La
rivelazione del cardinale: Wojtyla ha protetto un pedofilo
di Marco Politi
“il Fatto Quotidiano” del 18 aprile 2010
Un cardinale trascina Giovanni Paolo II nella vicenda degli
abusi non denunciati. Castrillon Hoyos afferma che papa Wojtyla
autorizzò la lettera di elogio a un vescovo francese per aver fatto
ostruzionismo alla giustizia. La fragorosa rivelazione cade mentre Benedetto
XVI, arrivando a Malta, ha confessato ai giornalisti che il "corpo
della Chiesa è ferito dai nostri peccati" e l’unica via di salvezza
consiste nel Vangelo, "vera forza che purifica e guarisce". Il
cardinale Dario Castrillon Hoyos non è un porporato qualunque. Colombiano
ottantenne, duro e tenace, è stato presidente del consiglio dell’episcopato
latino-americano (Celam) negli anni in cui Wojtyla faceva terra
bruciata intorno alla Teologia della liberazione, poi dal 1996 al 2006 prefetto
della Congregazione per il Clero. Quando Benedetto XVI liberalizza la Messa
preconciliare, il cardinale celebra a Loreto il primo rito solenne dopo il
decreto papale. Quando scoppiò il caso del vescovo negazionista lefebvriano Williamson,
Castrillon Hoyos era a capo della commissione Ecclesia Dei, incaricata
di negoziare con i seguaci di Lefebvre. Pur appassionato di Internet, non si era
accorto (o non aveva voluto) che il vescovo Williamson contestava la Shoah.
Dunque, corre l’anno del Signore 2001. É il mese di settembre e da poco un
presule di Francia – mons. Pierre Pican, vescovo di Bayeux
– è stato condannato a tre mesi con la condizionale per aver rifiutato di
denunciare alla magistratura il prete pedofilo René Bissey. Il
prete è un tipico predatore. Tra il 1989 e il 1996 ha compiuto ripetuti abusi
sessuali su minori, il tribunale gli infligge 18 anni di carcere. Con questi
precedenti il cardinale Castrillon prende carta e penna e scrive al vescovo
reticente Pican: "Lei ha agito bene, mi rallegro di avere un confratello
nell’episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del
mondo, avrà preferito la prigione piuttosto che denunciare un prete della sua
diocesi".
La data della missiva è importante: 8 settembre. Nel mese di maggio il
cardinale Ratzinger ha reso noto il Motu proprio papale
"Delictis gravioribus", che stringe i freni sui delitti di
pedofilia e ordina ai vescovi del mondo di trasmettere ogni caso al
Sant’Uffizio (Congregazione per la Dottrina della fede). Secondo le
Linee-guida rese note recentemente il vescovo Pican avrebbe dovuto agire in
conformità alla legge civile dello stato, che appunto prevede la denuncia.
Invece mons. Pican, che già nel 1996 era stato informato degli abusi sessuali
su minori, non aveva denunciato il sacerdote Bissey, limitandosi a consigliargli
una cura psichiatrica. Il cardinale Castrillon, non contento di elogiare il suo
silenzio, aggiunge con enfasi: "Questa Congregazione, per incoraggiare i
fratelli nell’episcopato in una materia così delicata, trasmetterà copia di
questa missiva a tutti i fratelli vescovi".
Pubblicata su un sito francese, la lettera di Castrillon riceve il 15 aprile una
sferzante bacchettata dal portavoce papale Lombardi: "Non
risponde in nessun modo alla linea presa dalla Santa Sede e anzi dimostra quanto
fosse necessario unificare sotto la competenza della Congregazione per la
Dottrina della fede la trattazione rigorosa e unitaria dei casi di abusi
sessuali: cosa che avvenne nel 2001 con il Motu proprio in cui era contenuto il
documento Delictis gravioribus". Il colpo di barra non ha retto lo
spazio di una notte. Perchè il porporato colombiano, testardamente, ha
rivendicato di avere agito con il placet della Suprema Autorità. Sarebbe stato
papa Wojtyla in persona ad averlo autorizzato a congratularsi per il gesto e a
dargli un carattere esemplare. Nel corso di una conferenza nella città spagnola
di Murcia il cardinale Castrillon – così riferisce il quotidiano La
Verdad – ha precisato testualmente: "Dopo aver consultato il Papa e
avergli mostrato la lettera, la inviai al vescovo, congratulandomi con lui per
essere stato un modello di padre che non consegna i suoi figli" alla
giustizia. Il porporato ha specificato che "Giovanni Paolo II mi autorizzò
ad inviare la lettera a tutti i vescovi del mondo e a metterla su
Internet".
É la prima volta che papa Wojtyla viene così direttamente chiamato in causa in
una vicenda di omertà sui casi di pedofilia. Già nei giorni scorsi si erano
levati interrogativi su chi avesse informato o disinformato Giovanni Paolo II al
punto che l’allora cardinale Joseph Ratzinger – all’epoca
prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede – non riuscì nel 1998
ad aprire un’inchiesta sul pluri-abusatore Maciel, fondatore dei Legionari di
Cristo. Nella presa di posizione di Castrillon c’è comunque un’ambiguità
di fondo. Il cardinale ha spiegato alla Cnn che il diritto canonico
proibisce al confessore di "riferire quanto detto dal penitente, con le
parole o in qualsiasi altro modo”. Tuttavia il portavoce papale Lombardi non
ha mai accennato al fatto che il vescovo Pican avesse saputo delle tendenze
criminali del suo prete esclusivamente in confessionale. In ogni caso, in
mancanza di una totale trasparenza sul passato e di una piena assunzione di
responsabilità, il Vaticano non uscirà dalla tenaglia dell’ondata di
rivelazioni. Ondata inarrestabile. In un’intervista all’Osservatore Romano
il Segretario di Stato, cardinale Bertone, ribadisce che Benedetto XVI ha
indicato una linea molto chiara: "Purificazione e penitenza". Ma
l’associazione americana delle vittime di abusi (Snap) chiede misure concrete
e stringenti. Bill Nash, loro rappresentante, propone che
"il Vaticano e le diocesi istituiscano un registro online dei preti
credibilmente accusati di abusi".