Profeta di povertà e laicità. Un libro ricorda Carlo Carretto a 100 anni dalla nascita

di Valerio Gigante

in “Adista” - Notizie - n. 17 del 27 febbraio 2010

100 anni fa, il 2 aprile del 1910, nasceva Carlo Carretto, tra maggiori i protagonisti di quella temperie politico ecclesiale che ha accompagnato le trasformazioni del dopoguerra ed ha alimentato e portato a (parziale) compimento l’evento conciliare. Ma Carretto è anche tra le personalità del movimento cattolico italiano che più hanno lasciato traccia nella Chiesa del post Concilio. Proprinel centenario della sua nascita, un libro di Gianni Di Santo (Carlo Carretto. Il profeta di Spello,

2010, pp. 175, 12 euro) ne ripercorre la vita, attraverso una ricostruzione puntuale degli eventi fondamentali che hanno scandito la sua vicenda umana, religiosa e politica, i ricordi di chi lo ha conosciuto, una lettura della sua corrispondenza privata, due testi inediti.  La narrazione si concentra soprattutto sul periodo successivo al 1946, anno in cui Carretto diviene presidente centrale della Gioventù Italiana di Azione Cattolica (Giac). Due anni dopo, nel settembre 1948, in occasione dell’80.mo anniversario della fondazione dell’Azione Cattolica, Carretto organizza una grande manifestazione dei giovani di Ac a Roma: è la famosa adunata dei 300mila “baschi verdi”. Dalla diversa funzione che quella nuova generazione di giovani cattolici avrebbe dovuto avere nella Chiesa e nella società italiana nasce la frattura con Luigi Gedda (a quel tempo presidente del ramo maschile di Ac), che intendeva imprimere all’associazione una forte svolta in senso conservatore e clericale, soprattutto in seguito all’esito delle elezioni dell’aprile di quell’anno ed al rapporto sempre più teso tra le istituzioni ecclesiastiche e la sinistra di ispirazione marxista (e infatti nel 1949 arrivò, puntuale, la scomunica di Pio XII ai comunisti). “Noi avevamo - racconta nel libro uno dei ‘compagni di viaggio di Carretto, fratel Arturo Paoli - una visione laica dell’impegno temporale dei cattolici nella vita pubblica. Altri, compreso Gedda, un po’ meno”: “A quel tempo i giovani cattolici erano visti come coloro che dovevano amare e voler bene al Papa. E basta. Ciò era il retaggio di un certo anticlericalismo vissuto sulla breccia di Porta Pia. I giovani cattolici dovevano difendere il Papa da questi attacchi”. Invece, spiega Paoli, “con Carlo capimmo subito che si poteva fare di più: preparare i giovani a impegnarsi nella costruzione del regno di Dio, qui, oggi, sulla terra”. Per questo “reclutammo i migliori giovani in giro per l’Italia”. Tra loro “Umberto Eco, Pietro Pfanner, Cesare Graziani, Emanuele Milano, Luciano Tavazza, Wladimiro Dorigo, tutta gente con qualità intellettuali e cominciammo a scrivere e a cambiare le nostre riviste, i giornali dell’associazione. Furono anni bellissimi. Il nostro Gioventù era il miglior giornale dei giovani che si potesse leggere in Italia. Nuove rubriche di spiritualità, editoriali sulla politica, sulla società civile, notizie”.

Una visione del ruolo del laicato cattolico nell’Italia del dopoguerra che portò Carretto in rotta di collisione con il papa stesso: “Certi episodi - racconta ancora Paoli nel libro - sono rimasti famosi: ricordo, per esempio, che qualche volta il papa lo mandava a chiamare per rimproverargli certe intemperanze di alcuni giovani dell’Ac. Quando gli chiedevamo come era andata la visita, lui rispondeva sempre ‘benissimo’, gli brillavano gli occhi, ma noi sapevamo che dovevano passare un po’ di ore prima che ci dicesse anche delle osservazioni critiche; comunque minimizzava, ma da altre vie sapevamo che il papa era stato anche piuttosto duro con lui. Cominciavano tempi difficili e Carlo li sentiva molto”. Ma Carretto tirava dritto per la sua strada. Fino a quando nel 1952 si trovò nell’impossibilità di proseguire con coerenza il suo impegno in Ac. Si dimise e nel 1954, avvicinatosi alla spiritualità di Charles de Foucault, divenne Piccolo Fratello del Vangelo. Dopo alcuni anni trascorsi in eremitaggio in Algeria, nel deserto del Sahara, nel 1965 si trasferì a Spello, in Umbria, dove diede vita ad una originalissima fraternità di preghiera e di accoglienza. Spello divenne così meta di migliaia di persone (soprattutto giovani), credenti e non, desiderose di un’esperienza di fede vissuta attraverso un’intensa (ma non “disincarnata”) spiritualità, vita comunitaria, povertà, lavoro manuale e condivisione. Spello fu però anche un importante luogo di riflessione ed azione politica ed ecclesiale, soprattutto grazie agli stimoli di Carretto, che anche dal suo eremo umbro non rinunciò mai ad intervenire sui più scottanti temi di attualità. Il libro ripercorre quelle prese di posizione: dai richiami alla povertà nella Chiesa, all’opposizione alla guerra, all’adesione al gruppo dei “cattolici per il No” che difesero nel 1974 il diritto al divorzio (“Voterò ‘No’ – scrisse in una intensa Preghiera sul referendum, pubblicata sulla Stampa il 7 maggio 1974 – perché spero che dopo una buona lezione ricevuta sarà l’ultima volta che noi cattolici oseremo presentarci in pubblico come difensori di un passato compromesso e senza l’afflato della profezia e dell’amore per l’uomo”). Fino alla Lettera a Pietro, nella quale Carretto interveniva per sostenere la “scelta religiosa” dell’Azione Cattolica, fortemente minacciata dall’azione pastorale di Giovanni Paolo II e dalle critiche del papa alla presidenza di Alberto Monticone.