L'età moderna e la religione

di Adriano Prosperi

“la Repubblica” del 29 giugno 2010

Anticipiamo un brano dell' introduzione di Adriano Prosperi al suo "Eresie e devozioni. La religione italiana in età Moderna", raccolta di studi storici pubblicata da "Edizioni di Storia e Letteratura" Queste ricerche riguardano una fase storica di conflitti religiosi nati dai contrasti e dai dubbi su quale dovesse essere la religione della popolazione della penisola. Solo il modo e i mezzi con cui furono regolati i rapporti di forza dovevano decidere i lineamenti futuri di tale religione, quelli che dovevano diventare abituali e familiari alle generazioni dei secoli successivi. Il campo dove si è svolto il lavoro è quello compreso tra la fine del ' 400 e l' età del Concilio di Trento e della Controriforma. Un' età lontana nel tempo ma fin troppo vicina per una ragione molto semplice: l' unità del popolo italiano ha una radice nel cattolicesimo tridentino e nella pratica sociale delle forme rituali e istituzionali in cui si esprime l' appartenenza a una religione. L' Italia appariva a Alessandro Manzoni «una d' altare»: e la definizione continua a risultare esatta. Così come accadeva ieri ai coscritti dell' esercito nazionale di leva, ancor oggi gli italiani continuano a essere censiti meccanicamente come cattolici a prescindere dalle loro convinzioni e dalle pratiche in cui si manifesta la loro religiosità, anzi evitando in ogni modo di inquietarne il senso di conformità per non dire il conformismo di quella religione «sociologica» che ha preso da secoli il posto della scelta di coscienza individuale. Hanno ragione i teologi cattolici quando ci ricordano che nessuno nasce cristiano perché, a differenza di ebrei e islamici, è il battesimo individuale a rendere cristiano chi lo riceve. Ma in Italia - e non solo in Italia - il battesimo non è più da secoli la scelta dell' adulto che si converte, come lo fu per Sant' Agostino. In Italia e nelle società a maggioranza cattolica il battesimo si amministra ai neonati ed è, insieme alla prima comunione, al matrimonio e ai funerali, un rito di passaggio entrato nel costume collettivo dal quale ci si può dissociare solo a prezzo di scelte meditate e socialmente impopolari. L' «altare» manzoniano è un sistema di riti e di pratiche che inquadrano la vita sociale senza richiedere lo sforzo di una scelta consapevole di fede personale. Intorno alla chiesa si svolgono forme politiche e sociali di solidarietà e di controllo la cui genesi o giustificazione religiosa ha cessato da tempo di sembrare problematica e di richiedere un consenso meditato dei singoli. Proprio per questo valore di cemento sociale il cattolicesimo italiano appare come un tesoro di incalcolabile valore a chi tenta la scalata al potere politico coi mezzi democratici del voto o col plebiscito e i sondaggi d' opinione: da ciò nascono quelle che a prima vista possono apparire come strane contraddizioni, qual è la difesa da parte di movimenti e partiti neopagani della presenza del crocifisso nei luoghi pubblici (scuole, aule di giustizia) o quella dell' insegnamento obbligatorio della religione cattolica nella scuola pubblica. Chi sostiene scelte del genere lo fa in nome della trasformazione ormai avvenuta di quei simboli religiosi in arredi civili e di quei precetti teologici in un misto di cultura popolare e norme di buona creanza. Questo è il prezzo pagato dalla Chiesa cattolica per iscriversi nell' ambiente italiano come un dato di natura più che di cultura. Non è stata una scelta esclusiva e riservata all' Italia. Anche in altri paesi e in altre culture la Chiesa come potere e come cultura ha proposto una scelta di questo genere, perseguendo la politica dei concordati e offrendosi come garante della pubblica tranquillità e dell' obbedienza del popolo ai poteri costituiti. Come osservò Fiodor Dostoevskij, un ritorno di Gesù Cristo sulla terra incontrerebbe sempre il fermo diniego di un qualche Grande Inquisitore in nome della tutela dell' ordine pubblico e dell' assetto esistente. Né si deve invidiare la condizione di quei paesi dove una minoranza cristiana soffre intolleranze e persecuzioni. Ma il problema nasce quando la presenza egemonica di una confessione religiosa si traduce in pulsioni di intolleranza e di prevaricazione sui diritti individuali dei cittadini. In altre culture europee l' eredità delle guerre di religione ha lasciato nella costituzione politica e nella coscienza pubblica un sedimento importante che in Italia è mancato: la concezione dello spazio pubblico come distinto e separato dalle private convinzioni religiose. Su quel terreno è nata una cultura dei diritti che oggi, attraverso gli organismi internazionali, scopre quotidiane occasioni di conflitto con la prassi prima e più ancora che col diritto vigente in Italia, dove l' ingresso nella Costituzione repubblicana di solenni affermazioni in materia di diritti stenta a tradursi in regole effettive. La questione si riapre oggi per il semplice fatto che la religione cattolica come forza collettiva governata da autorità centrali è scossa in profondità dal conflitto tra l' assetto arcaico di un corpo sacerdotale gerarchicamente ordinato e determinato a guidare i comportamenti e le convinzioni dei singoli e, dall' altro lato, quell' apertura ai valori affermatisi anche in Italia contro di esso - la libertà di coscienza, la difesa dei diritti individuali di disporre della propria vita - che si è diffusa tra i laici cattolici e si è fatta strada tra le voci e nei documenti del concilio Vaticano II