Aldo Maria Valli (giornalista RAI)
da Mosaico di pace - luglio 2010
Anche se oggi è piuttosto arduo identificare i profili delle
diverse proposte politiche in campo in Italia, si può dire, con sufficiente
sicurezza, che non ce n’è una oggettivamente più anticristiana e
anticattolica di quella rappresentata dalla Lega Nord.
Sia sul piano dei contenuti sia su quello dei simboli (che in politica contano
parecchio), la Lega sviluppa suggestioni, esprime un pensiero e dà corpo a un
insieme di iniziative che vanno nella direzione opposta rispetto al messaggio
evangelico.
Se il Vangelo di Cristo è accoglienza, solidarietà, amore per il prossimo,
giustizia, uguaglianza, misericordia, compassione e fiducia, la Lega nasce e si
propaga predicando esclusione, diffidenza, separazione, condanna, razzismo (nel
senso tecnico di convinzione secondo la quale esistono genti le cui attitudini e
capacità sono superiori a quelle di altre), nonché una buona dose di paura
fondata sull’evocazione di una minaccia costante.
Bossi e i suoi non solo non hanno mai fatto nulla per nascondere o camuffare
questi contenuti ideologici, ma hanno sfruttato ogni occasione per metterli in
mostra accentuandone i tratti, anche dialetticamente, nel modo più aggressivo.
Basti pensare agli attacchi del senatùr a Giovani Paolo II, come nel
1997, quando disse che “il papa polacco pensa solo al potere di Roma” e
“ha investito nel potere dimenticando il suo magistero di spiritualità e di
evangelizzazione”. Affermazioni, lo ricordiamo, benedette da don Gianni Baget
Bozzo, che parlò di Bossi come di un leader carismatico che “gode di
un consenso metapolitico, quasi spirituale”.
L’armamentario simbolico della Lega (con le ampolle piene di acqua del dio Po,
le adunate sul pratone di Pontida, i giuramenti di fedeltà in stile medievale)
è stato escogitato in coerenza per dare supporto e rafforzare questa ideologia
anticattolica.
RELIGIONE PAGANA
Una riflessione va fatta, a questo proposito, sul paganesimo della Lega (o
meglio il neopaganesimo), del quale ogni tanto si parla in tono scherzoso, quasi
si trattasse di un corollario di solo folklore, e che riguarda invece
l’ispirazione e l’anima profonda della proposta leghista in senso culturale
prima ancora che politico. Non bisogna dimenticare che evocando e riproponendo,
magari in forma confusa ma non per questo meno coinvolgente, le tradizioni
celtiche e i miti ad esse collegate, la Lega si rifà all’epoca precristiana. Cristo
e il Vangelo sono eliminati dall’orizzonte. La proposta è di tornare a
una fase precedente e di ancorare ad essa la possibilità di una rinascita per
popoli e territori che, in base alla logica amico-nemico propria di ogni
obbligazione ideologica forte, hanno bisogno di riscatto combattendo contro un
oppressore ingiusto e cattivo.
Forse quando innalzano vessilli con la croce celtica e il sole delle Alpi o
accendono falò propiziatori non tutti i leghisti sono consapevoli di quel che
fanno e del perché lo fanno. Tuttavia il richiamo al paganesimo dà
un’identità all’intero movimento. Ed è un’identità anticristiana.
Basti pensare alla percezione mistica della natura (l’acqua del dio Po,
appunto), che non solo rafforza il vincolo con il territorio, ma fa di quello
stesso territorio la divinità da servire e per la quale combattere. Messaggio
lontanissimo dalla rivoluzione cristiana che, al contrario, libera l’uomo
dalle appartenenze terrene per trasformarlo in un cittadino (si ricordi la Lettera
a Diogneto) che vive in questo mondo senza essere di questo
mondo.
Non dimentichiamo che cattolico vuol dire universale e che nulla è più
contrario al cattolicesimo di un messaggio che affida la costruzione
dell’identità al fatto territoriale. Anche nel cattolicesimo ci sono le
tradizioni locali (per esempio, il rito ambrosiano o i riti orientali), ma il
locale è vissuto in funzione dell’universale, come manifestazione particolare
di un’appartenenza ben più ampia.
