Dacci oggi la nostra acqua quotidiana. Il sì dei cattolici

 

di Luca Kocci

 

il manifesto” del 27 maggio 2011

Avrebbe sicuramente votato sì ai due quesiti referendari in difesa dell'acqua pubblica quel rivoluzionario di Francesco d'Assisi che, ben prima dell'approvazione della legge Ronchi, lodava

«sorella acqua utile, umile, preziosa e casta». E pare proprio che questa volta, tranne gli ultraliberisti ciellini, tutto il mondo cattolico sia schierato per andare a votare, e votare sì, all'abrogazione delle norme che privatizzano l'acqua. Senza dirlo troppo forte, come sempre, le gerarchie ecclesiastiche; in maniera decisamente convinta associazioni, comprese quelle solitamente più prudenti come l'Azione cattolica, e gruppi di base.

Da Roma, dove da lunedì è riunita l'Assemblea generale dei vescovi italiani, il presidente card. Bagnasco non si è fatto sfuggire una parola nella prolusione, ma il suo vice, mons. Crociata, ha detto che «su questioni come l'acqua ci deve essere sempre grande vigilanza e responsabilità sociale» perché «sia salvaguardata e custodita per il bene di tutti». Tre mesi fa, alla fine di febbraio, aveva parlato anche il Vaticano che, per bocca del segretario del Pontificio consiglio Giustizia e Pace, mons. Toso, aveva ricordato che «l'acqua, diritto universale e inalienabile, è un bene troppo prezioso per obbedire solo alle ragioni del mercato e per essere gestita con un criterio esclusivamente economico e privatistico». E per rinfrescare la memoria, pochi giorni fa L'Osservatore romano, il quotidiano della Santa Sede, ha intervistato mons. Luis Infanti De La Mora, vescovo di Aysén, in Cile, autore della Lettera pastorale Dacci oggi la nostra acqua quotidiana: la privatizzazione dell'acqua «è un'ingiustizia istituzionalizzata». In difesa dell'acqua

«dono di Dio e bene comune» anche molte diocesi italiane, che hanno promosso la rete Nuovi stili di vita, a cui hanno aderito 45 diocesi, da Agrigento a Bolzano. L'acqua «è un vero bene comune, che esige una gestione comunitaria, orientata alla partecipazione di tutti e non determinata dalla logica del profitto», si legge nel manifesto della rete in cui si invita a partecipare al referendum, per salvaguardare l'acqua come «diritto universale, evitando che diventi una merce privata o privatizzabile».

Schierata per il sì, pur senza dirlo esplicitamente, anche l'Azione cattolica, la principale organizzazione laicale cattolica del Paese, «scettica verso misure legislative che mirino a introdurre la logica del profitto nella gestione di un dono che ha a che fare con l'esistenza delle persone». Si tratta di una privatizzazione «della quale non si riescono a prevedere con certezza i limiti, i contorni e i risultati», quindi di una pericolosa «fuga in avanti». Le Acli criticano il silenzio informativo dei media di governo, che sembra un «implicito invito a non votare», e chiedono «quattro Sì», anche

per «impedire che l'acqua sia consegnata ai privati» e per scongiurare che il suo costo sia determinato solo da «considerazioni economiche e finanziarie, mentre l'acqua è un diritto per tutti». Gli scout dell'Agesci esprimono «sostegno al Comitato promotore del referendum», Pax Christi e le Comunità di base sono direttamente impegnate nei comitati. Uscendo fuori dal recinto cattolico, il Cipax (Centro interconfessionale per la Pace) invita a votare Sì per difendere il «diritto di accesso all'acqua potabile, senza la barriera spesso insormontabile per i più poveri causata da lucri commerciali»; e la Federazione delle Chiese evangeliche in Italia - aderente al Comitato referendario - ripete che «l'acqua rimanga un bene pubblico e non privato».

Preti, religiose e religiosi chiuderanno la campagna elettorale referendaria in piazza, il prossimo 9 giugno, convocati da padre Alex Zanotelli e padre Adriano Sella, della rete Nuovi stili di vita: «Ci stanno rubando l'acqua», denunciano, «scendiamo in piazza» per un grande digiuno, a san Pietro.

«Venite con i vostri simboli sacerdotali e religiosi, ma anche con i vostri manifesti pastorali», per gridare «Salviamo l'acqua!». Sempre che i gendarmi vaticani non li caccino.