COMPAGNIA DELLE OPERE: IL FORZIERE DEL “PARTITO DI DIO”
Ettore Livini
Affari & Finanza di Repubblica 26-10-2011
Prima le
spinte del Vaticano. Poi Todi. Ora le grandi manovre al centro del quadro
politico romano per gettare le basi del dopoBerlusconi. La Balena bianca dopo
anni di letargo bipolare ha avviato le prove tecniche di risveglio. E in attesa
di trovare leader, alleati e linea politica, si consola con una certezza: il
forziere di Dio, vent’anni dopo l’eutanasia della Democrazia cristiana, gode
ancora di ottima salute. Tenuto in piedi, anzi tonificato, negli anni bui del
bipartitismo dall’unica macchina di voti, soldi e consensi sopravvissuta alle
macerie dello scudo crociato: quella di Comunione e liberazione e della
Compagnia delle Opere (Cdo). La Confindustria dei cieli pronta a fare da Cavallo
di Troia qualcuno dice anche da Bancomat per il ritorno dei cattolici al centro
della scena politica nazionale.
Fare un estratto conto preciso al centesimo dei soldi a disposizione di questa
lobby politico-finanziaria non è facile.
La Cdo è una nebulosa proteiforme posizionata nell’area grigia tra profit e
noprofit dove i dati pubblici sono merce rara. L’unica certezza è che negli
ultimi anni, crisi o non crisi, ha continuato a crescere. Le aziende iscritte
(prezzo attorno ai 300 euro l’anno) sono 36.600, il 10% in più del 2010, per un
giro d’affari complessivo attorno ai 70 miliardi. L’elenco ufficiale dei soci
non esiste, ma solo in Lombardia, feudo del governatore Roberto Formigoni,
sarebbero 6mila, più di quelli di Assolombarda. I documenti depositati sulla
galassia si contano sulla punta delle dita. E raccontano solo una porzione
infinitesimale del potere dell’armata ciellina. C’è un’Associazione Compagnia
delle Opere con 4 milioni di attivi e 137mila euro di utile nel 2009. Sotto il
suo cappello ci sono Cdo Net (servizi, 9 milioni di ricavi), la misteriosa
Magifyng films negli Usa e Bps (consulenza finanziarie 5,5 milioni di
fatturato). Dove tra gli azionisti spuntano alcuni degli uomini forti del gruppo
come Graziano Tarantini presidente di A2a, membro della potentissima Fondazione
Cariplo e consigliere di Akros e Bpm e Paolo Fumagalli, presente in alcuni cda
in orbita IntesaSanpaolo. Ma si tratta solo di una goccia nell’oceano degli
interessi della Compagnia.
I vantaggi per i soci. Il vero tesoro del forziere di Dio è altrove. Sfuggente e
invisibile, fatto di mille rivoli di denaro (tutti insieme fanno un fiume d’oro)
che corrono tra politica, affari e opere di bene. Un patrimonio milionario
capace, al momento delle elezioni, di trasformarsi in un serbatoio da centinaia
di migliaia di voti. La Compagnia delle Opere si è messa nel mezzo di questo
crocevia strategico: «L’associazione è scritto nella brochure di presentazione
dà la possibilità di trovarsi al centro di un complesso di relazioni in cui
ciascun associato può trarre beneficio per la sua impresa». Come? Il presidente
Bernhard Scholz la spiega così: «Favorendo lo scambio di esperienze e di idee».
E grazie alle agevolazioni garantite ai soci riuniti in 36 sedi nazionali e 16
estere: conti correnti a condizioni di favore (ne sono stati aperti 40mila),
assicurazioni, buoni pasto, incentivi per carburanti ed energia. Resi possibili
è il primo segno del potere della armata bianca grazie ad accordi con i maggiori
gruppi italiani. Nell’elenco bancario dei partner di fiducia, per dare un’idea
della potenza di questa armata bianca, ci sono tutti i big del credito di casa
nostra da Unicredit a Mps la banca "rossa" da Intesa a Bpm.
Affari in grigio. Il core business della Compagnia delle Opere però, come
racconta Ferruccio Pinotti nel suo libro "La lobby di Dio", è altrove. E
sarebbero gli affari garantiti ai soci dalla politica grazie, appunto «al
complesso di relazioni» della ragnatela di potere ciellina. Dove la politica
distribuisce le carte e i privati (aziende ma anche cooperative e migliaia di
piccole realtà noprofit) si spazzolano il piatto. Le cifre in ballo sono enormi.
Prendiamo il sistema formigoniano in Lombardia, l’espressione più evoluta (ma
certo non l’unica) del sistema. Tarantini e Fumagalli le cui società, tra
l’altro, sono finanziate dalle banche di cui sono consiglieri sono solo la punta
dell’iceberg. La galassia di Cl esprime il 25% circa dei direttori generali di
ospedali e Asl regionali (un mondo che gestisce 16 miliardi l’anno), ha messo i
suoi uomini al vertice della Fiera, delle aziende dei trasporti, delle banche,
delle Fondazioni creditizie e nei board delle Camere di commercio. Ha costituito
società controllate al 100% dalla Regione (Infrastrutture Lombarde, Informatica
Lombardia, Finlombarda) che gestiscono in proprio appalti e gare milionari.
