di Attilio Bolzoni
“la Repubblica” del 7 dicembre 2010
Tutti i traffici sulle macerie. Tutte le trame, gli affari, i legami fra le amministrazioni e le mafie, lo sbarco delle "cricche", la dittatura della Protezione Civile. Tutto il malaffare dopo il terremoto dell' Aquila in un dossier di Libera, nomi e cifre di un' indagine - la prima a largo raggio - che avverte come una regione d' Italia rischia di finire nelle mani della criminalità organizzata. È un viaggio nella fossa d' Abruzzo e nella ricostruzione che non c' è, un' inchiesta completa sul business fatto sui morti e fra i palazzi di sabbia, un rapporto da brivido su appalti piccoli e grandi pilotati in nome di un' emergenza che non finisce mai. Il dossier ha per titolo "L' Isola Felice" e descrive cosa è accaduto all' Aquila già nella notte fra il 5 e il 6 aprile 2009, quando a poche ore dalla tragedia con i soccorsi sono arrivati anche i primi sciacalli. Una cinquantina di pagine firmate da Angelo Venti su bagni chimici e aziende al di sotto di ogni sospetto, sul mistero delle macerie scomparse, sul giallo degli isolatori sismici non omologati, sui costi delle case promesse da Berlusconi. «È un lavoro che abbiamo voluto tutti noi di Libera perché, oggi più che mai, abbiamo il dovere di rompere il silenzio», dice don Luigi Ciotti. Il rapporto - Repubblica ne anticipa oggi alcuni stralci - sarà distribuito in 40mila copie la prossima settimana all' Aquila. «La scossa delle 3.32 ha spazzato via quel velo di ipocrisia che copriva chi si ostinava a parlare ancora di questa come un' isola felice», scrive Venti partendo subito dal primo affare: l' oro dei bagni chimici. Quell' odore di mafie lo sentono subito in Abruzzo. Così apre il dossier: «Il rischio delle infiltrazioni non deve attendere l' inizio della ricostruzione, anzi arriva nelle prime ore insieme con la Protezione Civile e con un appalto sul modello di gestione dei Grandi Eventi». Il costo sostenuto per i bagni chimici è una parte consistente delle spese della prima emergenza: quasi un quarto dei fondi per il mantenimento delle tendopoli. Le segnalazioni raccolte dal presidio di Libera parlano di liquami smaltiti illegalmente nei fiumi, di bolle di trasporto falsificate, di ditte che subiscono sabotaggi, di contatti fra i manager di quelle aziende e funzionari della Protezione civile per gonfiare le fatture. Molte di quelle società, da anni, collaboravano con la Protezione civile per la gestione dell' emergenza rifiuti in Campania. Alla fine, nelle tendopoli, si conteranno circa 3.600 bagni chimici, ciascuno al prezzo di 79 euro al giorno e per una spesa di oltre 8 milioni al mese. Da conti fatti dagli esperti i bagni trasportati nel «cratere» sarebbero stati 1.600 in più del necessario: oltre 3 milioni e 800 mila euro al mese sottratti alla ricostruzione vera. Poi c' è l' affare oscuro delle macerie. Scoperto il 13 aprile 2009, giorno di Pasquetta, quando i ragazzi di Libera fotografano ruspe e camion che trasportano a Piazza d' Armi, zona militare interamente recintata. Le macerie e ogni sorta di arredi ed effetti personali vengono macinati dentro due macchine tritasassi. Gli autisti dichiarano che provenivano dalla Casa dello studente e altri palazzi crollati in via XX settembre, un paio di giorni prima la procura - per quei palazzi - aveva annunciato l' apertura di un' inchiesta per «crolli sospetti». Si blocca tutto. «Ma lo smaltimento è anche un affare da decine di milioni di euro che scatena gli appetiti di speculatori e criminalità», scrivono quelli di Libera. E spiegano: «Anche la vicenda della ditta che detiene la proprietà della ex Teges (è l' unica cava dove hanno rovesciato le macerie, ndr), la T&P srl, fa sorgere altre domande. Nel giugno 2009 la T&P vede l' ingresso di un nuovo socio con legami con diverse altre società, tra cui l' aquilana Abruzzo inerti srl, partecipata a sua volta dalla romana Sicabeton spa, grossa azienda con interessi in Italia e all' estero». Personaggi e società del gruppo Sicabeton sono stati indagati dai carabinieri di Palermo e figurano in un rapporto consegnato nel 1991 al giudice Falcone. La Sicabeton spa, poi, risulterebbe inserita nell' elenco delle imprese a rischio censite dalla Procura nazionale antimafia. È tutto un intrigo di soldi e cemento. E a gestire il cantiere più grande d' Europa è il Dipartimento di Protezione civile. Altro capitolo, il Progetto C.a.s.e.: «È la prima volta nella storia delle catastrofi italiane che la Protezione civile si occupa di ricostruzione sostituendosi agli enti locali. Quello degli alti costi del Progetto C.a.s.e. è un capitolo aperto, non si hanno dati completi delle spese effettive e non vi è accordo sui costi reali da conteggiare». A giugno 2010, la Procura nazionale antimafia e la procura dell' Aquila però hanno iniziato le indagini «per accertare se i 2.700 euro a metro quadrato pagati sono rispondenti alla qualità delle realizzazioni». Nel dossier si ricostruisce anche il primo caso sospetto di infiltrazione mafiosa. È il giugno del 2009 e si scopre che fra le ditte del movimento terra a Bazzano, c' è l' Impresa Di Marco srl di Carsoli: l' amministratore unico è Dante Di Marco, lo stesso della Marsica plastica srl coinvolta due anni prima in un' inchiesta dove era finito Massimo Ciancimino coni suoi soldi. Un' inchiesta che gli investigatori definirono «il primo caso conclamato di presenza mafiosa in Abruzzo». Oggi sono oltre 300 le imprese siciliane, calabresi e napoletane «attenzionate» dall' antimafia. Molte hanno sede sociale al nord, naturalmente sono intestate a figli o a nipoti, mafiosi e camorristi.