NEL NOME DEL PADRE, DELL’OMOFOBO E DEL TRANSFOBO.
IL RAPPORTO 2010 SULLE RELIGIONI E L’OMOFOBIA
MicroMega 1-1-2011
da gionata.org
Mentre il 2010 volge al termine, salutiamo il nuovo anno con la pubblicazione, per la prima volta in italiano, del “Rapporto 2010 sulle religioni e l'omofobia” che fa parte del “Decimo Rapporto sull'omofobia 2010”, circa 180 pagine, curato dall'associazione francese “Sos Homophobie”.
Nelle 12 pagine dedicate alle “Religioni e l'omofobia” e intitolate “Nel nome
del Padre, dell'omofobo e del transfobo” il Rapporto 2010 traccia un quadro
complesso, con molte ombre e qualche luce, perché a tutt'oggi le religioni sono
ancora dei mezzi di potente legittimazione dell'omofobia e della transfobia agli
occhi di numerosi credenti.
Le persone omosessuali credenti invece, dal canto loro, spesso sono lacerate tra
“il loro credo, il peso della tradizione religiosa e la loro identità sessuale’
e ‘fanno fatica a trovare un equilibrio”.
Il Rapporto 2010 affronta questi temi attraverso un rapido excursus sulle
principali religioni occidentali: Cristianesimo (suddiviso in cattolici,
anglicani, evangelici), Islam e Ebraismo.
Sei agili sezioni intitolate: il cattolicesimo tra compassione e ipocrisia;
l'omofobia non è omogenea all'interno del cristianesimo; Islam: tutto lo spettro
dell'omofobia e della trans fobia; L'ebraismo: tu non amerai affatto; Ebraismo.
Il punto di vista di Franck Giaoui e al termine una piccola rassegna stampa. E’
stato un lungo anno, pieno comunque di tante sorprese positive, non ultima
l'approvazione in Italia, da parte del Sinodo della Chiesa Valdese, della
benedizione matrimoniale per le coppie omosessuali.
Perché, come ricorda questo Rapporto 2010, “le religioni non sono entità
monolitiche e la loro interpretazione varia secondo la società, secondo il
Paese, e anche secondo l'atteggiamento e l'indirizzo delle diverse autorità
religiose, così anche omosessuali e trans cominciano ad essere accolti/e da
alcune istituzioni religiose”.
Questo vuol essere il nostro augurio per un buon anno per tutti gli uomini di
buona volontà.
Nel nome del padre, dell'omofobo e del transfobo. Il Rapporto 2010 sulle
religioni e l'omofobia
Ancora una volta SOS homophobie ha ricevuto soltanto un limitato numero di
testimonianze che denunciano l'omofobia e la transfobia che originano dalla
sfera delle religioni.
I discorsi religiosi rimangono tuttavia dei potenti vettori che troppo spesso
legittimano l'omofobia e la transfobia agli occhi dei credenti.
Sette testimonianze ricevute dall'associazione richiamano indirettamente questa
realtà.
Lacerati tra il loro credo, il peso della tradizione religiosa e la loro
identità sessuale, un certo numero di omosessuali e di trans in questo modo
fanno fatica a trovare un equilibrio.
Ma le religioni non sono entità monolitiche e la loro interpretazione varia
secondo la società, secondo il Paese, e anche secondo l'atteggiamento e
l'indirizzo delle diverse autorità religiose, così anche omosessuali e trans
cominciano ad essere accolti/e da alcune istituzioni religiose.
IL CATTOLICESIMO TRA COMPASSIONE E IPOCRISIA
Dopo la condanna della teoria del genere (1) da parte del Papa Benedetto XVI in
occasione del suo discorso alla Curia nel 2008, per tutto il 2009 il Vaticano
non ha smesso di opporsi all'uguaglianza di diritti delle minoranze sessuali in
nome dei valori della "famiglia tradizionale" e del matrimonio eterosessuale.
La Chiesa cattolica continua a mettere in guardia gli Stati sui pretesi pericoli
per la società insiti nell'autorizzare il matrimonio tra persone dello stesso
sesso.
