Don Ciotti, 35 anni di rivoluzione

di Marco Neirotti

“La Stampa” del 27 giugno 2010

 Il sereno e carismatico cardinale Michele Pellegrino si affacciò alla tenda e poi vergò poche righe di telegramma per il presidente della Repubblica Giovanni Leone.


La città inspirò appieno la forza di quei giovani raccolti intorno a un sacerdote «di strada», come si diceva allora: 28 giugno 1975, piazza Solferino, ippocastani, la fontana Angelica e una battaglia contro la criminalizzazione dei consumatori di droga. L’opera di informazione e pressione avviata da don Luigi Ciotti e dal Gruppo Abele divenne una legge dello Stato, la 685, promulgata il 22 dicembre dello stesso anno. I tossicodipendenti non più banditi da arrestare ma gente in difficoltà da accogliere, seguire e ricostruire.

Alla data del 28 giugno sono passati 35 anni e il Gruppo Abele non si celebra, anzi si offre come allora, soltanto che quella di tenda di tela sulla piazza è diventata, dice don Ciotti, «una tenda tecnologica - accessibile, mobile, leggera, perché non sia d’intralcio al cammino - per diffondere oggi quello stesso bisogno di un sapere che non pecchi di superficialità, quella stessa capacità di tradurre la profondità in parole semplici, parole di vita e di speranza». La tenda tecnologica è il nuovo sito del Gruppo, con un «bottone SOS» per emergenze, richieste d’aiuto, poi aggiornamento delle notizie di rilevanza sociale, rassegna stampa, galleria di foto, video e audio, accesso alla banca dati, al catalogo della Biblioteca del Centro Studi e Ricerche (28 mila volumi), gli indici delle riviste («Animazione» e «Narcomafie»).

Non celebrazione, ma filosofia che prosegue. Quegli Anni ’70 erano quelli dell’eroina che entrava nelle case e nelle vene, devastava le famiglie, soffocava vite per overdose. Nel 1973 il Gruppo Abele inaugurò in via Verdi, centro storico, il «Molo 53», primo spazio del genere per l’accoglienza, aperto 24 ore su 24. Don Ciotti: «Lo gestivamo con alcuni generosi medici contrari a una legge che li obbligava tra l’altro a denunciare i tossicodipendenti».

Comprensione, che non vuol dire alibi o pacca sulla spalla ma punto di riferimento. La Tenda nasce sul solco di quell’impegno. E Luigi Ciotti ricorda sì i messaggi di associazioni, medici, magistrati, ma soprattutto che «arrivò tanta gente», che guardava quei ragazzi sdraiati in uno sciopero della fame non per sé ma per un principio educativo e di recupero. I detenuti del vecchio carcere «Le Nuove» volevano un incontro e il 2 luglio poterono narrarsi.

L’arcivescovo monsignor Pellegrino, pastore della città dei credenti e dei laici, è ritratto mentre si china a scrivere quello che per il presidente Leone divenne più che un invito un monito umilmente imperioso. Il quarto Governo Moro (Dc-Pri), vicepresidente Ugo La Malfa, ministro dell’Interno Luigi Gui, della Giustizia Oronzo Reale, della Sanità Pietro Gullotti, varò la legge 685 nella quale «finalmente si considerava il consumatore di droga una persona e non un delinquente» e si creavano i «servizi pubblici dove alla dimensione strettamente sanitaria si associavano competenze psicologiche, sociali ed educative».

Nascevano quelli che oggi sono i Sert, fiorivano le comunità - spesso con confini ardui tra aiuto, liberazione di un peso per la famiglia, business - e una cultura della persona.

Il Gruppo Abele, capostipite (simbolica la cascina di Murisengo, nel Monferrato), correva avanti. La prima cooperativa, poi le altre, per i tossici come per gli ex detenuti in generale, un’occasione di crescita che non si arrende a delusioni improvvise. Il messaggio è nitido: non basta togliere dalla sostanza e dalla vita ai margini, si ricostruisce la persona.

Ma la Storia che da domani si respirerà nel nuovo sito si fonda su una convinzione: d’accordo occuparsi del singolo in difficoltà, ma il singolo non è soltanto l’acquirente dello sciagurato che vende eroina (oggi, più cocaina, anfetamine, sintesi chimiche sempre più alterate), il singolo è il terminale di un crimine organizzato potente, mescolato ai poteri economici e politici. Chi devasta una vita o una famiglia? Il piccolo spacciatore o mafie come la ’ndrangheta che, scrive il procuratore della Dda calabrese Nicola Gratteri, ha un incasso annuo di 44 miliardi di euro, il 2,9% del Prodotto interno lordo?

Qui prosegue la fiducia della tenda di piazza Solferino. Ciotti: «Da allora tante cose sono cambiate. Gli stili di consumo come il volto delle dipendenze, che oggi richiedono nuovi strumenti». Ma il grande traffico è quello che la tenda telematica ci farà vedere senza sosta. Nacque «Narcomafie», il giornale sulla realtà internazionale, poi si è imposta l’associazione «Libera» e da qui la legge che alle organizzazioni criminali dispensa, oltre al danno, la peggiore offesa: il sequestro dei beni che - salvo tranelli o inganni - devono essere tutti sfruttati contro chi li aveva accumulati.

Sotto quella tenda, in effetti, nasceva l’attenzione, come in via Verdi, la rivalutazione degli individui e la sfida vera contro la morte e la rovina organizzate su scala internazionale. Ciotti: «Oggi abbiamo più che mai bisogno di conoscenza autentica, di evitare semplificazioni e parole di circostanza. L’accoglienza è la nostra anima, ma abbiamo sempre scommesso sull’importanza della cultura per cambiare le cause della povertà e dell’esclusione».