Nel silenzio della democrazia
di Stefano Rodotà
“la Repubblica” del 14 dicembre 2010
ABBIAMO vissuto il silenzio della democrazia, e questo peserà in futuro, quale che sia l' esito del voto di oggi. La chiusura del Parlamento, evento davvero senza precedenti nella storia della Repubblica, ne ha rappresentato il terribile simbolo e, insieme, la condizione necessaria perché altre procedure, altri riti, altri luoghi potessero prenderne il posto. Doveva tacere il Parlamento non perché potessero tacere le passioni, e si potesse così giungere con giusto distacco e adeguata meditazione a una giornata nella quale si concentrano le molte ragioni che ci hanno progressivamente portato ad una vera crisi del sistema politico. No. Quel silenzio era necessario perché l' unica forma di persuasione legittima in democrazia, quella che nasce dall' apertae pubblica discussione parlamentare, venisse sostituita da un' altra forma di "persuasione", quella affidata a reclutatori, a cacciatori di voti che si muovono senza inibizioni o pudori sulla scena pubblica, menando anzi vanto d' ogni nuovo scalpo conquistato. Riflettano i cittadini della Repubblica. La vicenda di questi giorni riproduce lo schema che avevamo imparato a conoscere nel tempo triste delle escort. I procacciatori continuano ad entrare e uscire da Palazzo Grazioli, ma questa volta non portano con sé giovani donne, bensì i corpi ormai domati e acquisiti di "rappresentanti del popolo". Ammaestrato dall' esperienza passata, questa volta l' "utilizzatore finale" ha deciso di non ricevere nessuno tra quelli che sono passati o si accingono a passare dalle sue parti, timoroso di qualche registratore nascosto che possa poi certificare la vera natura della trattativa. Quelli che ieri si ergevano a difensori della privacy hanno poi scrutato nelle pieghe della vita privata, si sono diligentemente adoperati, ce lo dicono le cronache, nello scoprire le debolezze umane ed economiche di deputati e senatori che, per queste ragioni, apparivano più vulnerabili. Lì un mutuo troppo oneroso, qui un debito pesante... Ed ecco tracciato l' identikit del parlamentare al quale riservare il massimo delle attenzioni. Vicende miserabili, ma che illustrano pure, come meglio non si potrebbe, quale sia il ceto parlamentare che risulta da una scelta ormai svincolata da ogni rapporto con gli elettori, affidata tutta a una ventina di oligarchi d' ogni parte che da due legislature hanno l' incontrollato potere di designare 945 parlamentari. Una sorta di "elezione diretta", che con la democrazia ha poco a che vedere. È una ben avvilente trasparenza quella che ci è stata offerta dalla quotidiana rivelazione di queste miserie personali e istituzionali. Non era questa la democrazia come "governo in pubblico" di cui ci aveva parlato Norberto Bobbio. È, invece, la conferma definitiva dell' impudicizia, della fine dell' etica pubblica, della nascita di legami impuri che avvincono procacciatori e procacciati. Sono nati improbabili nuovi gruppi parlamentari, destinati a durare il tempo d' un voto di fiducia. Il Parlamento è stato chiuso, ma le sue regole sono state mortificate attraverso un loro uso tutto strumentale. Ma questo non è già avvenuto anche in passato? Questa è la replica di chi difende le prassi di queste avvilenti settimane. Però la vergogna che viene da lontano non diventa per questo meno vergognosa. E l' interessata difesa dei procacciatori e del loro mandante rimuove proprio l' insieme dei fattori che rendono la situazione attuale irriducibile a quelle precedenti. Se pure un processo degenerativo era in corso, davvero era legittimo portarlo a tutte le sue estreme, distruttive conseguenze? In realtà siamo di fronte a un mutamento di scala, quantitativo e qualitativo, che attribuisce al fenomeno del reclutamento, del cambio di casacca, caratteri che lo portano al di là della soglia di "trasformismo" accettabile in una democrazia. Mai, infatti, vi era stata una così pubblica esibizione, e quindi una così esibita legittimazione, di queste inammissibili pratiche. Mai le iniziative di reclutamento si erano diramate in tutte le possibili direzioni. Un altro cambiamento delle regole, un altro tassello di quella inammissibile "costituzione materiale" che si vuole porre a fondamento della cosiddetta "Seconda Repubblica"? Qui è il nodo. Al di là di questa vicenda estrema e mortificante bisognerà pure interrogarsi sulle ragioni profonde che hanno portato a questa "notte della Repubblica". Qui davvero serve una pubblica riflessione, che non può limitarsi alla deprecazione dei costumi berlusconiani. Una folta schiera di apprendisti stregoni ha dato il suo contributo alla creazione di un contesto politico e istituzionale propizio alle scorrerie di chi voleva giovarsi di tutte le debolezze del sistema. Una ingegneria costituzionale senza principi ha preso il sopravvento sulla consapevolezza storica e sulla riflessione politica, ignorando del tutto gli incitamenti a riflettere e le proposte diverse che pure non mancavano. Il risultato è la evidente decomposizione del sistema politico, che non può essere esorcizzata ricorrendo all' eterno stereotipo italiano della rivoluzione incompiuta o tradita, ottimo per rimuovere le responsabilità di persone e forze politiche, pessimo perché permette di eludere l' obbligo di analisi capaci di andare a fondo nelle dinamiche trascorse, e così avviare una progettazione adeguata del futuro. Denunciamo le miserie di oggi, ma liberiamoci pure dagli schematismi che ancora condizionano l' azione politica di troppi tra gli oppositori, veri o di facciata. Dall' abisso nel quale siamo stati trascinati bisognerà pure cominciare a risalire. Ma senza veri cambiamenti di rotta, senza vera intransigenza politica e morale, qualsiasi ricostruzione sarà assai difficile.