L'anno 2009 è anche stato caratterizzato dalla revoca, avvenuta in ottobre, di
Padre Santoro da parte dell'Arcivescovo di Firenze, per aver celebrato il
matrimonio religioso di una transessuale e del suo compagno, che erano già
sposati civilmente da venticinque anni.
Con la stessa pervicacia il Vaticano continua a condannare i progetti di legge
che prevedono che le coppie dello stesso sesso possano accedere all'adozione.
A questo proposito il progetto di legge uruguayano, così come la decisione del
tribunale amministrativo di Besançon di concedere il nulla osta all'adozione ad
Emmanuelle B., sono state nuove occasioni per la Chiesa di Roma di riaffermare
il suo rifiuto dell'adozione da parte di omosessuali "per il bene del bambino".
Nella continuità delle argomentazioni tenute nel 1986 dal cardinale Ratzinger
(futuro papa), che fanno riferimento all'omosessualità come ad "una minaccia per
la vita e il benessere di un certo numero di individui", il Vaticano ha
rifiutato di firmare la dichiarazione presentata il 13 dicembre 2008 all'ONU che
richiedeva la depenalizzazione universale dell'omosessualità (2).
La controproposta promossa dal Vaticano e da numerosi Stati islamici afferma che
i diritti umani universali non includono "l'interessarsi ai diritti di
specifiche persone", escludendo di fatto le minoranze sessuali, ma sostiene "i
principi di non-discriminazione e di uguaglianza".
Fatto questo che non impedisce al Papa e alla Chiesa di opporsi nel febbraio
2010 a un progetto di legge sull'uguaglianza che proteggesse gli omosessuali e i
trans dalla discriminazione nelle assunzioni al lavoro.
La Santa Sede rimane così in profondo contrasto con le realtà pastorali di
accoglienza così come con il vivere quotidiano e il benessere dei credenti
omosessuali e trans. La reazione del Vaticano alla dichiarazione del cardinale
messicano Javier Lozano Barragan nel dicembre 2008 costituisce un esempio del
paradosso e dell'ipocrisia della Chiesa di Roma.
Il cardinale Barragan affermava: "Forse essi [le persone LGBT] non sono
colpevoli ma, agendo contro la dignità del corpo, non entreranno nel Regno dei
cieli [...]. L'omosessualità è dunque un peccato [...].
Ma questo non giustifica nessuna forma di discriminazione. Soltanto Dio ha il
diritto di giudicare. Noi, sulla Terra, non possiamo condannare, e in quanto
persone, abbiamo tutti gli stessi diritti. Sono comunque persone e dunque devono
essere rispettate".
Il portavoce della Santa Sede ha allora ricordato il Catechismo della Chiesa
cattolica che definisce "disordinati" gli atti omosessuali, ma prende atto del
fatto che "un numero non indifferente di uomini e di donne presentano profonde
tendenze omosessuali", e che costoro "devono essere accolti con rispetto,
compassione e delicatezza".
La Chiesa cattolica romana dunque accoglie "nella compassione" (patire
insieme...) gli omosessuali o i trans, "peccatori per loro stessa natura". Ma se
essa sembra accettare le persone, per contro condanna gli atti, i comportamenti,
e dunque i diritti degli omosessuali e dei trans.
Questa inaccettabile posizione è una negazione del diritto delle minoranze
sessuali ad essere se stesse. Costituisce quindi una fertile base per
l'espressione di un'omofobia e di una transfobia da parte delle correnti
fondamentaliste.
Così nell'ottobre 2009, riuniti in Vaticano nel quadro di un sinodo sull'Africa,
alcuni vescovi hanno proposto leggi contro il matrimonio omosessuale. Gli
estremisti religiosi cristiani cercano anche i fondamenti della loro
legittimità, sull'esempio della Fraternità San Pio X di Stoccarda, che nel
luglio 2009 aveva paragonato l'omosessualità al nazismo.