Il Cencelli, non scritto, di queste operazioni prevede briciole per tutti,
cooperative rosse e uomini vicino alla Lega compresi. Ma la parte del leone come
sostengono Pinotti e molti osservatori la fanno quasi sempre le aziende o le
cooperative sociali (54mila persone coinvolte e 300 mila assistiti solo nella
sanità) che gravitano nell’orbita della Compagnia.
Le regole del gioco. «Le regole sono chiare dice dietro condizione di anonimato
il responsabile amministrativo di un ospedale lombardo se non scegli i vincitori
giusti per le tue gare, la Regione inizia a rallentarti i rimborsi e il tuo
conto economico va in tilt». Finlombarda, per dire, ha centralizzato la
tesoreria per pagare i fornitori degli ospedali. Naturalmente verificare è
impossibile. L’elenco degli iscritti alla Cdo è nebuloso, le cooperative
sociosanitarie vicine a questo mondo non presentano bilanci anche se in qualche
caso (come il Consorzio scuolalavoro) sono arrivate a fatturare decine di
milioni. «Difendersi da sospetti infondati e sistematici è impossibile replica
Scholz È sbagliato dire che siamo il braccio di Cl. Non riceviamo direttive e
non le diamo».
I primi a non crederci però sono i "soci" della maggioranza di centrodestra al
Pirellone. «Le mani di Cl sulla sanità lombarda. Se non sei di Comunione e
Liberazione non fai carriera», ha scritto velenosa La Padania tempo fa,
riassumendo con franchezza padana quello che in Lombardia hanno capito un po’
tutti. «Ci sono interi ospedali dove per diventare primario o garantirti una
fornitura o l’appalto per la costruzione di un nuovo reparto devi avere la targa
della Cdo», dice il responsabile amministrativo.
La rete «del complesso di relazioni» funziona così. E ha iniziato a replicare il
modello nel mondo dell’housing sociale, delle residenze universitarie e
dell’energia e in tante altre aree d’Italia, Emilia rossa compresa. Il do ut des
è chiaro. I soldi girano, le aziende socie cavalcano il puledro giusto, la Cdo e
la politica che le ruota intorno tirano le fila e alla fine la rete della
sussidiarietà, al momento di andare alle urne, si trasforma in una macchina di
voti. Nelle elezioni regionali in Lombardia, vuole la vulgata, questo mondo è
capace di pilotare fino a 100mila preferenze sui candidati prescelti dai
vertici. Una dote che in una politica frammentata come la nostra vale oro.
Il business del Meeting. Il Meeting di Rimini è l’immagine più plastica del
potere mediatico e finanziario dell’esercito di Dio. A scorrere l’elenco dei
relatori (dal Presidente della repubblica Giorgio Napolitano ai messaggi del
Papa, dal Ghota della finanza nazionale a Sergio Marchionne) si fa più veloci a
dire chi manca che chi c’è. Dietro gli stand e l’entusiasmo dei giovani
partecipanti (800mila nel 2011) e dei 3.750 volontari c’è però un robusto giro
d’affari da 8 milioni l’anno. A rimpinguare il forziere di Dio, in questo caso
ci pensa la Evidentia Communication, che raccoglie la pubblicità e gira alla
Fondazione del Meeting per l’amicizia un canone annuo di oltre 5 milioni. Wind,
Eni e IntesaSanpaolo sono gli sponsor principali. Gran parte dei big di Piazza
Affari (spesso dipendenti da concessioni pubbliche) sono presenti con propri
stand pagando un canone all’organizzazione e il montaggio a una cooperativa
sociale del mondo associativo. Poi ci sono i sussidi pubblici in odore di
conflitto d’interesse di regioni del centrodestra: 100mila euro sono arrivati
dalla Regione Lazio della Polverini, da Friuli e Sardegna, 84mila dalla
Lombardia di Formigoni (che è riuscito a garantire pure sponsorizzazioni di
Trenord e della Sea) e 37.600 persino dal Magistrato delle acque del Veneto di
Luca Zaia. Il profumo dei soldi, del resto, ha stemperato da tempo le tensioni
tra Bossi e il mondo di Cl.
Il business del Meeting, visti i risultati, si è già clonato in diverse edizioni
locali e sbarcherà nei prossimi giorni in Giappone. Dalle sue costole ha
figliato Matching, una maxikermesse alla Fiera di PeroRho, altro feudo ciellino,
dove si incontrano per parlare d’affari tra di loro imprese di 40 paesi. Anche
qui di soldi ne girano molti. Gli sponsor dell’iniziativa Cdo sono Microsoft,
Unicredit e Sfirs, la finanziaria pubblica sarda. Ognuno dei 2.500 partecipanti
paga 2.500 euro per lo stand e per vedersi organizzare una fitta rete di
appuntamenti. Socio aiuta socio, denaro chiama denaro e costruisce consenso. I
consensi diventano voti. Il modello tira e il Matching (il mondo è cambiato) ha
già tenuto una versione russa. «I prossimi obiettivi di Cl sono un premier e un
Papa», è la battuta che circola in Vaticano riportata da Pinotti. Il forziere di
Dio ha tutte le carte a posto per aiutare Comunione e liberazione a tentare la
doppietta.