«PER UNA PIENA ACCOGLIENZA E INCLUSIONE».

LA PRIMAVERA DELL’IMPEGNO DEGLI OMOSESSUALI CREDENTI

 

Adista Documenti n. 94 del 17/12/2011

DOC-2397. ROMA-ADISTA. Favorire la possibilità che una persona omosessuale o transessuale o transgender riesca anzitutto ad accettare se stessa, per poter poi mettere a disposizione della comunità di appartenenza tutte le energie di cui dispone. Ma, soprattutto, battersi affinché qualunque persona trovi accoglienza in ogni comunità cristiana, senza pregiudizi o discriminazioni: sono ormai molte, in Italia e nel mondo, le realtà di omosessuali credenti che hanno raggiunto un alto livello di autocoscienza e rivendicano il proprio diritto alla cittadinanza piena dentro la Chiesa. Dietro di loro, si rafforza la cosiddetta teologia queer, cioè quella teologia relativa all'orientamento sessuale o all'identità di genere che negli ultimi decenni ha rimesso in discussione, su basi bibliche e teologiche, gli insegnamenti del magistero cattolico sull’omosessualità, sul desiderio, sulla morale sessuale.

Una prova di questa “primavera” dell’impegno dei gruppi lgbt dentro la Chiesa si è avuta durante l’Euro Pride 2011, svoltosi a Roma dall’1 al 12 giugno. Per la prima volta dalla nascita del Pride, infatti, erano in programma diverse iniziative su fede e omosessualità, promosse dai cristiani omosessuali del gruppo romano Nuova Proposta, in collaborazione con Gionata (progetto in rete su fede e omosessualità), Forum Italiano dei Gruppi Cristiani Omosessuali, European Forum for Christian Lgbt Groups, Noi Siamo Chiesa e Adista. Clou di questa serie di appuntamenti, una conferenza su “Le persone omosessuali e transessuali e le Chiese cristiane in Europa: paure e opportunità per una piena accoglienza e inclusione” cui hanno preso parte il teologo statunitense John McNeill, don Alessandro Santoro, prete e animatore della comunità di base “Le Piagge” di Firenze, Alessandro Esposito, pastore della Chiesa valdese, Enric Vilà, presidente uscente dell’European Forum of Lgbt Christian Groups, don Franco Barbero, animatore della comunità di base di Pinerolo (To).

Di questi interventi, che Nuova Proposta ha ora messo a disposizione di Adista, pubblichiamo di seguito ampi stralci di quello di don Franco Barbero e di quello di don Alessandro Santoro. (v. g.)

 

GLBT: UNA PARTITA DA GIOCARE ALL’ATTACCO

 

di Franco Barbero

 

Non mi prefiggo di esaminare i singoli documenti ufficiali del magistero cattolico, né mi soffermo sulle infinite prese di posizioni omofobe di vescovi e teologi di corte. Ne tengo conto, ma guardo oltre e soprattutto altrove. Infatti, che si parli di atti contro natura o di inclinazione stessa che deve essere considerata oggettivamente disordinata, poco importa. La sostanza è «che gli atti omosessuali sono collocati tra i principali peccati contro la castità e sono espressione del vizio della lussuria» (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 492).

La gerarchia ha perso il treno della storia nella quale le scienze hanno da tempo proibito di considerare l’omosessualità una patologia da curare. Ma la gerarchia ha perso un secondo treno, quello della esegesi e dell’ermeneutica dei testi biblici. «(…). Le obiezioni degli esegeti, che dimostrano come all’interno della Scrittura non esista affatto una costante testimonianza biblica sull’argomento, vengono rifiutate come gravemente erronee e fuorvianti, poiché la sacra Scrittura viene rettamente intesa solo se non contraddice la tradizione vivente della Chiesa. Criterio per la interpretazione della Bibbia è dunque quella tradizione che, con le sue errate interpretazioni (...), ha fissato una lettura delle storie bibliche contraria al desiderio omosessuale. Il documento del magistero esige, così, un molteplice sacrificium intellectus: chiede di ignorare le conoscenze della scienza biblica, di accettare la finzione di una posizione costante nella Bibbia e nella Chiesa contro il desiderio omosessuale ed infine di acconsentire ad una percezione della realtà secondo la quale la pratica dell’omosessualità sta minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone. (…). Si ha l’impressione che ci si aggrappi ad ogni filo di paglia per mantenere la posizione, mentre diventa sempre più evidente che non ci sono veri argomenti etici contro relazioni rispettose e libere da violenza tra persone» (Norbert Reck, Le omosessualità, 1/2008 Concilium).

 

LE SCIENZE BIBLICHE

I biblisti da tempo si sono resi conto che ciò che noi nel ventunesimo secolo intendiamo con il termine omosessualità non coincide affatto con ciò di cui trattano i pochi testi biblici ai quali si fa sempre riferimento. Jeffrey S.Siker afferma senza mezzi termini che «nella nostra ansia di usare la Bibbia per risolvere gli interrogativi contemporanei che l’omosessualità ci pone, spesso non ci accorgiamo che ciò di cui parlava la Bibbia e ciò di cui parliamo noi sono due cose non solo leggermente ma molto diverse, tanto che sono giunto alla conclusione che la Bibbia non offre in pratica nessun insegnamento diretto sull’omosessualità così come noi la intendiamo oggi» (Bibbia e omosessualità, Torino, 2002).