Gli estremisti ultranazionalisti e religiosi approfittano dell'ambiguità della
parola delle istituzioni religiose per far annullare il Gay Pride di Mosca o
quello di Belgrado.
L'OMOFOBIA NON È OMOGENEA ALL'INTERNO DEL CRISTIANESIMO
Il cristianesimo, composto da una pluralità di Chiese, oggi si deve confrontare
con le discussioni sul riconoscimento dei diritti delle minoranze sessuali.
Resa fragile da un persistente disaccordo riguardo all'omosessualità e
all'ordinazione di donne vescovo, la Chiesa anglicana con la sua corrente più
liberale costituisce uno dei rami del cristianesimo più consapevoli delle realtà
della nostra società.
Secondo Inclusive Church, un'associazione che promuove la diversità all'interno
della comunità anglicana, le persone LGBT rappresentano nel 2009 circa il 20%
del clero della Chiesa anglicana.
Il fondatore di Inclusive Church oggi vuole portare le autorità religiose a
riconoscere questa situazione e metter fine all'ipocrisia: "Guardate tutte
queste persone, esse svolgono un ruolo nella vita della Chiesa da dieci, venti,
trenta e a volte addirittura da quarant'anni". Dobbiamo aprire gli occhi e
smetterla di pretendere che tutto questo non esista".
Tuttavia la Chiesa di Inghilterra non ha mai fatto niente per i diritti degli
omosessuali e dei trans. Inoltre la benedizione dell'unione di due reverendi gay
fatta nel giugno 2009 dal pastore Martin Duedley ha provocato l'ira della
frangia conservatrice degli anglicani.
La Chiesa anglicana americana è anche pioniera per l'integrazione di tutti i
suoi fedeli. Il vescovo del Maine affermava nel luglio 2009: "Abbiamo dei fedeli
gay e lesbiche, e dei membri del clero gays e lesbiche, noi cerchiamo di onorare
la diversità della fede e della teologia nella nostra Chiesa".
In questa occasione la Chiesa episcopale degli Stati Uniti ha dato il suo
accordo alla benedizione delle unioni omosessuali negli Stati che le riconoscono
legalmente. Alcuni giorni più tardi, essa autorizzava ufficialmente
l'ordinazione di pastori, uomini e donne, omosessuali.
Ma bisogna aspettare il dicembre 2009 affinchè la prima lesbica venga nominata
vescovo di questa Chiesa e messa a capo della diocesi di Los Angeles. Dopo la
Chiesa episcopale Americana, sono i protestanti luterani ad accettare,
nell'agosto 2009, i pastori omosessuali celibi o in coppia.
La Chiesa luterana ha anche consacrato nel novembre 2009 la prima vescova
pastora lesbica a capo del vescovato di Stoccolma. La Chiesa di Svezia d'altra
parte aveva approvato ufficialmente il matrimonio di omosessuali nelle sue
chiese.
ISLAM: TUTTO LO SPETTRO DELL'OMOFOBIA E DELLA TRANS FOBIA
L'Islam, benché non sia il solo a fare discorsi di odio verso le minoranze
sessuali, resta nel 2009 una delle confessioni maggiormente omofobe e transfobe.
Delle dieci testimonianze riguardanti questa confessione ricevute quest'anno da
SOS homophobie, sei mettono sotto accusa delle affermazioni e delle azioni
omofobe e transfobe provenienti da individui di religione musulmana. Nel mondo
musulmano d'oggi, il fatto di svelare la propria identità sessuale può sempre
condurre a morte.
L'Islam considera la famiglia tradizionale come la chiave del mantenimento di
una società "morale".
Numerosi musulmani LGBT devono affrontare l'isolamento e l'ostracismo da parte
della loro famiglia e della loro comunità.
Così Ahmet Yildiz, omosessuale turco ventiseienne, nel luglio 2008 veniva
assassinato a colpi di fucile ad Istanbul in un agguato che la famiglia, in nome
dell'onore e dei valori famigliari dell'Islam, aveva vigliaccamente organizzato
contro di lui. In casi estremi, le minoranze sessuali possono dover affrontare
sentenze legali di carcerazione, di flagellazione, e anche di morte.