Se dall’osservazione di questa cornice teorica e simbolica ci spingiamo sul
piano delle scelte concrete, vediamo che l’anticristianesimo leghista è
puntualmente e ripetutamente confermato. In un’epoca storica che vede nel
multiculturalismo e nel processo di meticciato delle civiltà uno dei fenomeni
sociali al tempo stesso più rapidi e più vasti dei quali siamo testimoni, il
messaggio della Lega spicca per il rifiuto della contaminazione, vissuta non
solo come indebolimento culturale, ma come attentato a legittimi interessi. E
dentro questo ambito la religione è utilizzata al servizio dell’ideologia,
per seminare contrasto e diffondere paura. Se infatti la Chiesa cattolica,
specie alla luce del Concilio Vaticano II, insegna che il dialogo fraterno, pur
nella consapevolezza delle diverse peculiarità, è l’unica strada costruttiva
verso la pace in un mondo nel quale le barriere vengono meno e le comunicazioni
avvicinano uomini e popoli, ecco che la Lega propone di alzare steccati e usa
l’idea di identità non per metterla al servizio di un confronto pacifico ma
in un’ottica che richiama quella della pulizia etnica: qui dove siamo noi può
esserci solo la nostra religione. Affermazione che rende evidente come la
religione sia usata strumentalmente quale mezzo di affermazione di
un’appartenenza territoriale. Proprio il contrario di quanto fa il cristiano,
che mette l’appartenenza territoriale al servizio della religione.
CATTOCOMUNISTI
Rivelatrice è la durezza con la quale la Lega Nord attacca l’arcivescovo di
Milano Dionigi Tettamanzi per quanto riguarda il rapporto con le altre religioni
e in particolare con l’islam. Che cosa ha fatto in questi anni Tettamanzi? In
quanto pastore di una diocesi e di una metropoli in cui il multiculturalismo è
sempre di più un dato di fatto in espansione e il pluralismo religioso è ormai
incontrovertibile, il cardinale, in coerenza con quella tradizione di
accoglienza e di apertura che fa parte del dna culturale e spirituale
ambrosiano, ha rivendicato ripetutamente e per tutti il diritto di pregare
secondo la propria fede, affermando che tale diritto, se esercitato senza
infrangere le norme che regolano la vita civile, rientra tra quelli fondamentali
della persona e delle comunità. Ma tutto ciò per la Lega è inaccettabile. Il
cardinale Tettamanzi “si fa promotore di una propagazione dell’islam sotto
la Madonnina”, accusa il movimento di Bossi.
Negli ultimi anni il principale terreno di scontro tra la Chiesa cattolica e
la Lega Nord è stato quello dell’immigrazione. Uno dei momenti più
infuocati della polemica si registra nell’estate del 2009, quando mons.
Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti, scrive
sulla rivista americana Jurist che la nuova legge italiana
sull’immigrazione, trasformando l’immigrazione irregolare in un reato
penale, rappresenta un “peccato originale” perché l’introduzione del
reato di clandestinità “ha significative ripercussioni nella vita concreta
del migrante e della sua famiglia”.
In pratica, sostiene Marchetto, migliaia di persone, tra le quali donne e
bambini, vanno incontro a una sorte di emarginazione e di pericolo. Ma Roberto
Cota, all’epoca capogruppo leghista alla Camera, risponde (con qualche
sgrammaticatura) in modo borioso: “Le dichiarazioni di monsignor Marchetto
sono espressione di un pregiudizio politico e non hanno nulla di religioso. Chi
parla così sono i soliti che qualcuno definisce cattocomunisti e che in
realtà hanno perso il catto e sono comunisti. Il monsignore si sta
esercitando nell’invenzione di comandamenti senza averne l’autorità”.
Quel “non hanno nulla di religioso” è significativo. Indica una nuova fase
della Lega: non solo contestare la Chiesa, ma proporsi come vera interprete del
messaggio cristiano, contro una gerarchia romana che non ha legittimità in
quanto corrotta proprio perché romana. Del resto Bossi, a modo suo, l’aveva
detto già qualche anno prima parlando dei “vescovoni” e della Caritas come
dei “veri razzisti che agiscono per un solo scopo: cambiare il mondo a loro
piacere per riempirsi il portafoglio”.
Facendosi forte del ruolo governativo, la Lega è arrivata anche alle minacce.
