zecca, creato quasi apposta per lui: il Consiglio per la
promozione della Nuova Evangelizzazione. E’ l’anticamera del cardinalato. Lo
sanno tutti in Vaticano. Fisichella è colto, è un vivace e interessante
interlocutore nei pubblici dibattiti, scrive libri, guidava sino a poco fa i
pellegrinaggi spirituali bipartisan dei deputati nei Luoghi santi del
cristianesimo o – come l’ultimo a Mosca, poche settimane fa – alle sorgenti
della religiosità ortodossa di Russia.
UN SUO FAN , il deputato Pdl Alessandro Pagano, descrive nel suo blog l’intensa
emozione mistica provata ad essere accompagnati da un tale cappellano. “Mons.
Fisichella ha preso per mano 70 parlamentari e i loro cari e li ha condotti in
un sentiero difficile ma elevato. Verità. Lievito della società. Responsabilità.
Comprensione dell’altrui Persona. Fisichella ha esortato ad essere ‘sale del
mondo’, perché se una classe dirigente non riesce a dare sapore a cosa serve?”.
Ecco se di tali altezze monsignore si ricordasse anche quando è in gioco
Berlusconi, sarebbe ineccepibilmente edificante. Ma al temperamento non si
comanda. Fisichella è passionalmente partigiano in politica. Rigorosissimo
nell’annunciare che non darebbe mai la comunione a due divorziati che si sono
rifatti una coppia (meno che mai con i Dico, da lui strenuamente combattuti),
diventa improvvisamente morbido quando si tratta di spiegare (è avvenuto
nell’aprile scorso) che il “presidente Berlusconi essendosi separato dalla
seconda moglie, la signora Veronica, con la quale era sposato civilmente, è
tornato ad una situazione, diciamo così, ex ante”. E quindi può tranquillamente
tornare a fare la comunione. “Esattamente”. Perché solo al fedele separato e
risposato è vietata l’eucaristia, “poiché sussiste uno stato di permanenza nel
peccato”.
PECCATO non sono, evidentemente, le frequentazione di minorenni e
l’utilizzazione finale di escort. Niente moralismi e strumentalizzazioni.
Fisichella con eleganza ha sempre chiuso entrambi gli occhi sullo scempio del
comportamento del premier. Benché il prelato sia stato uno dei più attivi
promotori del Family Day contro il governo di quel noioso monogamo di Prodi.
Con queste premesse l’appello di sua futura eminenza a “contestualizzare” la
bestemmia verrà certamente assolto con le attenuanti del delitto di passione
politica. Anche se si è trovato in flagrante contrasto con le dure proteste
dell’Osservatore Romano e dell’Avvenire, il perdono gli verrà certamente
accordato, perché monsignore è sempre stato attivissimo nel tessere trame in
parlamento per sabotare qualsiasi legge sulle coppie di fatto, i diritti della
madre nel non impiantare un embrione malato, l’autodeterminazione del paziente
nel testamento biologico. Ma quelli, si sa, sono “principi non negoziabili”. Sul
resto, se po’ fa’.