La democrazia bendata
di Adriano Prosperi
“la Repubblica” del 14 giugno 2010
Con la legge sulle intercettazioni sta passando in Italia una
aggressione senza precedenti a due pilastri dello stato di diritto:
l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge e la libertà di informazione e
di opinione. La legge varata dal Senato tura le orecchie della giustizia.
E tura gli occhi dei cittadini davanti alle prove della criminalità più
influente e pericolosa, quella del potere politico. Si scioglie il vincolo che
lega il diritto e lo Stato: come ha scritto lo storico Wolfgang Reinhard nella
sua Storia dello Stato moderno (Il Mulino, 2010), in origine il diritto e lo
Stato non avevano lo stretto legame che oggi li unisce: per il diritto contava
la giustizia, per lo stato contava il potere. Il legame si scioglie quando l´uso
brutale o astuto del potere fa del diritto uno strumento unilaterale di dominio
e ne cancella la componente “dal basso”, cioè le convinzioni morali e le
consuetudini diffuse nella società.
Oggi l´Italia mostra al mondo come si fa a dissolvere lo Stato di diritto senza
ricorrere alla violenza, senza bisogno di quel “rumore di sciabole” che
abbiamo tante volte creduto di sentire nel cinquantennio passato. L´argomento
del potere è il mandato popolare a governare, ricevuto in sede elettorale e
confermato dai sondaggi. La domanda da porsi è dunque una sola: poiché viviamo
in un sistema formalmente democratico e non ci sono carri armati per le strade,
che cosa impedisce una reazione da parte dell´opinione pubblica? È evidente
infatti che senza un movimento forte e diffuso gli argini opposti dalla Carta
costituzionale sono fragile difesa. Non per niente la mossa successiva già
annunciata dal presidente del Consiglio è la modifica della Costituzione. Il
che mostra quanto sia semplice e prevedibile il canovaccio a cui obbedisce lo
scenario che stiamo vivendo.
La sovranità popolare affermata dalla Costituzione è una finzione giuridica:
il popolo sovrano resta anche in Italia un principe senza scettro, come scrisse
a suo tempo Lelio Basso. Basta una situazione di emergenza perché il potere
politico faccia straccio della Costituzione, abolendola formalmente oppure
logorandola e diffamandola ogni giorno (come oggi accade) tanto da farla morire
nelle coscienze prima di sovvertirla formalmente. La situazione di emergenza in
Italia c´è. La crisi finanziaria ha prodotto disoccupazione, tagli unilaterali
dei servizi sociali, pressione sulle fasce più deboli (giovani, donne,
lavoratori dipendenti). L´unità stessa del paese è sempre più una finzione,
insidiata com´è dal progettato federalismo fiscale e prima ancora da un´ondata
di egoismo locale che ha visto trionfare sotto etichette diverse il modello
della Lega. Il consenso generale che premiò l´adesione dell´Italia all´euro
esprimeva una speranza oggi languente: che al di là delle deficienze di legalità
e di moralità del Paese si potesse investire nella costruzione di una grande
realtà politica dotata di quella salda coscienza di sé e di quella più alta
tradizione statale e giuridica che faceva difetto all´Italia.
Oggi l´ideale europeistico è offuscato. Da noi il vincolo di identificazione
del cittadino col Paese, tradizionalmente debole, è intaccato da un´assidua
picconatura del principio stesso di legalità: condoni, sanatorie, “scudi”
per evasori, libertinismo e corruzione come metodo e sostanza del governare.
Questo ci dà la risposta alla domanda iniziale: la coscienza civile del paese
è oggi ridotta allo stremo, esposta – come in un celebre racconto di Mark
Twain – a subìre il colpo di grazia. Dopo di che gli autori del delitto
potranno governare nella definitiva sicurezza dell´impunità. Ci sono speranze
che questo non accada? Le leggi fondamentali di un Paese vivono finché è desto
e vigile lo spirito che le ha create. In Germania, paese che ha fatto tragica
esperienza di quanto fragile fosse l´argine della Costituzione di Weimar, la
Legge fondamentale del secondo dopoguerra ha previsto il diritto dei cittadini
alla resistenza in difesa della costituzione (art.20, c. IV). Ma non ci facciamo
illusioni: anche in questo caso si tratta di un muro di carta. La resistenza ha
da essere un movimento di massa consapevole e ben guidato. E potrebbe guidarla
oggi solo una opposizione che, cancellando le divisioni e i conflitti di gruppi
dirigenti, si mostrasse finalmente capace di parlare al cuore del paese,
risvegliando una coscienza civile che, per essere stata anestetizzata, corrotta,
e addormentata, non è ancor morta.