Don
Gelmini prete molesto: processo per gli abusi in comunità
di Enrico Fierro
in “il Fatto Quotidiano” del 19 giugno 2010
Un brutto colpo per il prete che si fece cane feroce. Don
Pierino Gelmini è stato rinviato a giudizio per molestie sessuali. Lo ha
deciso il gup di Terni, Pierluigi Panarello, che ha contestato all’ex
sacerdote (don Pierino è tornato allo stato laicale qualche anno fa) ben 12
episodi di molestie sessuali ai danni di ospiti delle sue comunità per
recupero di tossicodipendenti. L’inchiesta, venuta alla luce nel 2007,
scaturì da una serie di denunce. “Mi palpava, mi baciava e in più
occasioni mi ha costretto ad atti sessuali", raccontò Michele Iacobbe,
un passato nell’inferno della tossicodipendenza, il primo grande accusatore
dell’ex prete. L’uomo era finito in carcere per una serie di reati
compresa l'estorsione e la calunnia. "Mi ha rovinato, mi ha costretto a
fare delle cose che non avrei mai voluto. Mi diceva: tagliati i capelli, dai
lo faccio io che corti mi piacciono di più, dammi un bacio per favore".
Alla Procura di Terni sfilano tanti testimoni, almeno una quindicina, tutti
disposti a raccontare la loro “mala educacion”. Paolo Zanin, attore, è
stato uno dei volti di Amarcord di Fellini, e scrittore, affida il suo
racconto ai giornali. “Ho avuto a che fare con le voglie di don Gelmini tra
il 1969 e il ’70, quando ancora abitava nella villa all’Infernetto”.
Sentito dai magistrati, Zanin fa mettere a verbale la storia della sua vita di
ragazzo sbandato, l’incontro con don Pierino, “che si atteggiava a
monsignore”, e l’accoglienza, prima in una casa di Piazza Navona, poi
nella villa alla periferia romana. I luoghi delle strane attenzioni del prete.
Una brutta esperienza che l’ex ragazzo racconta nel libro Nessuno dovrà
saperlo.
Accuse che don Pierino ha sempre respinto con forza, attaccando
la magistratura e gli stessi vertici della Chiesa. "L'infamia non mi
tocca", disse subito dopo l’inchiesta della procura davanti a trecento
sostenitori, ex tossicodipendenti e i loro genitori che lo veneravano come un
santo. "Pensavano di avere a che fare con un coniglio, invece hanno
trovato un cane che morde. Io non mollo. Volevano prendersi la comunità".
La chiusura con un amen e il poco ecclesiastico gesto dell’ombrello. Troppe
dichiarazioni polemiche (“le accuse? Frutto della lobby massonica radical
chic”), al punto che il suo legale, Franco Coppi, si vede costretto ad
abbandonare la difesa. Don Pierino è stato sempre così, un vulcano, la sua
è stata una vita piena di contraddizioni fin dall’inizio divisa tra fede,
potere e mondanità. Quando la Chiesa dopo un lungo braccio di ferro accoglie
la sua domanda di riduzione allo stato laicale, attacca il Vaticano. "Gli
intrallazzi non sono fede. Bisogn Cristo non al cesaro-papismo. Perché qui
siamo arrivati al punto in cui parliamo più del Papa che del Cristo".
Una vita spericolata Gli esordi al fianco di un altro sacerdote discusso, don
Eligio Gelmini, suo fratello. Era il prete in cachemire, amico dei calciatori
e degli uomini di spettacolo, andava in tv e appariva spesso al fianco di
campioni come Gianni Rivera. Altri tempi, tv in bianco e nero, vita a colori
sempre in bilico tra la fondazione di comunità per il recupero di ex
tossicodipendenti, e accuse di balletti rosa. È in questo ambiente che don
Pierino muove i primi passi. Una villa a Roma, all’Infernetto, piscina, una
Jaguar in garage e tre camerieri di colore. La bella vita viene interrotta da
una serie di guai con la giustizia. Le accuse vanno dalla bancarotta
fraudolenta, emissione di assegni a vuoto e truffa. In quel periodo, fine anni
Sessanta, don Pierino si spaccia anche per monsignore. La Chiesa tenta di
sospenderlo a divinis, ma non ci riesce. Un breve esilio in Vietnam – anche
qui con il contorno di accuse di truffa – poi il ritorno in Italia e
l’arresto. Quattro anni di carcere, tutti scontati. Nel 1979 la folgorazione
sulla via della lotta alle tossicodipendenze, don Pierino fonda la Comunità
Incontro ad Amelia, Umbria, che nel giro di poco tempo diventa una vera e
propria multinazionale: 164 sedi in Italia, 74 all’estero. E tanto potere.
Don Pierino gode dell’amicizia degli uomini che contano nel
mondo dello spettacolo e della politica. Alle sue manifestazioni non mancano
mai Gigi D’Alessio e Amedeo Minghi, lo psichiatra Alessandro Meluzzi, ex
parlamentare di Forza Italia, diventa il portavoce della comunità, Silvio
Berlusconi gli dona 5 milioni di euro per le popolazioni asiatiche colpite
dallo tsunami, e poi Giovanardi, Gasparri. Fino a Gianfranco Rotondi che lo
propone come sottosegretario per la lotta alla droga. “Se necessario
chiederemo la dispensa al Vaticano”. Una vita così, dove la carità
cristiana diventa business e potere, una figura contraddittoria che divide
ancora oggi.
Amici e potenti
Chi non nutre alcun dubbio sulla figura di don Pierino, sono i
suoi amici del palazzo. ''Nel prendere atto che nel corso dell'attività
giudiziaria parte importante delle accuse nei confronti di esponenti della
Comunità Incontro sono cadute, resto convinto che il giudizio confermerà che
don Gelmini ha agito e agisce per difendere la vita di migliaia e migliaia di
persone strappate alla droga e all'emarginazione in ogni parte del mondo. È
una verità conosciuta da tanti e che alla fine troverà ulteriori conferme'',
dice Maurizio Gasparri. ''Sono vicino all'amico Don Gelmini in questo
difficile momento e gli auguro forza e salu continuare nella sua preziosa
azione nella Comunità Incontro e per poter uscire a testa alta da questo
processo'', è la frase che gli dedica un altro amico, Carlo Giovanardi. Gli
altri, per il momento, tacciono.