Così l'Iran, che figura tra i 77 Paesi che vietano penalmente l'omosessualità e
la transessualità ancora nel 2009, ha condannato a morte nel mese di ottobre
2009 il sedicenne Nemat Safavi riconosciuto colpevole da un tribunale di aver
praticato "atti sessuali che non sono ammessi".
Ed inoltre, secondo un rapporto dal titolo: Vogliono sterminarci: assassinio,
tortura, orientamento sessuale e generi in Irak, pubblicato nell'agosto 2009 da
Human Rights Watch, le azioni di tortura e le sommarie esecuzioni riguardanti
uomini sospettati di omosessualità si vanno intensificando in nome
dell'applicazione della legge islamica.
L'Arabia Saudita contribuisce attivamente alla sanguinosa repressione
dell'omosessualità, come ha dimostrato la decapitazione con la sciabola di due
Sauditi il 4 agosto 2009. Alcuni Paesi musulmani, come il Senegal, stigmatizzano
le minoranze sessuali esumando le spoglie delle persone LGBT dai cimiteri
musulmani (maggio 2009).
Altri Paesi islamici, anche se non puniscono con la morte gli omosessuali e i
trans, si sono opposti, insieme al Vaticano, alla depenalizzazione universale
dell'omosessualità all'ONU, nel dicembre 2008. Ali Abdussalam Traki, diplomatico
libico all'ONU, d'altra parte si era espresso così: "Si tratta di un argomento
molto delicato, molto sensibile. In quanto musulmano, io non sono favorevole.
L'omosessualità non è accettata nella maggioranza dei Paesi del mondo. E ci sono
Paesi che l'autorizzano, pensando che sia una forma di democrazia... Penso che
non sia così".
I Paesi europei contano un'importante popolazione musulmana, dalla quale le
persone LGBT possono essere respinte in nome della religione.
I comportamenti omofobi e transfobi che si basano sull'interpretazione di testi
e sulla parola del clero musulmano continuano ad essere numerosi in Francia.
Ad esempio il club di football Bébel Créteil il cui allenatore nell'ottobre 2009
ha rifiutato che la sua squadra giocasse contro il club Paris Foot Gay per via
delle convinzioni religiose dei calciatori musulmani. Se non si può far altro
che condannare ogni discorso di odio e il respingimento nella clandestinità
delle minoranze sessuali da parte dei musulmani francesi, in compenso possiamo
salutare il coraggio di uomini e di donne di cultura musulmana che testimoniano
la loro aspirazione a vivere pienamente la loro omosessualità (Un omosessuale
nella città di Brahim Nait-Balk; Homo-ghetto: Gays e lesbiche nelle città: i
clandestini della Repubblica di Franck Chaumont).
Lo sforzo di reinterpretare il Corano e la legge islamica in favore
dell'integrazione di tutti i fedeli deve costituire una priorità. Siti Musdah
Mulia, professore di pensiero islamico all'Istituto di Scienze indonesiane, ha
del resto dichiarato nel novembre 2009 che "Gli omosessuali e l'omosessualità
sono naturali e creati da Dio, e dunque compatibili con l'Islam".
L'EBRAISMO: TU NON AMERAI AFFATTO
La religione ebraica non rimane inattiva. Si veda l'esempio di Israel Gutman,
storico dell'Istituto Yad Vachem di Gerusalemme, che nel maggio 2008 condannava
la costruzione a Berlino di un monumento alla memoria della deportazione degli
omosessuali durante la seconda guerra mondiale.
All'interno dei gruppi più estremisti i soggetti omosessuali e trans rimangono
ancora tabù e oggetto di disprezzo per le autorità religiose, come denuncia il
primo film di Haim Tabakman, 'Tu non amerai affatto', uscito nel 2009.
E sono ancora gli ebrei ortodossi che, nel maggio 2009, tramite il ministro
israeliano dell'Interno, Eli Yishai, membro del partito ultraortodosso Shass, e
del Grande Rabbinato di Israele, hanno richiesto lo spostamento del Gay Pride di
Tel Aviv "lontano dalla popolazione credente e dai minori".
