LEGIONE ALLO SBANDO. NUOVE RIVELAZIONI SUGLI AFFARI DI PADRE MACIEL IMBARAZZANO IL VATICANO
Ludovica Eugenio
35552. KANSAS CITY-ADISTA. Mentre si è conclusa la Visita apostolica alla congregazione ultraconservatrice dei Legionari di Cristo (avviata il 15 luglio scorso) - dopo l’inevitabile sbandamento causato dalle rivelazioni sulla doppia vita condotta dal fondatore p. Marcial Maciel Degollado, responsabile di abusi sessuali (v. Adista nn. 13/08, 82/09, 23/10), e si comincia a diffondere la voce di un probabile commissariamento dell’organismo da parte del Vaticano - una lunga e ricca inchiesta sull’impero economico creato da Maciel è stata pubblicata in due puntate sul settimanale cattolico Usa National Catholic Reporter (6-12/4) a firma Jason Berry, uno dei massimi esperti mondiali sull’argomento.
Per anni, scrive Berry, Maciel è stato considerato, dentro e fuori dalla congregazione, un santo vivente, tanto da godere dell’incondizionata amicizia di Giovanni Paolo II, che ha ignorato – così come gran parte della Curia – le accuse che contro di lui erano state mosse nel corso degli ultimi decenni. A favorire questo trattamento privilegiato, forse, anche i fiumi di denaro che Maciel ha convogliato nelle casse vaticane (dalle interviste raccolte da Berry, emerge che Maciel era solito ingraziarsi molte autorità vaticane – tra le quali anche membri di dicasteri che avrebbero dovuto investigarlo – con denaro cash e regali), mentre nascondeva la sua rete di relazioni con più donne, da cui ha avuto numerosi figli in giro per il mondo. Maciel “era un consumato genio della truffa”, ha affermato p. Stephan Fichter, sociologo ed ex legionario: “Avrebbe usato qualsiasi mezzo per raggiungere i suoi scopi anche a costo di mentire al papa o a qualche cardinale a Roma”.
Alla sua morte, Maciel (la cui congregazione contava nel 2008 700 preti e 1300 seminaristi) ha lasciato un impero economico, stimato intorno ai 25 miliardi di euro: è ovvio quindi che ora anche i suoi figli reclamino una fetta della torta, dalla quale la Legione li vorrebbe escludere.
Oliare gli ingranaggi
Berry riporta che Maciel cominciò ad accumulare denaro coltivando “protettori” facoltosi, in particolare ricche vedove, fin dagli anni ’40. In Vaticano - oltre a Giovanni Paolo II, che lo elogiò come esempio per la gioventù e nel 2004 gli affidò un centro educativo a Gerusalemme - ebbe tre grandi alleati, in particolare dalla fine degli anni ’90: l’allora segretario di Stato card. Angelo Sodano - che un ex legionario ha definito “il capo dei tifosi della Legione” e che fece pressioni sull’allora card. Ratzinger perché, dopo le accuse di abuso sessuale, Maciel non fosse messo sotto processo -; il card. Eduardo Martínez Somalo, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; e mons. Stanislaw Dziwisz, segretario personale di Wojtyla. Costoro, contattati ripetutamente, hanno sempre rifiutato di rilasciare qualsiasi intervista sul tema.
Tra i suoi più grandi sostenitori finanziari vi era poi il miliardario messicano Carlos Slim, il produttore cinematografico Steve McEveety (suo il film “La passione di Cristo” di Mel Gibson), Thomas Monaghan, fondatore di Domino's Pizza e dell’Ave Maria University in Florida (ma Maciel si arricchiva anche con le altissime rette delle sue scuole, che contrastavano con i salari bassissimi dei docenti); tra i simpatizzanti, l’ex governatore della Florida Jeb Bush e l’ex senatore della Pennsylvania Rick Santorum, il tenore Placido Domingo e negli ultimi tempi il direttore della rivista teocon First Things John Neuhaus, che sosteneva che le accuse contro Maciel fossero “false e malevole”.
