Gli sgomberi a Milano
di Gad Lerner
in “la Repubblica” del 26 agosto 2010
Il
vicesindaco Riccardo De Corato, eterno secondo della politica milanese,
contabilizza gli sgomberi di campi rom effettuati negli ultimi quattro anni con
la meticolosità del cow-boy che incide una tacca dopo l’altra sulla pistola:
301 prestazioni da buttafuori, a suo dire.
Col risultato che ormai in città è divenuto vorticoso il viavai di questo
materiale umano considerato scadente, così poco riciclabile da meritarsi un
curriculum da veterani: gli ex del campo di San Dionigi provenienti dallo
sgombero di via capo Rizzuto espulsi dal cavalcavia Bacula e parcheggiati in via
Idro fino alla tacca prossima ventura di De Corato. Una massa di “ex”,
sempre gli stessi, non fosse per la natalità elevata che rifornisce
continuamente la tragedia di altri bambini sballottati qui e là, dunque
sottratti per via poliziesca alla frequenza scolastica.
I rom a Milano svolgono una funzione importante. Peccato che ce ne siano troppo
pochi. Quando sperava ancora che l’imitazione del gergo leghista gli avrebbe
conservato la presidenza della Provincia, Filippo Penati (Pd) si esibì in un
gioco di parole davvero raffinato: “Altro che ripartire i rom fra i diversi
comuni dell’hinterland, come chiede il governo Prodi. I rom se ne devono
ripartire tutti quanti!”. Cosa c’è di meglio, per un politico in difficoltà,
che mettersi dalla parte del popolo, irridendo gli scrupoli dei soliti
privilegiati?
E’ così che ai rom milanesi è toccata la sorte poco evangelica di venir
moltiplicati, proprio come i pani e i pesci sul lago di Tiberiade. Il succitato
Penati giunse a contare 20 mila nomadi –ventimila!- disseminati
pericolosamente tra le vie della metropoli. Una cifra insopportabile per la
povera Milano. Non si ricordano ulteriori precisazioni del leader democratico
allorché il censimento dei campi rom, promosso nel 2008 dal nuovo ministro
cattivista Maroni, rivelò che bisognava togliere un zero: i rom che minacciano
la pacifica Milano risultavano essere poco più di duemila. Troppo pochi,
appunto, e infatti la politica bisognosa non ha smesso di moltiplicarli neppure
dopo il censimento. E’ dei giorni scorsi un’intervista di Letizia Moratti,
bisognosissima di ricandidatura a sindaco, nella quale si legge questa
mirabolante affermazione: i rom a Milano sarebbero stati ancora diecimila (bum!)
nel 2008, dopo di che –forse per merito delle 301 tacche di De Corato?- il
loro numero si sarebbe drasticamente ridotto. Un esodo di sette-ottomila
“scarti umani”, più tenaci da debellare che non gli stessi topi, come
graziosamente dichiara il leghista Matteo Salvini, aspirante vicesindaco,
realizzato dunque in un biennio, alla chetichella? Chi ha visto le carovane dei
partenti, con i materassi sulle spalle e i bambini per mano? Dove sono andati,
con quali mezzi di trasporto s’è conclusa la “derattizzazione”? E come
mai, dall’alto dei suoi 301 sgomberi, il cow-boy De Corato può citare solo 32
casi di rom stranieri rimpatriati per motivi di sicurezza dal 2007, più altri
143 segnalati (pro forma) alla prefettura per cessazione dei diritti di
soggiorno?
E’ buffo a dirsi, ma a Milano sono certamente più numerosi i nomadi romeni
allontanati dai campi e rimpatriati senza clamore da parte del volontariato
sociale –magari con qualche centinaio di euro d’incoraggiamento in tasca-
per tutelare i faticosi processi d’integrazione di chi vi risiede. Ora però
c’è un’altra faccenda che i cacciatori cittadini dei rom vivono con
imbarazzo. A furia di promettere la chiusura degli insediamenti abusivi, tra uno
sgombero e l’altro toccherebbe loro impiegare nei campi autorizzati e/o in
fornitura di alloggi popolari una parte almeno dei milioni di euro già da tempo
messi a disposizione della Prefettura. Col risultato di mandare in bestia i
leghisti più accesi, che si sentono traditi non solo da Maroni ma perfino da
Salvini. Nel quartiere di via Padova, per protesta contro il campo autorizzato
di via Idro, hanno da poco stracciato la tessera del Carroccio una decina di
militanti. Contro i rom, trovi sempre qualcuno disposto a essere più cattivo di
te. Peccato siano così pochi.