La
sindone e la religione dei primi cristiani
di Mauro Pesce
Dal sito
web “La poesia e lo spirito” Posted by mauropesce on April 18, 2010
I Vangeli di Marco,
Luca, Matteo e il vangelo degli Ebrei parlano di un lenzuolo in
cui Gesù fu avvolto. Pubblico un’analisi di questi testi sul prossimo numero
di Micromega, ma qui vorrei parlare del quarto vangelo contenuto nel
canone del Nuovo testamento, quello detto di Giovanni (19,38 –
20,10), il quale scrive abbastanza diversamente dagli altri. Non è solo
Giuseppe di Arimatea che si fa dare il cadavere di Gesù da Pilato, ma anche
Nicodemo. Ambedue avvolgono il cadavere di Gesù, ma non in una sindôn,
bensi – al plurale – in othoniois. Per giunta, il Vangelo di
Marco sostiene che
“passato il sabato, Maria
di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a
imbalsamare Gesù”
e così pure dice Luca:
«il primo giorno dopo il sabato, di buon mattino, si recarono alla tomba,
portando con sé gli aromi che avevano preparato» . Giovanni invece pensa che
il cadavere di Gesù sia stato già profumato e unto da Giuseppe di Arimatea e
Nicodemo. In Giovanni è solo Maria Maddalena che va al sepolcro e non
altre donne come in Marco, in Luca e Matteo.
Quando Maria di Magdala
arriva, il sepolcro è già aperto (come in Marco e non ancora chiuso come in
Matteo):
Dopo questi fatti, Giuseppe
d’Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei,
chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli
andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo, quello che in
precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe
di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo
avvolsero in panni (othonia) insieme con oli aromatici, com’è
usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era
un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora
deposto. Là dunque deposero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei,
poiché quel sepolcro era vicino. Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala
si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la
pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e
dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato
via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Uscì allora
Simon Pietro insieme all’altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano
insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse
per primo al sepolcro. Chinatosi, vide i panni (othonia)
per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo
seguiva ed entrò nel sepolcro e vide i panni (othonia) per terra, e il sudario (soudarion),
che gli era stato posto sul capo, non per terra con i panni (othoniôn),
ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro
discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano
infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai
morti. I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
In sostanza, il Vangelo
di Giovanni è coerente nell’affermare che il cadavere di Gesù fosse
stato avvolto in lenzuola al plurale (othonia). Aggiunge che nella
tomba c’era anche piegata a parte un soudarion he «era stato posto
sul capo» di Gesù. È interessante che il Vangelo di Giovanni quando
parla al capitolo 11,44 delle fasciature del cadavere di Lazzaro menziona delle keiriai
(bende che sarebbero sulle mani e suoi piedi) e non degli othonia
(panni grandi o lenzuola).
Sia le lenzuola che il soudarion sarebbero stati visti sia da Pietro
sia dal discepolo amato e da nessun altro. Nessuno dei due, però, si badi bene,
portò via lenzuola e sudario.
Anche in questo caso la descrizione, puntigliosa, di Giovanni non dice
affatto che il volto e il corpo di Gesù fossero impressi sulle lenzuola e /o
sul soudarion. Una cosa simile non avrebbe potuto sfuggire al loro
sguardo. Secondo il racconto il soudarion era accuratamente ripiegato e
posto in un luogo diverso rispetto alle lenzuola, Ciò significa che, secondo
l’autore del testo, il discepolo amato ha guardato accuratamente questi panni.
Su di essi, evidentemente, non vi era alcun segno dell’immagine di Gesù.
Quindi anche questo testo porta ad escludere che la sindone di Torino coincida
con quella di cui parla il Vangelo di Giovanni.
Il Vangelo di Giovanni è di estrema importanza nel nostro contesto. Mi
riferisco alla scena in cui Gesù, ormai risuscitato, appare per la terza volta:
Otto giorni dopo i
discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù,
a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». Poi disse a
Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e
mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». Rispose
Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto,
hai creduto: beati i non vedenti (mê idontes) e credenti!» (Gv 20,
26-29).