La tattica di Maciel di “oliare” i meccanismi ha funzionato a lungo - almeno fino a quando Ratzinger, nel 2001, non ha avocato alla Congregazione per la Dottrina della Fede i reati di abuso sessuale - e in particolare in occasione dell’approvazione della Costituzione della Legione. Secondo la testimonianza di due ex legionari, Maciel provvide alla lussuosa ristrutturazione della residenza romana del cardinale argentino Eduardo Francisco Pironio, prefetto della Congregazione per i Religiosi dal 1976 al 1983 che avrebbe potuto mettergli i bastoni tra le ruote: Pironio si vide così obbligato a firmare la costituzione, anche se una parte di essa, quella riguardante i “voti privati” di discrezione e obbedienza cieca al Fondatore, che cementavano l’impunità di Maciel, incontrarono opposizione da parte di qualcuno all’interno della Congregazione. Ma Maciel si rivolse direttamente al papa tramite Dziwisz, e la Costituzione, due settimane dopo, venne approvata.
Dziwisz - il cui ricevimento in occasione della nomina episcopale, nel 1998, fu pagato dalla Legione - ricevette da Maciel fiumi di denaro nella sua veste di custode per le messe private del papa nel Palazzo Apostolico. Questi fondi affluivano “per le opere di carità”, ma aprivano le porte del Vaticano ai Legionari: “Un modo elegante per offrire una tangente”, afferma uno dei preti fuoriusciti dalla Legione, anche se, canonicamente parlando, queste donazioni non sono definibili come tali. Ma Maciel “voleva comprare potere”, afferma l’ex legionario che nel 1997 consegnò 50mila dollari a Dziwisz, provenienti da una famiglia messicana che voleva partecipare alla messa del papa. Nel 1994, quando Martínez Somalo divenne prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata, venne spedito nell’abitazione di questi, con in mano una busta piena di denaro: “Era un modo di farsi degli amici, assicurandosi aiuto se ce ne fosse stato bisogno, oliando gli ingranaggi”. L’amicizia di Martínez Somalo era utile, dal momento che nel suo ufficio stazionavano lettere di accusa contro Maciel. Quando nel 1997 si diffusero le prime accuse pubbliche, Somalo non fece nulla. Ed anche l’attuale prefetto del dicastero per i religiosi, card. Franc Rodé, in carica dal 2004, ha sempre avuto parole di elogio per Maciel.
C’erano poi cardinali che non erano “amici” della Legione: Pio Laghi, già nunzio apostolico negli Usa e allora prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica, era uno di questi; e anche l’allora card. Ratzinger, che non accettò mai i regali di Maciel: “Era freddo come la pietra, ma in modo molto cordiale”, ha riferito un testimone.
Maciel viaggiava moltissimo per raccogliere soldi. E dalle finanze della Legione prelevava i fondi per le sue famiglie. Nei giorni precedenti il Natale, seminaristi della Legione consegnavano in Vaticano cesti-regalo che contenevano bottiglie di vino pregiato, brandy rari e prosciutti spagnoli che da soli costavano intorno ai 1.000 dollari. “Quando Maciel lasciava Roma – racconta Fichter, oggi parroco nel New Jersey, che tra il 1998 e il 2000 era a capo dell’ufficio amministrativo della Legione a Roma – dovevo dargli 10mila dollari in contanti. Era parte del mio lavoro. Non mi dava ricevuta, né gliel’avrei chiesta”. Come legionari, la gestione dei soldi era ben diversa: “Se uscivo mi venivano dati 20 dollari e se prendevo una pizza dovevo restituirgliene 15 con lo scontrino. La cosa triste è che eravamo così ingenui. Cercavamo di vivere il voto di povertà e non abbiamo mai messo in discussione la fedeltà di Maciel ad esso”.
Sodano riceveva molto denaro dalla Legione: “Veniva a tenere un discorso a Natale e gli davano 10mila dollari”, ricorda un ex legionario. Nel dicembre 2004, però, Ratzinger ruppe con Sodano e incaricò un canonista, mons. Charles Scicluna, di investigare su Maciel, finché nel 2006 arrivò a quest’ultimo l’ingiunzione - peraltro senza alcun processo - di ritirarsi a vita privata.
