Se Bagnasco fa politica
di Paolo Flores d’Arcais
Il Fatto Quotidiano, 17 dicembre
2010
Cosa c’entrino “buona volontà e onestà” con lo sfacciato acquisto “un tanto al chilo”, prolungato urbi et orbi lungo tutto un mese, di uomini e donne che dovrebbero rappresentare la nazione, lo sa solo Iddio. Con questo ultimo “endorsement” al caro amico di Putin e Gheddafi, la Chiesa gerarchica ha toccato lo zenit nel suo pellegrinaggio di ritorno al costantinismo, calpestando tutte le aperture di laicità del Concilio Vaticano II e del “Papa buono” Giovanni XXIII.
In uno dei passi più noti del Vangelo (Luca, 16,13), Gesù di Galilea condanna l’avidità di ricchezze con il definitivo “voi non potete servire Dio e Mammona”, e in Italia non c’è nessuno che – con decenni di tetragona coerenza nei comportamenti pubblici e privati – abbia dimostrato di rappresentare e incarnare i (dis)valori di Mammona meglio del signor Berlusconi da Arcore. Ma al capo dei vescovi italiani, la smisurata ed esibita corruzione del potere e del danaro, imposta dal malgoverno di regime come supremo criterio di valutazione morale, sembra invece rappresentare un giulebbe di onestà e buona volontà.
Non è possibile credere che tutta la Chiesa italiana condivida tanto oltranzismo filo-berlusconiano. Certo, ci sono i “preti in prima linea”, che hanno il coraggio di condannare il “pranzo dell’ignominia con Berlusconi” e lo “scandalo della gerarchia cattolica che si è inginocchiata alla mensa della corruzione, ha offerto corruttele e in cambio ha ricevuto soldi di peccato, leggi arraffa” per concludere con un “Bagnasco, Bertone, Ruini. Liberaci, o Signore!” (don Paolo Farinella). Ma anche nella Chiesa gerarchica, tra i vescovi, possibile che i tanti che in privato sussurrano gli stessi giudizi, abbiano deciso di ridursi a una volontaria “Chiesa del silenzio”?