E il fucile entrò a scuola lezioni di guerra agli studenti
di Francesco Merlo
“la Repubblica” del 24 settembre 2010
FORSE è arrivato il momento di ritirare a Ignazio La Russa quell' attestato di simpatia che gli conferì Fiorello trasformando in satira e ironia il fascista primordiale ossessionato dalla virilità, con il naso adunco e righignato, le nari larghe, la barbetta sotto il mento, le ciglia aspre come setole. Gli occhi come due palle di fuoco e l' ormai famosa voce, che è - "digiamolo" - fascismo rasposo più che buonumore rauco. In combutta con Maria Stella Gelmini, La Russa ha introdotto la pratica delle armi nelle scuole superiori. È un corso di guapperia militaresca, valido come credito formativo, che hanno chiamato "Allenati alla vita" e dove l' insegnamento pratico delle tecniche di guerra, la divisone dei ragazzi in pattuglie, il caricamento dei fucili e le sedute nei poligoni di tiro stanno insieme ad altre discipline belle, giuste e già obbligatorie nelle scuole anglosassoni, come per esempio la sopravvivenza, il nuoto, il primo soccorso e le tecniche di salvataggio. È dunque evidente il tentativo di nascondere le ortiche in un mazzo di fiori, ma il risultato finale è quello, opposto, di nascondere i fiori ed esaltare le ortiche, vale a dire lo spirito guerriero come valore educativo. È chiaro che nessun La Russa e nessuna Gelmini riusciranno a risvegliare negli italiani la retorica degli otto milioni di baionette ed è molto probabile che non è questo che i due ministri vogliono. Insomma non è il fascismo che li anima. È però una caricatura di "libro e moschetto" questa idea che la scuola debba insegnare a sparare ed è l' ennesima prova che troppo presto e con troppa benevolenza abbiamo liquidato Ignazio La Russa come pittoresco quando concesse le Frecce Tricolori al circo di Gheddafi, o quando si fece riprendere in tuta mimetica negli avamposti afgani, o ancora quando cercò di picchiare, con le sue manone ministeriali, un giornalista che "disturbava" la conferenza stampa di Berlusconi. O, andando a ritroso, quando fu sorpreso (e registrato) da un cronista del Tempo in un bar di Roma, mentre con Gasparri e Matteoli sfogava la sua arcaica e cameratesca virilità in un turpiloquio irripetibile, a conferma di un rapporto losco con il sesso, rude, crudo, diretto, strumentale e fascista. La verità è che del fascismo nostalgico La Russa conserva la vocazione per la pagliacciata delle parate, il salto dentro il cerchio di fuoco di Starace, e da ministro della Difesa scambiai militari con i militaristi, l' esercito moderno che sa fare la guerra perché vorrebbe abolirla con i Rambo e con la maschia gioventù della sua sottocultura, i cittadini guerrieri che sanno tutto di fucili, coltelli, polvere pirica, cartucce, tute mimetiche e stivaloni. Nelle scuole tedesche e in quelle inglesi, a Chicago come a Parigi, a Stoccarda come a Londra e anche a Torino, per non parlare di certi istituti dei quartieri caldi delle città italiane del Sud, circolano troppe pistole e coltelli, e ci sono ragazzi che sparano con il fucile dal balcone di casa, altri ancora che massacrano i loro coetanei. Insomma sempre più si diffonde, anche in Italia, l' uso delle armi da gioco e da difesa, armi da caccia e armi contro l' insicurezza, armi di paura, armi per diventare eroi, armi per diventare delinquenti. Sembra dunque incredibile che la ministra Gelmini pensi davvero che imparare a sparare permetta «di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alla forze armate, alla protezione civile, alla Croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso». È vero il contrario: per educare e per allenare alla vita, la scuola dovrebbe, fra la altre cose, smontare la cultura della armi e insegnare a vivere con compostezza, perché i fucili, le pistole e le pallottole prima o poi trovano un nemico da abbattere: «Se al primo atto il fucile è appeso al muro, al terzo sicuramente sparerà». Perché non insegnare allora la speciale camminata del protettore di strada, l' uso della mezza parola e dei baffoni a cespuglio o magari la loro variante padana, vale a dire il dito medio di Bossi che è come il ciuffo manzoniano, quello dei bravi? Le armi a scuola sono roba da Antistato, da picciotti appunto. La Gelmini è la loro nuova eroina se non altro perché in questo modo dimostra ai picciotti che tutto è professionale e tutto si può insegnare, anche l' accattonaggio. Esistono già le scuole, non certo comunali né regionali, nelle quali si insegna a sparare e a maneggiare bastoni e coltelli, ma anche a fingersi storpi o ciechi per impietosire la gente. E come tutti capiscono, ci vuole professionalità e tecnica anche per rubare motorini. Come dicevamo all' inizio, facendo la caricatura dell' uomo delle caverne, Fiorello offrì a La Russa un passaporto per la simpatia. Ed è probabile che davvero a La Russa riuscì di prendere le distanze da quel se stesso che Fiorello così bene strapazzava. Ma adesso che il potere ce lo ha restituito al naturale, il brutto anatroccolo è ridiventato brutto anatroccolo. Ha perso la dignità umoristica ed è ritornato ad incarnare lo stereotipo, ridicolo ma non più simpatico, del fascista violento fuori dal tempo e fuori dal mondo. E gli si affianca la Gelmini che con cinica crudezza e con indecenza getta nella scuola spazzatura tutte le ossessioni dei ministri del governo Berlusconi: i tagli di Tremonti, i fannulloni di Brunetta, i razzismi della Lega, il rancore verso i sindacati e il sessantotto, e ora l' arditismo del ministro della Difesa. Come ultima scelleratezza la Gelmini "addottora" infatti le armi e i miti primordiali di La Russa: appalta la scuola al selvaggio di destra con il totem della virilità.