La ricerca: gli italiani lasciano le scuole cattoliche

di Marco Politi

 “il Fatto Quotidiano” del 26 novembre 2010

Mentre il governo Berlusconi toglie i soldi al volontariato del “5 per mille” e li convoglia sulle scuole cattoliche, si scopre che gli istituti confessionali attirano sempre meno gli italiani. Il dato risulta dal sesto “Rapporto sulla secolarizzazione in Italia”, che verrà presentato stamani a Roma da Critica liberale e dalla Cgil-Nuovi diritti (ore 11, Facoltà Valdese via Cossa 42). È uno dei tanti indicatori della sfasatura tra il Paese reale e una classe politica, incapace di mettere in discussione le continue richieste economiche della Chiesa cattolica. Non si tratta di non tenere conto degli asili e delle scuole elementari che svolgono   un ruolo in località dove altro non c’è. Il punto è l’evidenza di una tendenza di fondo. Nel 1991 gli iscritti a istituti cattolici erano il 9 per cento del totale, nel 2008 sono scesi al 6,7. È soprattutto nella prima età che si realizza il calo più vistoso. Nelle scuole per l’infanzia si è scesi dal 28 per cento (anno 1991) al 21 per cento del 2008. Nelle scuole elementari dal 6,5 al 4,4 per cento.

   INTERESSANTE è l’incremento degli studenti delle università cattoliche: dal 1991 al 2004 sono passati da 52.000 a 56.000. Segno che dove l’offerta attrae veramente, c’è una risposta dello studente-consumatore. Leggendo il Rapporto si coglie la propensione sempre più netta degli italiani ad essere del tutto autonomi nelle loro scelte personali. Al tempo stesso, come nota la ricercatrice Silvia Sansonetti, si manifesta il trend della Chiesa cattolica a “serrare i ranghi e riorganizzarsi” per mantenere una sua presenza incisiva. Vale ad esempio per un terreno, individuato dalla Chiesa come fondamentale nella società contemporanea: la “salvaguardia della vita”. In diciassette anni i Centri cattolici di difesa della vita e della famiglia sono passati da 487 a 2.210, mentre si diffondevano anche i consultori confessionali: da 467 a 540. L’impegno della Chiesa si confronta, infatti, con una decisa individualizzazione delle scelte riguardanti il modello familiare, la regolamentazione delle nascite, lo scioglimento del matrimonio, le interruzioni di gravidanze.

   Nel periodo preso in esame (tra il 1991 e il 2008) i divorzi sono aumentati da ventitremila a cinquanta-quattromila e le separazioni dei matrimoni concordatari – celebrati tra coniugi ufficialmente di fede cattolica – sono arrivate a quota cinquantottomila. Parallelamente sono raddoppiati i matrimoni civili: erano circa diecimila ora sono oltre venticinquemila. Più interessante ancora è il calo dei matrimoni concordatari rispetto   alla totalità delle nozze celebrate. Se nel 1991 si “sposava in chiesa” l’82 per cento delle coppie ora sono scese al 63 per cento. Particolarmente interessante è osservare il calo dei battesimi dei bimbi al di sotto di un anno, assestatosi al 71 per cento. Con una diminuzione di diciotto punti rispetto all’inizio   del periodo esaminato. E se poi c’è anche un altro 7 per cento di bambini fino ai sette anni che si battezzano tardivamente, resta il fatto che nell’Italia propagandata insistentemente come “cattolica” un venti per cento dei nati non viene battezzato.

   IL BACK-GROUND dei genitori è vario: italiani appartenenti ad altre religioni, italiani agnostici e non credenti, immigrati. Gli italiani, insomma, si sentono sempre più liberi di scegliere come modellare la propria esistenza privata e lo si avverte anche quando decidono di mettere al mondo un figlio. Essere sposati in chiesa o al municipio non è più considerato indispensabile. Un quinto dei neonati nascono al di fuori del matrimonio. Il rapporto con l’istituzione-Chiesa si misura inoltre sul terreno dei finanziamenti decisi dal cittadino. L’“8 per mille” (con varie oscillazioni) porta all’istituzione   ecclesiastica circa mille milioni all’anno. Ma le donazioni sono in calo sia come cifra (da 21.200 milioni a 16.562 milioni) sia come numero di donatori (da 185.000 a 155.000) sia come livello medio dell’offerta, sceso attualmente a 98 euro. Morde la crisi da un lato, ma dall’altro il dato è rivelatore di un dissenso nei confronti delle scelte politiche dei vertici ecclesiastici: basti citare i casi Welby ed Englaro.

   Sul piano interno della Chiesa rimane costante l’emorragia dei sacerdoti. In diciassette anni la Chiesa ne ha persi quasi diecimila (da 57.274 a 49.023). Drammatico il crollo delle suore, la vera “fanteria della Chiesa”. Erano 125.800, oggi sono novantacinquemila.   Non a caso si sono triplicati, invece, i diaconi. Da 1.146 sono aumentati a 3.690. Per loro, infatti, è possibile avere una famiglia. Impetuosa è, infine, la crescita dei catechisti, uomini e donne impegnati nella vita parrocchiale. Da settanta-cinquemila nel 1996, sono arrivati nel 2008 a duecentotrentaduemila. Un segno dei tempi, come si diceva durante il Concilio.