Una raccolta fondi durata cinquant’anni
L’inchiesta di Berry risale al 1946, quando per la prima volta Maciel venne a Roma per cercare appoggi per la sua neonata congregazione e per far studiare alcuni seminaristi messicani in Spagna, cosa per cui era necessaria l’approvazione del papa. Incontrò il card. Clemente Micara, ossessionato dall’idea di ricostruire Roma. Maciel gli diede 10mila dollari, una somma enorme per una città che si stava risollevando dal recente conflitto mondiale. Micara e il card. Nicola Canali, governatore della Città del Vaticano anche lui destinatario di denaro che arrivava dal Messico, organizzarono un incontro con Pio XII che ebbe successo. Maciel non aveva passaporto diplomatico, ma ottenne ugualmente che gli fossero consegnati documenti e denaro.
Maciel era dipendente dalla morfina (“Dolantin”, come si chiamava all’epoca) e nel 1956 fu ricoverato in overdose alla clinica Salvator Mundi di Roma. Il card. Valeri, prefetto della Congregazione per i Religiosi, sospese Maciel dalla guida della Legione, ma eglì continuò a raccogliere fondi per edificare la basilica di Nostra Signora di Guadalupe a Roma. Alla morte di Pio XII, nel 1959, Micara ristabilì Maciel alla guida della Legione, cosa che, nell’interregno tra due pontificati, non aveva il potere di fare, ma che fece ugualmente perché Maciel possedeva il denaro che serviva a Micara per i suoi progetti edilizi. Un altro dei sistemi utilizzati da Maciel per ottenere denaro consisteva nel prendere di mira donne facoltose. Tra di esse Flora Barragán, vedova del gigante dell’acciaio messicano, che, secondo quanto affermò poi la figlia, donò 50 milioni di dollari alla Legione.
Maciel comprava tutto in contanti. A 27 anni acquistò il primo seminario; nel 1950, a 30 anni, cominciò la costruzione dell’Istituto Cumbres a città del Messico, su terreno offerto dalla Barragán, e inaugurò il Collegio Massimo a Roma. Nel 1953 iniziò l’edificazione di un collegio a Salamanca, completato 5 anni dopo. Nel 1958 costruì, sempre a Salamanca, un altro seminario, grazie all’aiuto di Josefita Pérez Jiménez, figlia di un ex dittatore venezuelano. Promosse scuole private per giovani rampolli di famiglie altolocate; l’amicizia della potentissima famiglia Garza gli fruttò gioielli e denaro: uno dei nipoti del grande industriale patriarca, Luis Garza Medina, divenne vicario generale della Legione.
Il nodo centrale per garantirsi la benevolenza di Roma fu, però, la creazione dell’Università Regina Apostolorum, nella cui crescita Sodano ha avuto un ruolo centrale. Divenuti amici negli anni ’80, durante la dittatura Pinochet in Cile, quando Sodano era nunzio apostolico, Maciel aveva ottenuto dal futuro Segretario di Stato vaticano il necessario sostegno per “sbarcare” nel Paese. Quando Sodano rientrò a Roma, fu lui a sostenere la costruzione dell’Università, assoldando il nipote Andrea come consulente nel progetto. Andrea Sodano lavorava svogliatamente e con lentezza, ma Maciel sollecitava ugualmente la sua amministrazione a pagarlo. Il nipote del cardinale era vicepresidente del Gruppo Follieri, azienda che acquistava negli Usa immobili ecclesiastici per poi rivenderli e il cui amministratore delegato, Raffaello Follieri, è stato condannato nel 2008 per frode e riciclaggio di denaro sporco (v. Adista nn. 19/06, 39/07 e 53/08).
Maciel voleva che il Vaticano riconoscesse al Regina Apostolorum il grado di Pontificia Università, cosa che l’avrebbe posta allo stesso livello della Gregoriana o della Lateranense. A questo scopo, hanno rivelato alcune fonti del National Catholic Reporter, egli offrì una mercedes al card. Pio Laghi, prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica. Laghi rifiutò l’offerta, nonché il riconoscimento all’istituzione di Maciel. Lo stesso accadde con il successore di Laghi, il cardinale polacco Zenon Grocholevski: alla fine il Regina Apostolorum ebbe soltanto il titolo di “Pontificio Ateneo”. I sistemi di Maciel non sempre funzionavano.