È dell’agosto 2009 un articolo della Padania che, dopo le dure
critiche di Famiglia cristiana nei confronti di Renzo Bossi, figlio di
Umberto, e del suo gioco Rimbalza il clandestino ideato su Facebook, e
dopo gli ennesimi richiami del Vaticano contro la politica del governo in
materia di immigrazione, spara contro le “ingerenze” delle gerarchie
ecclesiastiche e ammonisce: se i rapporti andranno avanti così, “bisognerà
inserire nell’agenda delle riforme anche una revisione di Concordato e Patti
lateranensi”.
La Lega sembra dimenticare del tutto che non molti decenni fa anche dalle terre
del Nord Italia partivano immigrati verso altri Paesi europei e le Americhe e
che la loro sorte era spesso di sofferenza e di miseria a causa delle difficoltà
nell’inserimento. E sembra ignorare completamente che la Chiesa all’epoca si
attrezzò, nel segno del Vangelo, dando vita a un’azione missionaria al
servizio dei nostri emigranti. La memoria storica non è il punto forte del
movimento leghista.
Stando così le cose, è quanto meno sbalorditivo che la Lega abbia sia elettori
sia alleati cattolici. Ma ancor più sbalorditivo è che tra le stesse gerarchie
vaticane siano arrivate di recente formidabili aperture di credito nei confronti
di Bossi e del suo movimento.
La Lega al Nord attua “un presidio del territorio” che una volta “era
appannaggio di vescovi e parroci”, ha detto il cardinale Tarcisio Bertone,
segretario di Stato della Santa Sede, prima delle elezioni regionali 2010. E
subito dopo il voto, che ha visto la Lega trionfare e conquistare anche il
Piemonte oltre a Lombardia e Veneto con percentuali che un tempo erano della
Democrazia Cristiana, ecco la benedizione di monsignor Rino Fisichella,
presidente della Pontificia accademia per la vita, che al Corriere della sera
del 30 marzo dichiara: “Anzitutto credo che dobbiamo prendere atto
dell’affermarsi della Lega, della sua presenza ormai più che ventennale in
Parlamento, di un radicamento nel territorio che le permette di sentire più
direttamente alcuni problemi presenti nel tessuto sociale. Quanto ai problemi
etici, mi pare che manifesti una piena condivisione con il pensiero della
Chiesa. Sull’immigrazione bisognerà essere capaci di saper coniugare le
esigenze dei cittadini e quelle del mondo del lavoro”.
La “piena condivisione” con la Chiesa riguarda i veti sulla pillola abortiva
ru486 lanciati all’indomani del voto dai neogovernatori leghisti di Piemonte e
Veneto, Cota e Zaia. Decisioni arrivate dopo un’attenta strategia di
riavvicinamento al Vaticano condotta da Bossi recandosi, fra l’altro, in
visita al presidente della Cei cardinale Bagnasco e allo stesso cardinale
Bertone.
A questo punto occorre chiedersi: perché queste mosse della Lega? E, d’altro
canto, perché le aperture della Chiesa?
La prima risposta è la più facile. Certamente Bossi, dimenticate in fretta le
intemperanze del passato contro il papa e i vescovi, sta cercando di conquistare
terreno nel rapporto con la Chiesa sottraendolo a Berlusconi, per accreditarsi
ancora di più come forza fondamentale nella coalizione di centrodestra. Di qui
la sua repentina “conversione” (una delle tante, del resto) che gli ha
permesso di entrare nelle sacre stanze a dispetto dei riti celtici, del
neopaganesimo e dei ripetuti insulti scagliati contro la Chiesa. Più difficile
è rispondere alla seconda domanda. Il cardinale Bagnasco, additando il rispetto
per la vita come valore “non negoziabile” in vista del voto, ha sicuramente
contribuito a indirizzare molti consensi verso la Lega degli antiabortisti
dichiarati Cota e Zaia. Con simili indicazioni e aperture, le gerarchie sembrano
cercare sponde politiche in grado di sostenere le richieste di sempre (legate a
vita, scuola e famiglia) meglio di quanto abbia fatto Berlusconi. È un cambio
di cavallo politico.
Ma è davvero in questo modo che si pensa di poter diffondere i valori cristiani?