TAMPONARE O CONVERTIRSI ?
dal blog di Franco Barbero
28/3/2010
La cronaca continua a disseppellire questi
episodi di pedofilia. L’elenco si allunga giorno dopo giorno e noi riusciamo a
stento a percepire adeguatamente i danni, le angosce, le sofferenze inflitte
alle vittime di queste violenze.
Vorrei esprimere tre considerazioni.
1) In queste settimane , mentre si cerca di ristabilire verità e giustizia,
molti membri della gerarchia si sono posti in un atteggiamento difensivo che
potrebbe nascondere la volontà di minimizzare quanto è accaduto. E’ una
“liturgia” consunta prendersela con la liberazione sessuale, tirare in ballo
una presunta campagna diffamatoria, una strategia pianificata ai danni della
chiesa cattolica, cercare le trame oscure del complotto. Non mancano, in verità,
gesti e voci che nel popolo di Dio invitano a cambiare strada dimostrando di
aver capito che il bene delle persone è più importante della reputazione
dell’istituzione ecclesiastica. E’ chiaro però che la regola romana della
segretezza, confermata da papa Ratzinger per molti anni, ha favorito
l’irresponsabilità e la copertura di questi abusi.
2) Temo che le gerarchie cattoliche vogliano “fare pulizia” e “passare ad
altro”, cioè chiudere il più presto possibile “l’incidente”con qualche
documento e qualche provvedimento d’urgenza. Non sto negando la necessità e
l’utilità di alcune dichiarazioni e di provvedimenti immediati. Ma si può
rischiare di perdere in tal modo un’altra occasione per un ripensamento ben più
ampio e radicale. L’intero “capitolo” della sessualità, dei sentimenti,
della corporeità, del celibato obbligatorio dei preti, del posto della donna
nella chiesa e della bioetica va ripensato. Senza questo coraggio di guardarsi
dentro, violentati i minori e abbandonati i “mostri” alla loro disperazione
e alla loro malattia, l’istituzione chiesa presumerebbe di presentarsi come
pulita e sana. Sarebbe illusorio, ipocrita e devastante perché fotograferebbe
una realtà ecclesiale incapace di rigenerarsi. E’ la percezione di questo
stile ecclesiastico che lascia insoddisfatti quanti esigono dalle gerarchie
cattoliche una piena ammissione delle loro connivenze e delle loro complicità.
3) Ogni giorno, guardando con affettuosa preoccupazione alla mia chiesa, la vedo
come una casa chiusa, sempre più chiusa. Manca l’aria e il clima diventa
irrespirabile. Avverto la pesantezza dell’ambiente e la rarefazione
dell’ossigeno, tipica dei luoghi chiusi. Mancano i raggi di sole, le finestre
aperte, il rumore della strada, i passi e le voci che rallegrano una casa e la
rendono abitata da cuori palpitanti e da teste pensanti. Questa mia cara chiesa
è sempre meno una casa. Si è trasformata progressivamente in una fortezza, in
un palazzo vetusto dal quale, secondo un rituale sacro e cortigiano,
s’affacciano dei principi regnanti a salutare il popolo, a sollecitare
riverenza, applausi ed obbedienza. Il vecchio sovrano ripete “antifone”
fuori del tempo che ripropongono i quadri delle segrete stanze e i tesori del
museo. Nel palazzo le funzioni, i gradi e le sacre “acconciature” nascondono
le persone. Si predica molto la “santità” e si cura poco la “sanità”.
Nel palazzo ogni cosa deve fare bella mostra di sé, deve stare al suo posto.
Ogni “spostamento” viene guardato con sospetto, come un attentato
all’ordine stabilito. La ricerca è sorvegliata, i teologi e le teologhe
disturbano la pace e il silenzio. La libertà di parola e l’esercizio del
pensiero critico sono bollati come corrosivi perchè sollevano domande
inquietanti e vanno a rovistare negli angoli bui. Il palazzo ha bisogno di
addetti che siano fedeli esecutori degli ordini ricevuti. Nei corridoi del
palazzo si ascoltano bisbigli di gruppi contrapposti, tutti però intenti a
tranquillizzare il sovrano e a conquistare la sua fiducia. E’ inevitabile
–questo mi interessa segnalare- che in un fortilizio del genere, in una casa
così chiusa ed asfittica, ci si ammali gravemente e possa prosperare ogni
genere di contagio. Quando, anziché essere se stessi, si deve recitare una
parte, allora compaiono i trucchi, i nascondimenti, le ipocrisie, le
perversioni, le violenze…..Il guaio è che la pastorale cattolica ha dislocato
un po’ in tutto il mondo il palazzo vaticano in miniatura esportando così un
modello di chiesa patogeno. Non siamo alla disperazione! A mio avviso , il
rimedio esiste. Le chiese locali, le comunità parrocchiali, i centri di
spiritualità e le varie realtà comunitarie debbono evitare di riprodurre il
“palazzo” per diventare, invece, case vive,chiassose, ribelli,
disobbedienti, accoglienti, creative….Case sulla strada, con molta attenzione
e simpatia per tutti i viandanti, con il Vangelo in mano e soprattutto nel
cuore.