CARI LAICI, ROMPIAMO IL TABÙ DELLA RELIGIONE
di Riccardo Chiaberge
Il Fatto Quotidiano15-9-2010
Millequattrocento commenti, e la discussione non è ancora finita. L’ultimo mio
post su Hawking e l’ateismo ha sollevato un putiferio senza precedenti, e non
posso che ringraziare di cuore tutti gli intervenuti, compresi i tantissimi
(forse la maggioranza) che mi hanno ricoperto di contumelie. E poi dicono che la
religione non interessa a nessuno, che viviamo in un’epoca di nichilismo e di
aridità spirituale. Altro che. Il nome di Dio, per chi crede come per chi non
crede, è ancora capace di scatenare grandi passioni: non soltanto distruttive o
criminali come quelle che vediamo all’opera nel Pakistan dei mullah o nella
Florida del reverendo Jones, ma anche sane passioni intellettuali.
Devo dire, con un certo rammarico, che alcuni dei commenti più acuti sono venuti
proprio da lettori credenti, mentre alcune delle castronerie più sesquipedali
sono state scritte da sedicenti razionalisti, che pretendono di saper usare il
cervello meglio degli altri. Molti di quelli che mi accusano di non aver letto
Dawkins, per esempio, dimostrano di averlo forse letto, ma non capito: uno che
definisce la religione una “malattia mentale” , un virus, un “vizio” di cui
bisogna liberarsi, e che si considera investito della missione di aprire gli
occhi a chi è stato “imbottito” di false credenze, per conto mio, non è un laico
razionalista, ma un integralista fanatico come quelli che dice di voler
combattere. E quelli tra voi che paragonano i sacerdoti, di qualunque fede, a
Wanna Marchi o agli aguzzini della Santa Inquisizione, sono accecati dal
pregiudizio, avrebbero bisogno loro, forse, di un bravo strizzacervelli. La fede
in Dio non è sempre un segno di stupidità o di ignoranza, così come l’ateismo
non è di per sé sinonimo di intelligenza. La storia è piena di grandi geni
credenti, da Pascal a Galileo e Newton, e di grandi imbecilli, o di grandi
criminali atei, a cominciare da Stalin. E chi sostiene, come Dawkins, che tutte
le guerre che insanguinano il mondo siano conflitti religiosi, non sa (o finge
di non sapere) nulla di geopolitica.
La verità, a me sembra, è che la religione, per molti laici, è rimasto l’ultimo
tabù. La generazione del Sessantotto ha infranto il tabù del sesso imposto da
genitori ipocriti e bacchettoni. I figli e nipoti dei sessantottini sono stati
allevati in famiglie dove la religione era un argomento proibito o rimosso,
proprio come il sesso nelle famiglie degli anni Cinquanta. C’è un bigottismo, un
puritanesimo laico, che respinge la problematica religiosa come pura
superstizione, come un’eredità medievale, e in tal modo cede interamente il
monopolio della spiritualità ai vari monsignor Fisichella e a Comunione e
Liberazione.
Se volete, mi unisco al coro, d’ora in poi scrivo soltanto post contro
Ratzinger, i preti pedofili, l’oscurantismo antiscientifico della Chiesa e le
ingerenze clericali. L’ho già fatto tante volte in passato, nei miei articoli e
nei miei libri, e sono pronto a rifarlo. Non mi costa nulla e raccoglierei solo
applausi. Ma non sarebbe molto utile, visto che sul Fatto Quotidiano ci sono già
numerose voci più autorevoli della mia che portano avanti questa battaglia.
E allora lasciatemi fare il Bastian Contrario. Datemi retta, bisogna rompere il
tabù. Se non ci facciamo, anche noi laici e miscredenti, un po’ di cultura
religiosa, se ci vergogniamo di entrare in una libreria delle Paoline peggio che
in un sexy shop, se non ci sporchiamo le mani sfogliando i loro libri, i loro
giornali, se continuiamo a dileggiare chi va in chiesa come un demente da
sottoporre a terapia psichiatrica, non saremo mai in grado di contrastare il
fondamentalismo. Anzi, faremo il gioco dei vari reverendi Jones. I cristiani e i
cattolici, inclusi quelli democratici e liberali che sono più numerosi di quanto
si pensi, ci vedranno come dei nemici e si ricompatteranno sotto le bandiere
della Cei e di Cielle, o magari dei sindaci leghisti che imbullonano il
crocifisso ai muri delle aule, invece di allearsi con noi nella battaglia per un
paese più civile e più libero