Tuttavia un rabbino ortodosso, Ron Yosef, ha rivelato pubblicamente la sua
omosessualità e nel febbraio 2008 ha creato l'associazione HOD (acronimo ebraico
che indica gli "omosessuali religiosi") e www.hod.org.il, il primo sito Internet
indipendente concepito per gli omosessuali ebrei ortodossi.
Questo sito mira a sensibilizzare la comunità religiosa, a promuovere un dialogo
in uno spirito più tollerante e a portare un sostegno psicologico al pubblico
religioso omosessuale.
Per fare ciò, il fondatore di HOD non ha esitato a rivolgersi direttamente ai
capi, agli educatori e ai rabbini della comunità ebraica ortodossa per difendere
il diritto a partecipare alla vita quotidiana ebraica senza essere messi al
bando dalla comunità.
L'assenza di argomentazioni religiose che condannano fermamente l'omofobia e la
transfobia continua a rafforzare il senso di impunità degli estremisti delle tre
grandi religioni monoteiste, ma continua anche ad escludere, di fatto, gli
omosessuali e i trans rifiutando loro di poter vivere serenamente il loro
orientamento o la loro identità sessuale e la loro fede.
Benchè nelle società più liberali comincino a sorgere i dibattiti e i confronti,
è ancora difficile per un credente omosessuale o un trans trovare un posto nelle
comunità religiose. Ed è proprio negli Stati religiosi, nei quali i diritti
degli individui fanno riferimento all'interpretazione rigida della "legge
divina", che l'omofobia e la transfobia rimangono più radicate.
In questo contesto, la difesa del principio di laicità sembra essere una
protezione per lottare contro la diffusione dei valori omofobi e transfobi
veicolati dalle tre religioni del Libro.
Nel 2010 e nel 2011 la giornata contro l'omofobia (Idaho) ha per tema le
religioni. Questa è l'occasione, per SOS homophobie e per l'insieme delle
associazioni LGBT, di denunciare i discorsi e le azioni omofobe e transfobe che
originano dalle diverse confessioni.
Il mondo associativo LGBT e SOS homophobie invitano così i dignitari religiosi,
ma anche i credenti, ad interrogarsi insieme sulla riconciliazione tra la fede e
l'orientamento sessuale, la fede e la transidentità, allo scopo di instaurare il
dialogo, di dare maggior incisività alla lotta contro le discriminazioni fatte
alle persone LGBT e di riconoscere tutti i credenti, ciascuno nelle proprie
diversità.
Il punto di vista di Franck Giaoui
Il Beit Haverim ("Casa degli Amici", in ebraico), è nato nel 1977 dal desiderio
di un gruppo di amici preoccupati di conciliare la loro cultura ebraica e la
loro omosessualità. Costituita come Associazione dal 1982, essa si indirizza
ancora ai gays e alle lesbiche ebrei della Francia, ma le sue attività oggi
tendono ad estendersi oltre questa sola doppia identità.
Sulla difficoltà di conciliare un'identità ebraica ed un orientamento
omosessuale, Franck Giaoui risponde senza mezzi termini che si tratta
soprattutto di "uno shock culturale" prima ancora di essere "uno shock religioso
in rapporto a testi che proibiscono l'omosessualità": "[Questa conciliazione]
non è difficile per quanto riguarda il singolo individuo. Ma quando la si
considera in rapporto ad un quadro familiare, a tradizioni culturali talvolta
molto pesanti, nel caso di famiglie tradizionali, allora sì che è complesso, e
questo vale sia per i musulmani che per i cristiani."
Una ventina d'anni fa, se un giovane ebreo decideva di assumere la propria
omosessualità, la viveva di nascosto, talvolta conduceva una doppia vita. "Era
eccezionale che lo dicesse alla sua famiglia poichè essa (...) non parlava di
omosessualità; e qualora essa fosse stata scoperta, si sarebbe spesso
determinata una rottura famigliare."