Tommaso ha bisogno di
rendersi conto che il corpo che gli appare come vivo sia veramente il corpo
ucciso di Gesù e perciò vuole toccare le ferita inferta dalla lancia
sul costato. Il problema è il seguente: come si fa a credere se non si vede e
non si constata personalmente che il corpo morto di Gesù sia stato veramente
risuscitato. La risposta è chiara:
Gesù gli disse: «Perché
mi hai veduto, hai creduto: beati i non vedenti (mê idontes) e credenti!» (cioè: beati coloro che credono
pur non vedendo).
Alla fede non importa la
vista e tanto meno il tatto (il mettere la mano sulla ferita per constatare che
veramente che si tratta di un corpo che è stato ferito ed ucciso). Alla
fede si deve arrivare senza la vista e il tatto: «beati quelli che pur non
vedendo credono». Se i discepoli avessero posseduto il lenzuolo in cui il
cadavere di Gesù era stato avvolto nel quale l’immagine del volto e del corpo
ferito fosse stato impresso, sarebbe stato per loro molto facile affermare: per
credere basta vedere il lenzuolo. Oppure: se avessero pensato che la fede si
basa sulla vista e sul tatto avrebbero fatto ricorso a questo lenzuolo (se lo
avessero posseduto).
Ma il testo mostra chiaramente: (1) che non avevano alcun lenzuolo e (2) che non
pensavano affatto che l’immagine del corpo di Gesù fosse rimasta impressa su
un lenzuolo e (3) soprattutto non pensavano affatto che un lenzuolo con
l’immagine del corpo morto di Gesù servisse a fondare la fede.
Di più. Al capitolo 4 (vv.
19-24) il Vangelo di Giovanni afferma:
«Credimi, donna, è giunto
il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.
… Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il
Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è
spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità».
La fede e il vero culto a
Dio non consiste nell’adorare Dio in un luogo e tanto meno in un oggetto. Non
ha bisogno di oggetti, templi e luoghi. È un culto interiore che avviene nello
Spirito e tramite lo Spirito. Il contatto con Gesù, ritenuto assolutamente
necessario per il Vangelo di Giovanni (“senza di me non potete fare
nulla»; «io sono la vite e voi i tralci»), implica un contatto interiore
tramite lo Spirito di Gesù con Dio stesso. Nulla è più lontano dalla
religione del Vangelo di Giovanni di una religiosità che valorizza un
oggetto come la sindone.
Il lenzuolo del cadavere di Gesù non serve, non lo si conserva, non lo si
mostra e non lo si propone come oggetto utile per la fede perché la fede
consiste in una presenza dello Spirito nell’interiorità dell’uomo, in un
culto in spirito e verità che non ha bisogno di luoghi. Laddove c’è bisogno
di spostarsi per trovare il sacro, ebbene lì non c’è l’adorazione in
spirito e verità: «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo
monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre».
Di più: è stato
più volte sottolineata da parte dei commentatori del Vangelo di
Giovanni quale sia la natura della ‘fede’ del discepolo amato che entra
nel sepolcro e constata che nelle lenzuola e nel soudarion non c’è
più il corpo di Gesù. Il racconto dice che egli «vide e credette» e questo
è detto solo di lui. «Il discepolo amato perviene alla fede perfetta. Egli non
solo credette senza avere visto Gesù (risorto), ma non ebbe neppure bisogno
dell’aiuto delle Scritture» ebraiche le quali rettamente interpretate
condurrebbero alla certezza che Gesù «doveva risuscitare dai morti» (Gv 20,
8) (commento di R.E. Brown). Anche questo mostra quanto sia estranea al mondo
religioso del Vangelo di Giovanni una spiritualità che dà rilievo
religioso alla contemplazione di un lenzuolo su cui sarebbe impresso il volto e
il corpo di Gesù.
Si potrebbe infine
aggiungere che i diversi commenti al Vangelo di Giovanni scritti nella
chiesa antica, per secoli, quando hanno commentato i passi del capitolo
Cosa è credere per il cristianesimo primitivo?
