Ior, carte truccate per difendere Andreotti
Peter Gomez
Da il Fatto Quotidiano del 18 maggio
Gira e rigira il problema è sempre il solito: lo Ior. Molti
dei protagonisti delle inchieste di Firenze e Perugia sulle malefatte della
cricca sono legati a doppio filo al Vaticano e alle sue più alte gerarchie. Uno
di loro, l’ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo
Balducci, è certamente titolare di un conto all’Istituto Opere Religiose. Su
altri indagati ci sono invece dei sospetti. Ci sono ipotesi che i magistrati
vorrebbero verificare inoltrando una rogatoria alla Santa Sede. Fatica sprecata,
verrebbe da dire. Perché, comunque andrà a finire, già oggi si sa che non si
può fare troppo affidamento su carte e documenti eventualmente inviati (la
scelta è del tutto discrezionale) dalla banca del Papa. Certo, qualche mese fa
il Vaticano si è impegnato a far proprie le norme dell’Unione europea in
materia di lotta al riciclaggio entro il prossimo 31 dicembre. E anche se la
Santa Sede non fa parte del Gafi (l’organismo internazionale anti money
laundering a cui aderiscono 34 Stati), da subito il nuovo presidente dello Ior,
Ettore Gotti Tedeschi (nominato il 23 settembre scorso), ha detto che quelli a
venire per l’Istituto saranno gli anni della trasparenza.
Fatto sta però che finora le cose sono andate in tutt’altro modo. E anzi lo
Ior è stata l’unica banca del mondo a inviare alla magistratura italiana
della documentazione truccata. Una decisione sconcertante presa nel 1993 per
ragioni tutte politiche: proteggere Giulio Andreotti. La vicenda è stata
scoperta da un giornalista, l’inviato di Libero Gianluigi Nuzzi, che lo ha
raccontata nel suo bel libro Vaticano Spa. Ma non è mai stata troppo pubblicizzata. Forse
perché spiegare che il sette volte presidente del Consiglio aveva la firma su
un conto intestato alla inesistente Fondazione Spellman sulla quale sono
transitati decine di miliardi di lire, voleva dire accomunare Andreotti ai ras
di Tangentopoli. I documenti, del resto, parlano chiaro: da quel deposito escono
assegni destinati al vecchio cassiere della Dc, Severino Citaristi e a Odoardo
Ascari (400 milioni di lire), avvocato difensore di Andreotti nel suo processo
per mafia a Palermo.
E soprattutto entrano i soldi della maxi-tangente Enimont e decine e decine di
borse piene zeppe di contanti. Tra il 1987 e il 1992 sul conto della fantomatica
fondazione i miliardi di lire versati cash risultano essere ben 26, che scendono
a 4 dopo l’inizio dell’inchiesta di Mani Pulite. Ancora più astronomico è
poi il conto dei titoli di Stato versati: qui si toccano i 42 miliardi di lire.
Quando An
Ma trucca le carte. Evita di dare notizie su oltre quattro miliardi di lire in
Cct monetizzati sul conto di Andreotti (mai nemmeno indagato per Enimont) e non
trasmette la documentazione su molte altre posizioni. Poi, per far tornare i
conti rispetto a quanto richiesto dalla procura, invia a Milano della
documentazione volutamente sbagliata. Come risulta dalle lettere interne alla
Santa Sede pubblicate in Vaticano Spa l’allora Segretario di Stato, cardinal
Angelo Sodano, è costantemente tenuto al corrente dell’imbroglio e lo avalla.
Del resto per lui, come per gli altri protagonisti dello scandalo, l’unico
rischio è quello di dover rispondere davanti al tribunale di Dio. A mettere
prelati e dirigenti dello Ior al riparo da quello degli uomini ci pensano i
Patti Lateranensi che, all’articolo 11, recitano: “Gli enti centrali della
Chiesa Cattolica sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano”.
E questo, secondo la Corte di Cassazione, vuol dire che chi lavora in strutture
centrali della Santa Sede non può essere processato o arrestato in Italia. Ieri
come oggi.
LINK
Come
accedere on-line ai documenti dell'archivio segreto di monsignor
Dardozzi che riguardano le attività dello Ior