TOH, LA CHIESA HA FATTO CRAC
Emiliano Fittipaldi
L'Espresso 22-1-2011
Una diocesi slovena ha creato un buco per un miliardo di euro. Che il Vaticano non sa come ripianare. Una storia incredibile di investimenti sbagliati che ha fatto infuriare Ratzinger
C'è una piccola diocesi che da qualche settimana ha tolto il
sonno alle notti di Papa Benedetto XVI. Una chiesa che custodisce un segreto che
potrebbe travolgere il Vaticano. Stavolta non si tratta della curia americana o
di quella irlandese, implicate negli scandali dei preti pedofili. Né di
ecclesiastici italiani, finiti nelle inchieste dei magistrati sulla "cricca"
capitanata da Angelo Balducci e sul presunto riciclaggio dello Ior scoperta da
Bankitalia. La basilica che angoscia Joseph Ratzinger e i suoi uomini di
fiducia, Tarcisio Bertone su tutti, è quella di Maribor, cittadina nel nord
Slovenia famosa per ospitare una gara di slalom della coppa del Mondo di sci.
La città rischia, ora, di diventare celebre anche per uno dei più gravi crac
finanziari della storia della Chiesa: l'arcidiocesi, oltre a pascolare le anime
di poco più di 100 mila fedeli, si è infatti lanciata negli ultimi anni in
investimenti quantomeno spericolati. Sarà stata l'incompetenza del vescovo
(rimosso da poco), sarà stata la crisi economica mondiale unita a qualche colpo
di sfortuna, fatto sta che la chiesetta e le società da lei controllate sono
riuscite ad accumulare la bellezza di oltre 800 milioni di euro di debiti. Un
buco mostruoso che attualmente nessuno è in grado di coprire: il rosso è pari al
2 per cento dell'intero prodotto interno lordo sloveno e, per fare un raffronto,
è tre volte superiore alle entrate registrate nell'ultimo bilancio del Vaticano.
Il default è dunque molto probabile, e avrebbe pochi precedenti nella storia
della Santa Sede. Sono in molti a tremare, a Roma e a Lubiana: perché
l'esposizione pesa su varie banche, compresa Unicredit, e su circa 30 mila
risparmiatori sloveni.
Ma come è stato possibile che una minuscola arcidiocesi abbia accumulato in una
ventina d'anni debiti degni di una multinazionale? "L'espresso" ha consultato
documenti riservati e parlato con autorevoli fonti slovene, che definiscono la
situazione semplicemente "catastrofica". Andiamo con ordine, partendo dalla
fine. Da quando a San Pietro s'accorgono dell'enormità del bubbone causato dalle
avventure finanziarie del vescovo Franc Kramberger. La scoperta avviene quasi
per caso, quando a fine 2007 una tv controllata dalla Chiesa slovena si mette a
trasmettere programmi pornografici. Sui giornali locali scoppia il pandemonio. A
Roma sono preoccupati, anche perché negli stessi giorni il vescovo di Maribor
manda al Vaticano una strana richiesta: vuole essere autorizzato ad aprire due
mutui da 5 milioni di euro l'uno.
Le gerarchie competenti iniziano a sentire puzza di bruciato, chiedono lumi al
nunzio apostolico in Slovenia. L'ambasciatore del papa intuisce che dietro ai
filmini hard che la tv dei preti usa per sbaragliare la concorrenza c'è altro,
qualcuno inizia a sussurrare di esposizioni milionarie e investimenti folli.
Monsignor Mauro Piacenza, allora segretario della Congregazione per il clero,
comincia così a chiedere alla diocesi informazioni più dettagliate.
Prima sulla società di comunicazione T-2, quella che controlla la tv, poi su
tutti i conti e le varie holding controllate dalla diocesi. Le risposte arrivano
dopo mesi, omissive e incomprensibili: Piacenza avverte così Bertone e il papa
si decide di spedire a Maribor un ispettore di fiducia per studiare le carte da
vicino. Gianluca Piredda, esperto di bilanci, arriva in Slovenia all'inizio del
2010 con il titolo di "visitatore apostolico". Ci mette poco a capire che il
dissesto dell'arcidiocesi è di proporzioni bibliche. Le sue conclusioni vengono
spedite in un rapporto a Roma lo scorso ottobre. "L'espresso" è in grado di
rivelarne il contenuto.
La piccola chiesa ha fatto il passo più lungo della gamba, creando un grande
impero economico che ora traballa. L'avventura parte all'inizio degli anni
Novanta, quando la diocesi di Maribor costituisce la banca Krek (in dieci anni
diventa il decimo istituto del Paese, nel 2002 viene venduto) e una società
commerciale (la Gospodarstvo Rast). Passa qualche anno, e nascono due holding
per investimenti e business assortiti, la Zvon 1 e la Zvon 2, controllate a loro
volta dalla Rast.