Un parte rilevante della fede del primissimo cristianesimo è espressa da
un testo che forse riflette addirittura una formula di fede, una delle più
antiche:
Vi rendo noto, fratelli, il
vangelo che vi ho annunziato e che voi avete ricevuto, nel quale restate saldi,
e dal quale anche ricevete la salvezza, se lo mantenete in quella forma in cui
ve l’ho annunziato. Altrimenti, avreste creduto invano! Vi ho trasmesso
dunque, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto: che cioè Cristo morì per
i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato il terzo
giorno secondo le Scritture (1 Cor 15, 1-5).
Il testo è tratto
dalla Prima lettera ai Corinzi di Paolo che è stata scritta
all’incirca nella prima metà degli anni Cinquanta del primo secolo. Paolo
afferma che la fede consiste nel credere in Gesù Cristo, morto per salvare gli
uomini dai loro peccati, e nella sua risurrezione. Il credere comporta
un’adesione interiore, una disposizione ad accettare il perdono offerto da Dio
mediante la morte e risurrezione di Cristo, un perdono rivolto soprattutto ai
peccatori mentre sono ancora peccatori, e indipendentemente dalle loro opere.
Dio salva l’uomo, mediante Cristo, quando l’uomo gli è ancora nemico (Lettera
ai Romani cap. 5). Nessun oggetto sacro ha funzione alcuna nella fede
protocristiana, nessuna forma di pellegrinaggio, di venerazione o contemplazione
di immagini. La certezza della risurrezione è data dallo Spirito Santo che
grida nel cuore stesso dell’uomo e gli permette di invocarlo con il nome
intimo e diretto di Abba.
L’immagine di Cristo, secondo Paolo nella Seconda lettera ai Corinzi
(2 Cor 3,17-18) è solo la parola del vangelo (non qualcosa di impresso su un
pezzo di stoffa). Quando il vangelo viene predicato, si imprime nel cuore
dell’uomo l’immagine di Cristo il quale è immagine di Dio e perciò,
mediante lo Spirito santo che si inserisce nel cuore dell’uomo, il singolo
uomo è trasformato in immagine di Cristo e quindi in immagine di Dio,
restaurando in qualche modo la situazione umana originaria in cui l’uomo era
stato creato ad immagine di Dio:
«Il Signore è lo Spirito
e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà. E noi tutti, a viso
scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo
trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione
dello Spirito del Signore».
Il cristianesimo primitivo
non aveva bisogno alcuno di un lenzuolo con un’immagine di Cristo impressa. Il
bisogno di statue, di oggetti e immagini sacre era invece caratteristico della
religiosità cosiddetta “pagana” di allora. Anche se i cosiddetti pagani
sapevano bene che le loro statue non coincidevano con la divinità che
rappresentavano.
Il cristianesimo primitivo era una religione della parola e dello spirito. Non
creò mai oggetti in cui trovare materializzata la propria fede. L’unica
forma di materializzazione creata dal cristianesimo primitivo furono testi, ma
solo come espressione di una Parola trascendente e non materializzabile, se non
nel contatto mistico tra uomo o donna e Dio.
Nessuno dei Vangeli e
nessuno dei testi cristiani prodotti nel I secolo dice che qualcuno dei
discepoli di Gesù andò nella tomba di Gesù a ricuperare il lenzuolo
in cui egli era stato avvolto. Nessun testo delle origini cristiane ci dice che
qualche cristiano andasse alla ricerca di questo lenzuolo.
Nessun testo delle origini
cristiane ci dice che i cristiani delle origini conservassero da qualche parte
questo lenzuolo.
Nessun testo delle origini cristiane ci dice che i cristiani usassero, per scopi
religiosi, o per qualsiasi altro scopo, un lenzuolo con l’immagine del volto e
del corpo di Gesù.
Per tutti questi motivi, l’uso attuale che la chiesa cattolica permette e
promuove della “sindone” a scopi religiosi mi sembra contrario alla
religione del cristianesimo primitivo e al suo spirito.
I discepoli storici di Gesù dopo
la sua morte non ebbero bisogno della sindone, non ne ebbe bisogno la chiesa
antica. Oggi non ce n’è bisogno per la fede cristiana. Ma, allora, a cosa
serve la sindone? Che tipo di religione esprime o suggerisce alle folle, ai
credenti e ai non credenti? Perché non torniamo a Gesù e alla sua fede pura?