ORA DI RELIGIONE A SCUOLA: I PROGRAMMI LI DECIDE LA CEI
Cecilia M. Calamani,
fonte: italialaica - Cronache laiche 15-8-2010
La
Conferenza episcopale italiana ha fatto pervenire al ministero dell’Istruzione
una proposta per l’insegnamento della religione cattolica (irc) nei licei e
negli istituti tecnici e professionali allo scopo di aggiornare i programmi
vigenti. Neanche a dirlo, la risposta del ministero non si è fatta attendere:
”Si ritiene di poterne accogliere il contenuto e lo si trasmette in allegato
alle scuole” affinché sia adottato a partire dall’anno scolastico che
inizierà a settembre. Quando poi la Cei avrà elaborato una versione definitiva
del testo – recita in sintesi la comunicazione – se ne riparlerà.
Al di là dei contenuti della proposta – un vero e proprio catechismo che tira
anche in ballo anche il rapporto con la scienza, la tecnologia e la matematica
– viene spontanea una riflessione.
Gli insegnanti di religione, anche se stipendiati dallo Stato italiano, vengono
scelti dalla Curia. Fino all’approvazione della legge 186 del 18 luglio 2003,
la Curia comunicava i loro nominativi direttamente ai dirigenti scolastici e i
docenti venivano assunti con contratto annuale. Ogni anno il gioco ricominciava.
L’entrata in vigore della legge, voluta dall’ex ministro dell’Istruzione
Letizia Moratti, ha portato invece a una sanatoria: il 70% degli insegnanti di
irc è entrato in ruolo nello Stato dopo aver superato un concorso appositamente
istituito, mentre il rimanente 30% viene ancora segnalato dalla Curia.
Ma il mandato è rimasto annuale per tutti e quel 70% di insegnanti (in cifre
circa 15mila) fanno ora parte dell’organico dello Stato. Il che significa che
se il vescovo non dovesse rinnovare loro l’incarico (ad esempio per motivi
‘morali’), potrebbero comunque insegnare, a seconda del loro titolo di
studio, un’altra disciplina superando in punteggio, magari, anche colleghi che
hanno vinto regolare concorso di abilitazione!
E’ anche bene ricordare che i tagli previsti dalla Finanziaria estiva
Brunetta-Tremonti, che prevedono circa 132 mila docenti e 8 miliardi di euro in
meno nei prossimi in tre anni, si abbatteranno su tutte le materie curriculari e
di conseguenza sul livello di preparazione dei nostri studenti, ma non
riguarderanno l’insegnamento (facoltativo) della religione cattolica.
In questo clima di avvilente sovrapposizione tra istruzione pubblica e
confessionalismo di Stato, il buon senso vorrebbe almeno che fosse il ministero
dell’Istruzione a stilare i programmi di insegnamento, non la Cei. Invece
succede esattamente il contrario: la Cei dirama le sue proposte e il ministro
dell’Istruzione Gelmini pedissequamente le applica.
La Chiesa, in sostanza, non solo diffonde il verbo divino agli studenti
italiani, ma nelle modalità che preferisce e per di più con i fondi dello
Stato, usufruendo anche di particolari salvacondotti (forse qualche santo in
paradiso?) per schivare tagli e riduzioni di organico. Ci inchiniamo davanti al
Vaticano – un po’ meno al ministro – per la sua straordinaria abilità.