Il rischio dell' ignoranza
adolescenti di oggi impreparati e imprudenti come i loro
genitori
CHIARA SARACENO
la Repubblica
12 gennaio 2011
L' anatema del pontefice contro l'
educazione sessuale perché «contro la fede e la retta
ragione» ricorda tanto quelli che nel passato sono stati
lanciati, anche dalla stessa chiesa Cattolica e da
qualche pontefice, contro l' istruzione dei ceti
subalterni (e delle donne): perché foriera di pericolose
tentazioni a pensare con la propria testa. Non si
capisce infatti che cosa c' entri con la fede, e ancor
meno la retta ragione - qualsiasi cosa si intenda con
quell' aggettivo che qualifica, e limita, il concetto
stesso di ragione. L' educazione sessuale, come
educazione alla conoscenza del proprio corpo, della
sessualità come attività integralmente umana, che
riguarda il corpo, ma anche il cervello e le relazioni,
dovrebbe essere una parte importante dell' educazione
dei bambini e degli adolescenti. Ne trarrebbero
giovamento anche molti adulti. (segue dalla copertina)
Chi si oppone all' educazione sessuale, oltre ad avere
una visione negativa, o puramente strumentale, della
sessualità, sembra ritenere che legittimare un discorso
educativo su di essa di per sé solleticherebbe istinti e
pulsioni che altrimenti rimarrebbero dormienti e
solleciterebbe all' attività sessuale soggetti che
invece dovrebbero astenersi. Con un paradossale
rovesciamento dei rapporti causa effetto, secondo gli
oppositori dell' educazione sessuale la conoscenza
libererebbe le pulsioni, invece che essere queste il
motivo di interrogativi che meriterebbero risposta, di
esperienze che richiederebbero riflessione. Meglio una
bambina che diventa mamma a tredici anni, come è
successo poco tempo fa, che adolescenti che sono
accompagnati riflessivamente nella esperienza eccitante,
ma anche complicata e non priva di dubbi e sofferenze,
del corpo proprio e altrui che muta, del desiderio che
si presenta prepotentemente, dell' attrazione ricambiata
o rifiutata. Il risultato di questa resistenza all'
educazione sessuale, supinamente fatta propria, con
poche e temporanee eccezioni, dai ministri dell'
istruzione che si sono succeduti nella storia della
repubblica, è una singolare ignoranza sessuale diffusa a
tutte le età, ma particolarmente tra i più giovani e
perciò più vulnerabili. Gli adolescenti di oggi non
sembrano sapere molto di più di quelli di un tempo su
come evitare una gravidanza o una malattia venerea.
Contrariamente a quanto pensa il pontefice e i suoi
sostenitori, questa ignoranza non impedisce che si
abbiano rapporti sessuali in età sempre più precoce, al
contrario. Ma li abbandona alla irriflessività, all'
imprudenza, a volte anche alla sopraffazione e alla pura
strumentalità reciproca, spesso asimmetrica tra i sessi.
Come mostrano diverse ricerche sulla sessualità degli
adolescenti, spesso i maschi dichiarano di fare sesso
"perché ne hanno bisogno", perché ogni tanto devono
"sfogarsi", mentre le ragazze dicono di farlo "per far
piacere al loro compagno", come "prova d' amore" - ahimè
non molto diversamente dai loro nonni e nonne, pur in un
contesto apparentemente più libero. Siamo sempre all'
atto sessuale come remedium concupiscentiae, anche se
non necessariamente solo entro il matrimonio. Del resto,
questa sessualità agita in un contesto culturale
ignorante e irriflessivo, e perciò anche profondamente
misogino, è responsabile anche dello squallore di tanta
pubblicità e televisione. Stupisce che il papa abbia
posto questo tema al centro del suo discorso di inizio
anno. Quasi che non ce ne fossero altri più importanti,
sia dal punto di vista spirituale che dell' etica
pubblica e privata - come ha drammaticamente ricordato
la morte per freddo del neonato di Bologna, ultimo di
una lunga fila di bambini che muoiono ogni giorno nel
mondo e troppo spesso anche in Italia per povertà,
disattenzione, violenza. Ma siamo ormai abituati ad un
ordine di priorità che, nella sua ossessione per la
sessualità e la difesa della "vita", sembra aver perso
la bussola. Come scriveva sull' Avvenire nel 1996 un
cattolico come Gorrieri in risposta ad una delle tante
chiamate a raccolta in nome della vita, "i
settanta-ottanta anni che stanno in mezzo (tra il
nascere e il morire) non presentano alcun problema che
interpelli la coscienza cristiana?" Tuttavia, dal punto
di vista della formazione culturale e civile delle nuove
generazioni, è un tema niente affatto irrilevante, anche
se in senso opposto a quello auspicato dal pontefice.