Protezione e benedizione
di Marco Politi
“il Fatto Quotidiano” del 10 marzo 2010
Puntuale l’assist
vaticano a Bertolaso al culmine del gigantesco scandalo di corruzione,
che scuote una volta di più la credibilità del sistema Berlusconi e disgusta
larghi settori del mondo cattolico. Immediata la presa di distanza dei
vertici Cei dal vescovo mons. Mogavero, che aveva denunciato
l’arroganza del decreto salva-Pdl del Cavaliere. “
Era appena diffusa la nota della Segreteria di Stato, con cui si negava che Benedetto XVI non fosse stato pienamente aggiornato sugli attacchi allusivi di Feltri al direttore dell’Osservatore Romano Vian e allo stesso cardinale Bertone riguardo al caso Boffo, quando all’indirizzo del Vaticano giungeva una clamorosa smentita. “Il Santo Padre è sempre stato informato”, proclamava la nota. Pochi giorni dopo Repubblica mostrava la rassegna stampa papale opportunamente edulcorata.
Il problema principale è che nell’appartamento papale, dove per le notizie del giorno si vede principalmente – anche se non solo – il Tg1, Benedetto XVI riceve pochissima gente tranne i suoi più stretti collaboratori. Per sua curiosità intellettuale Giovanni Paolo II invitava regolarmente, a pranzo o alla colazione del mattino, vescovi, preti, nunzi, professori, cattolici e non cattolici. Il che gli permetteva di formarsi un’opinione al di là dei canali interni vaticani.
Ratzinger ha abitudini sostanzialmente monacali, persino i nunzi – gli ambasciatori vaticani che di tanto in tanto capitano a Roma – si sono lamentati di non potere parlare liberamente con il pontefice. Il risultato è che Benedetto XVI riceve le notizie politiche nel format che corrisponde alla visione della Segreteria di Stato. E la linea del cardinale Bertone è che non si mette in discussione la sopravvivenza politica del Cavaliere e della sua maggioranza.
Si spiega così l’impressionante catena di gesti, che vanno al di là del tradizionale fair play tra Santa Sede e governi nazionali per tradursi in segnali pubblici di consenso.
Successe nel settembre scorso, quando Benedetto XVI in partenza per Praga accettò di incontrare Berlusconi a Ciampino, salutandolo con un caloroso “Che piacere rivederla” e regalandogli una photo-opportunity a pochi giorni della decapitazione del direttore di Avvenire Boffo, effettuata dal Giornale berlusconiano.
Si è ripetuto dopo l’attacco della Lega al cardinale Tettamanzi, quando il cardinale Bertone alla prima occasione ha lodato il leghista Cota per il “radicamento della Lega sul territorio” come se le volgarità all’indirizzo dell’arcivescovo di Milano non fossero esistite.
Le
parole di elogio del Papa a Bertolaso, all’udienza di sabato, sono
politicamente più gravi. Era scontato che il pontefice elogiasse
l’entusiasmo e l’impegno disinteressato dei volontari, ma non è innocua
l’aggiunta papale al testo preparato: “La ringrazio per tutto quello che fa
per la società civile e per noi”. Quel “tutto”, di cui deve rispondere
anche Bertolaso, comprende il “sistema gelatinoso”, che il giornale dei
vescovi Avvenire ha definito una “fogna peggio di Tangentopoli”. Ancora
domenica, pur riportando ampiamente l’udienza papale a Bertolaso, l’Avvenire
ricordava in un commento il “fango” venuto alla luce. Scrive l’Avvenire
che “si faccia pulizia e giustizia al più presto, non confondendo chi spala
il fango con chi il fango lo ha sparso a piene mani”. Accenti di
indignazione morale – pienamente condivisi dai lettori cattolici
del quotidiano – del tutto assenti nell’equipe, che ha
preparato il discorso ufficiale del Papa, e in quanti sembrano avergli suggerito
che Bertolaso è una persona ingiustamente accusata.
Precisamente la posizione di Berlusconi.
Si avverte
qui, come altre volte, che la linea della Segreteria di Stato bypassa
tranquillamente le preoccupazioni dei vescovi, del clero, del popolo cattolico
che l’Avvenire cerca di rappresentare. D’altronde non è dimenticata
l’intervista del settembre scorso con cui il direttore dell’Osservatore
Romano, in evidente sintonia con
La
benevolenza politica del Vaticano nei confronti del polo
berlusconiano si riflette nell’implicita rampogna alla denuncia di
mons. Mogavero e, d’altro lato, nella piena adesione al decreto salva-Pdl, cui
è costretto l’Avvenire, con il direttore a considerare inimmaginabile che
“per cause formali” si vada a “elezioni dimezzate” in Lombardia e nel
Lazio. E tuttavia il direttore di Avvenire Tarquinio rammenta
che gli elettori dovranno poi giudicare la qualità, anche organizzativa, delle
liste. Al di là di tutto si registra, però, nella Curia vaticana attuale un
deficit di analisi e di elaborazione della crisi italiana. C’era una volta,
accanto al Segretario di Stato, la figura – assai influente nella Prima
Repubblica – del suo vice: mons. Sostituto
come è chiamato in Vaticano. Sostituti come Benelli, tra gli anni Sessanta e
Settanta, o come Re negli anni Novanta conoscevano perfettamente le sottigliezze
e i protagonisti della vita politica italiana. Sapevano influire, centellinando
le sfumature, ma anche dialogare a distanza persino con gli “avversari” di
sinistra. E sapevano fornire al pontefice un quadro sfaccettato
del panorama politico nazionale. Erano veri e propri “delegati” agli
affari d’Italia. In positivo e negativo.
Oggi il ruolo del Sostituto è completamente svuotato di questa funzione (problematica per l’Italia, ma preziosa per il formarsi della strategia papale). L’attuale Sostituto, mons. Filoni, è stato un brillante diplomatico a Hong Kong e in Iraq, ma nessun compito reale gli è affidato nel seguire il disfacimento di quell’Italia, che i pontefici – pastoralmente parlando – dovrebbero conoscere nei suoi travagli forse più di ogni altra nazione.