EDWARD SCHILLEBEECKX, TEOLOGO DEL CONCILIO, “PADRE” DELLA CHIESA CHE SI FA STORIA


da ADISTA n° 3 del 16.1.2010

35378. NIMEGA-ADISTA. È stata una lunghissima parabola esistenziale e teologica quella del teologo domenicano belga Edward Schillebeeckx, uno dei Padri del Concilio, morto a 95 anni il 23 dicembre scorso nella sua Nimega, nei Paesi Bassi, dove lavorò e visse dal 1958. Una parabola all’interno della quale gli storici della teologia tendono a individuare due periodi, il primo caratterizzato dalla scelta di un “tomismo aperto” che lo porta a indagare sullo sviluppo storico dei dogmi (1946-67), il secondo, a partire dal ’68, espressione del desiderio di confrontarsi e di entrare in dialogo con la cultura contemporanea, grazie agli strumenti dell’ermeneutica.

Nato ad Anversa, in Belgio, nel 1914 ed entrato a vent’anni nell’Ordo predicatorum, dopo essersi formato alla Sorbona, a Le Saulchoir e a Lovanio, ottenne, alla fine degli anni ’50, la cattedra di Teologia dogmatica e Storia della Teologia all'Università Cattolica locale, introducendo presso i teologi olandesi la nouvelle Théologie e il suo metodo del ressourcement, ovvero del ritorno alle sorgenti della fede cristiana, iniziato da Chénu, Congar, von Balthasar e altri. Ha percorso il cammino del Concilio Vaticano II come uno dei protagonisti - benché non vi partecipasse in qualità di peritus - scrivendo insieme a Karl Rahner e a Joseph Ratzinger il testo della Dei verbum e lavorando a stretto contatto con il card. Bernard Alfrink sulla natura collegiale dell’episcopato, allo scopo di bilanciare l’accento sull’infallibilità papale posto dal Vaticano I. Nel 1965 fu anche tra i fondatori della rivista teologica Concilium.

È stato un pioniere della ricerca dei fondamenti storici delle verità dogmatiche, e fin dall’inizio ha difeso l’idea di una teologia più pastorale e personale, meno astratta e più vicina alla storia delle persone; di qui il grande impatto che ebbe il suo primo e più famoso libro, “Cristo, sacramento dell’incontro con Dio”, pubblicato nel 1959, che rappresentava un serio tentativo di applicare questo orientamento alla teologia sacramentale e che ottenne un vastissimo consenso di pubblico, soprattutto negli Stati Uniti.

L’Olanda post-conciliare

Dopo il Concilio, quando l’Olanda divenne il Paese in cui si cercò al massimo di metterne in pratica le indicazioni, Schillebeeckx fu al centro del movimento di riforma. Aderì all’ambizioso progetto del Concilio Pastorale Nazionale (o Sinodo della Chiesa olandese), organismo formato da membri, laici ed ecclesiastici, eletti dai Consigli pastorali diocesani e dal Concilio stesso, che intendeva mettere in pratica le grandi acquisizioni del Vaticano II e che però non vide mai la luce: la Congregazione per il Clero infatti dichiarò che esso non poteva avere carattere permanente, che non doveva presentarsi come organismo rappresentante dei fedeli e che i membri dovevano essere scelti dai vescovi.

Il nome di Schillebeeckx è anche strettamente legato all’esperienza del Nuovo Catechismo olandese, che vide la luce nell’ottobre 1966 sull’onda dell’entusiasmo e dei fermenti provocati dal Concilio, silurato però dal Vaticano, che riuscì a convincere i vescovi a non dare l’imprimatur alle traduzioni nelle diverse lingue. Primo catechismo post-conciliare, ispirato alle grandi istanze di riforma promosse dal Concilio, portatore di grandi aperture su temi come omosessualità, aborto, anticoncezionali, sacerdozio femminile, celibato, divorzio e rapporti con il marxismo, era stato subito guardato con sospetto anche per la sua impronta narrativa, che si distaccava nettamente dallo schema domanda-risposta che caratterizzava il catechismo di Pio X.

In rotta di collisione con il Vaticano

Il teologo domenicano ha continuato la sua ricerca teologica e la sua attività editoriale nel corso degli anni, soprattutto in campo cristologico - in particolare con le opere Gesù, la storia di un vivente (1974), Cristo, la storia di una nuova prassi (1977), La questione cristologica. Un bilancio (1978), interrogandosi sulla realtà ontologica di Cristo e affrontando la storia dei dogmi: una storia che, condizionata dal contesto storico e culturale, è suscettibile di espressioni sempre diverse. La sua prospettiva è stata sempre ecumenica: Dio agisce nella storia e nell’umanità, non soltanto nelle tradizioni bibliche.

Proprio per alcune sue affermazioni in ambito cristologico, Schillebeeckx è poi entrato in collisione, nel 1979, con la Congregazione per la Dottrina della Fede; accusato di negare l’oggettività storica della resurrezione di Cristo, venne invitato a Roma per spiegare il suo pensiero. Nel giugno 1984, l’oggetto del contendere si spostò sul ministero: Schillebeeckx riceve una lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede relativa al suo libro Kerkelijk Ambt (Il ministero nella Chiesa, 1980). Due anni dopo, il 15 settembre 1986, gli venne inviata una notificazione per il libro Per una Chiesa dal volto umano. Identità cristiana dei ministeri nella Chiesa: la concezione dei ministeri di Schillebeeckx veniva giudicata da Ratzinger, prefetto della Congregazione, incompatibile con il magistero ecclesiale “su alcuni punti importanti”. Ma il teologo domenicano non venne mai condannato.

Dopo il 1989, la voce del teologo domenicano si fece sentire sempre di meno. Ma la sua eredità non scomparve. Nel 2007 fece molto scalpore un opuscolo inviato dai domenicani olandesi a tutte le parrocchie del Paese intitolato Kerk en Ambt (“Chiesa e Ministero”, v. Adista n. 63/07) che proponeva che la comunità dei fedeli, in mancanza di un prete validamente ordinato per celebrare l’Eucarestia, potesse scegliere una o più persone tra i suoi membri, uomini o donne, sposati o celibi, per consacrare il pane e il vino e guidare la celebrazione comunitaria. Nelle proposte contenute si riconosceva l’influenza di Schillebeeckx, con la sua idea di Chiesa come comunità di credenti, modellata sulla Chiesa delle origini, così come è raccontata dagli Atti degli Apostoli. (ludovica eugenio)