Ma oggi, la comunità ebraica si è evoluta, proprio come la società francese.
"Per il 78% dei simpatizzanti e dei membri del Beit Haverim nel 2009, ebraismo
ed omosessualità sono conciliabili tra loro.
La maggior parte dei giovani ebrei ora assume la propria omosessualità, certo,
talvolta contro il parere della famiglia, ma non è più un dramma, o in ogni caso
lo è molto meno."
Allo stesso modo, anche se i testi sono rimasti identici, la loro
interpretazione si è evoluta: "Ieri (il 17 febbraio 2009, ndr)una sinagoga
concistoriale organizzava un dibattito sul punto di vista della Torah (3)
riguardo all'omosessualità. Il rabbino teneva un discorso che soltanto cinque o
dieci anni fa sarebbe stato impensabile, ed ora questi dibattiti sono
frequenti!"
Quando viene interrogato sui fondamenti di un divieto dell'omosessualità
presenti nei testi, Franck Giaoui ricorda che " il Beit Haverim non è incline ad
esprimersi sulla religione poichè non è un'associazione di culto, ma di
cultura".
E se accetta di risponderci, è semplicemente "in quanto responsabile associativo
che da anni ascolta persone specializzate su quest'argomento", senza coinvolgere
la responsabilità dell'associazione.
In primo luogo, "ciò che effettivamente è citato ne Pentateuco è una frase che
dice . Ma l'interpretazione di testi "dipende dai diversi movimenti religiosi
dell'ebraismo, che è ben lontano dall'essere unico."
Dall'interpretazione più ristretta ad esegesi più liberali, il senso dato al
testo varia sensibilmente: divieto dell'atto di sodomia ("non essendo
esplicitamente citata l'omosessualità femminile, (...) questo divieto riguarda
soltanto l'omosessualità maschile"), oppure di ogni atto di potere sessuale di
un uomo su di un altro... "Nell'interpretazione più liberale dei tasti, risulta
vietato soltanto un atto sessuale che si assimila ad un avvilimento dell'altra
persona, e questo indipendentemente dall'omosessualità."
In secondo luogo "la religione ebraica rivelata da un testo è soggetta ad un'
enorme quantità di interpretazioni e di traduzioni, ci possono essere diverse
accezioni di ciò che viene chiamato omosessualità e divieti."
E così il termine ebraico "toevah", che definisce l'omosessualità ma anche molti
altri comportamenti, viene tradotto con "abominio" ma per alcuni sarebbe
piuttosto sinonimo di "allontanamento": "Non sarebbe veramente un divieto, ma un
allontanamento dalla fede o, per semplificare, un allontanamento da Dio."
E' interessante precisare che anche nelle correnti più rigide (ortodossi e
ultraortodossi) è proprio l'atto che viene respinto, e non la persona. "Non si
nasconde nella religione ebraica che una tendenza omosessuale può capitare a
chiunque. Ma ci sono testi che descrivono come è possibile correggere questa
tendenza o questo orientamento sessuale.
In essi viene affermato che si deve esercitare il proprio libero arbitrio per
canalizzare correttamente il proprio orientamento verso cose che non sono
proibite. In altre parole per astenersi dal passare all'atto concreto..." "Di
contro nei movimenti liberali, per esempio negli Stati Uniti, ci sono sinagoghe
che sono completamente 'omofile' nelle quali delle lesbiche e dei gays sono
rabbini."
Anche degli eterosessuali frequentano queste sinagoghe, poichè vi trovano "al di
là della religione, (...) una trasmissione di cultura più aperta che in certe
sinagoghe o scuole religiose molto ortodosse".
Oltre alla sua partecipazione ai principali raduni LGBT in Francia, il Beit
Haverim offre numerose attività. Franck Giaoui precisa che "per quanto riguarda
la dimensione ebraica, [l'associazione] non propone alcun ufficio religioso dato
che non ci sono officianti.
Invece dal lato pratico, organizza in modo piuttosto conviviale o semplicemente
come una festa, delle serate cercando di farle coincidere con le feste
religiose: a Pourim (4), a Pessa'h (5), a Roch Hachana (6)...
