Comunione e
separazione
di Massimo Gramellini
“La Stampa” del 22 aprile 2010
Molti
divorziati devoti che non possono ricevere la comunione hanno osservato con
stupore la foto che ritraeva il presidente del Consiglio con un’ostia in bocca
durante i funerali di Raimondo Vianello. Quell’uomo, han ragionato gli
esclusi, ha un divorzio alle spalle e un altro in arrivo: come ha potuto
accostarsi al sacramento? Esiste forse un lodo divino che anche in questo campo
gli consente ciò che è vietato ai comuni mortali? Oppure il generoso avvocato
Mills ha testimoniato sotto giuramento di essere lui il marito di tutte le
mogli, comprese quelle off-shore, restituendolo a una dimensione di virginea
purezza?
A
mettere un po’ d’ordine in questo guazzabuglio ci ha pensato monsignor
Fisichella, assolvendo il
premier con formula piena: «Solo al fedele separato e
risposato è vietato comunicarsi, poiché
sussiste uno stato di permanenza nel peccato. Ma il
presidente, essendosi separato dalla seconda
moglie, è tornato a una situazione, diciamo così, ex
ante». Quindi, se un divorziato si risposa con
successo, nel senso che col secondo coniuge trova
finalmente il suo equilibrio, la comunione non
gliela si può dare. Se invece ridivorzia, allora potrà
di nuovo avvicinarsi all’altare perché «è tornato
a una situazione, diciamo così, ex ante». In teoria uno
potrebbe passare da un matrimonio all’altro
senza mai smettere di comunicarsi, purché abbia cura di
farlo negli intervalli. Che destino,
quell’uomo: qualunque cosa faccia ha sempre bisogno di
un’interpretazione autentica che gli
fornisca una scappatoia. E la trova, sempre