Talvolta queste feste vengono combinate con serate a tema, come i travestimenti
in occasione di Pourim". Allo stesso modo si riappropria e gestisce i
tradizionali pranzi del shabbat (7) organizzando dei pasti preparati a turno dai
suoi aderenti "per ritrovare un'atmosfera tradizionale" nella casa del Beit.
"L'apertura della Casa del Beit ha avuto grande importanza poichè ci ha
permesso, dopo tre anni, di avere numerose e varie attività in un luogo fisso e
centrale di Parigi [5, rue Fénelon, nel X arrondissement]."
Il Beit Haverim organizza e partecipa anche a conferenze e scambi "con le
diverse componenti della comunità ebraica (...) su vari argomenti di cultura, di
società o di religione."
Ma le sua attività non si limitano a questo e mirano ad un'apertura sulla
società, su attività socializzanti che non riguardano soltanto la cultura
ebraica: corso di ebraico, scuola di canto, cineclub, forum "genitorialità",
laboratori di sviluppo personale, serate conviviali... "
Queste attività sono riservate agli aderenti ma tutti, ebrei o non ebrei, omo o
etero, possono venirci una volta a fare una prova prima di aderirvi."
Sta di fatto che Franck Giaoui porta uno sguardo nuovo e critico sugli attuali
movimenti associativi, uno sguardo che non cessa di interrogare la società e le
sue evoluzioni.
Partendo dalla constatazione che oggi i giovani si incontrano e comunicano prima
di tutto tramite le nuove tecnologie e i social networks di Internet, e da
quella di un militantismo ancora necessario ma talvolta obsoleto nella sua forma
(visti i progressi dei diritti LGBT negli ultimi vent'anni), comprende perchè
"certi giovani (...) dicono di non comprendere l'utilità, per essi, di
un'associazione esclusivamente militante".
Secondo lui l'avvenire delle associazioni LGBT passa attraverso un adattamento:
"La società sta già progredendo: il 64% dei Francesi sono favorevoli a concedere
il diritto al matrimonio alle coppie omosessuali e il 57% a concedere loro il
diritto di adottare.
E' evidente che al momento giusto il legislatore saprà mettersi d'accordo con la
società, vale a dire con i suoi elettori! Tra una decina d'anni ci saranno di
nuovo altre sfide. Dunque quello che si deve fare è preparare le generazioni di
oggi e di domani perchè il nostro militantismo non sia un militantismo
comunitarista.
Io penso che una della grandi evoluzioni, che in ogni caso il Beit Haverim da
qualche anno ha iniziato a percorrere, è l'apertura verso una lotta per
l'universalità dei diritti. Non si chiedono diritti specifici per gli
omosessuali, le lesbiche e i trans: si chiede che tutti abbiano gli stessi
diritti.
Non si chiede una lotta specifica contro gli antisemiti: si chiedono delle leggi
che combattano contro l'insieme delle stigmatizzazioni e delle discriminazioni
razziste. (...)
E' bene che ognuno abbia una maggior apertura e non si limiti a difendere
soltanto ciò che lo riguarda direttamente."
Ciò nonostante rimane ancora molto da fare in materia della doppia identità "ebraica-omosessuale".
Far evolvere le diverse interpretazioni dei testi "verso un giusto equilibrio";
perchè "una coppia omo che desideri praticare la religione ebraica possa
manifestarsi pubblicamente e i due possano venire fianco a fianco alla sinagoga.
Ed inoltre è anche più pratico, dato che in una sinagoga gli uomini sono
insieme, le donne sono insieme, dunque è un vantaggio rispetto agli etero!"
"Si deve prendere ciò che c'è di buono in ognuno ed estenderlo all'insieme degli
spiriti. E perchè non allargare questo approccio, oltre i confini della comunità
ebraica, all'insieme della comunità nazionale in Francia?"
Questo articolo è preso da un'intervista con Franck Giaoui. Il testo integrale è
disponibile sul sito www.sos-homophobie.org