La Bibbia non è dunque usabile per risolvere i nostri problemi; non è la miniera da cui estrarre le argomentazioni pro o contro l’omosessualità. Fare dei due Testamenti un manuale di etica o soprattutto un libro di morale sessuale costituisce una operazione assolutamente deviante: «È impossibile, ad ogni modo, riprendere testi biblici che esprimono in gran parte le concezioni dell’antico Vicino Oriente per trovarvi delle “ricette” per i nostri dibattiti di società. Occorre ricordare che gli autori biblici considerano la schiavitù un dato naturale e non concepiscono l’uguaglianza tra uomo e donna. Bisogna prendere sul serio il fatto che la concezione della sessualità e dell’omosessualità, in questi testi antichi di due millenni o più, non è la nostra… Occorre fare le domande giuste alla Bibbia. E farle in primo luogo alla tradizione giudeo cristiana nella sua totalità” (L. Bonjour, L’omosessualità nella Bibbia e nell’antico Vicino Oriente, Torino 2007).

Il lavoro esegetico ha dimostrato, sulla base delle ricerche linguistiche, storiche, culturali ed antropologiche, che l’utilizzo dei testi biblici in chiave omofobica è un atto di ignoranza. Si tratta, in verità, di un errore metodologico che vizia tutta l’impostazione della riflessione magisteriale del cattolicesimo romano e dei vari fondamentalismi. Presumono di avere un codice eterno, un prontuario per ogni evenienza. (...). Si tratta di ignoranza, ma non meno di una operazione perfida con cui chi detiene il potere manipola i testi secondo i propri interessi.

Ma c’è di peggio, qualcosa di molto più grave. Il magistero cattolico ha definitivamente imboccato, dopo il Concilio di Nicea del 325, una direzione che poi nei secoli ha consolidato e difeso. Ha fatto di Dio una mummia dogmaticamente imbalsamata e di Gesù un Cristo spiritualizzato, divino, evanescente.

Il Dio biblico è diventato il severo custode di un ordine naturale immutabile e fuori da questo ordine esiste soltanto la devastazione, il “contro natura”, l’anormalità, la patologia. Hanno messo a Dio le brache imperiali, patriarcali ed eterosessuali. Il Dio vivo, di cui ci ha parlato e dato testimonianza il dolce profeta di Nazareth, ora è rinsecchito nei panni di un giudice severo per chiunque esca dalle righe del cosiddetto “ordine naturale”. Un Dio triste, incattivito, moralista ha preso il posto del Dio padre e madre, sorgente della vita, dell’amore e della felicità.

(…) La Chiesa gerarchica romana ha divorziato da Gesù. Sulla “targa istituzionale” e sul “campanello del palazzo” è sempre scritto il nome “cristiano-cattolico”, ma, se tu varchi la soglia del palazzo, ti accorgi che del Nazareno non c’è più traccia. (…).

Fuori metafora, voglio dire che il magistero ha dimenticato, archiviato, cancellato la prassi quotidiana di Gesù fatta di accoglienza, di superamento delle etichette e delle frontiere: la convivialità delle differenze. (…).

L’omofobia non solo colloca la Chiesa romana fuori dal cammino e dai cantieri della liberazione, ma la rende una delle istituzioni che, nella sua ufficialità, fa ostacolo alla fede nel Dio dell’amore e della giustizia e si oppone alla crescita dell’alfabeto dell’uguaglianza e dei diritti nel mondo.

E allora? Se la situazione italiana è vergognosamente arretrata, ciò è in larga misura imputabile alle ingerenze politiche del Vaticano e alla reciproca prostituzione della gerarchia cattolica e del governo nazionale.

Certo, il Vaticano è una disgrazia tutta italiana, ma resta il fatto che la classe politica nel suo complesso non ha sciolto quel patologico senso di riverenza, formale e farisaica, che la lega al potere cattolico ufficiale per ragioni di tornaconto. Anche la sinistra non ha mai seguito su questo terreno la proposta radicale di “libera Chiesa in libero Stato”. Va da sé che la questione concordataria si ripropone perché l’istituto concordatario non risponde più alle esigenze della laicità.

 

UN PROBLEMA INTERNO

Ma esiste un problema non inferiore all’interno della Chiesa cattolica italiana. Buona parte dei gruppi di omosessuali cristiani sono ancora dipendenti dal sistema ideologico cattolico romano. Mi spiego meglio. Nell’intento assolutamente apprezzabile, sincero ed encomiabile, di praticare un dialogo con tutte le istanze dell’istituzione ecclesiastica, parecchi gruppi di omosessuali e lesbiche hanno costruito e messo in atto una concezione ed una pratica del dialogo che sono indegne della libertà e della dignità dei figli e delle figlie di Dio. Sembrano sempre bisognosi di chiedere permesso, si sentono gratificati e soddisfatti se sono ricevuti da un vescovo in udienza, senza la approvazione dei sacri pastori non si sentono a posto con Dio, non ritengono di essere parte della Chiesa… Le stesse parole del magistero (attenzione, rispetto, comprensione, accoglienza…), spesso così ipocrite ed abusate, vengono (...) esaltate e lette come grandi aperture, come svolte, come avvio di un profondo dialogo.

Il mio non è un discorso di ostilità preconcetta. Non si tratta affatto di risentimento, di rabbia o di prevenzione. La questione è ben altra. Il dialogo esige non solo di essere “ricevuti in udienza”, ma di essere ascoltati e presi sul serio come portatori di una esperienza umana ed ecclesiale a pieno titolo. La nostra fede non ha bisogno dell’autorizzazione o del “patentino gerarchico”.

Va pure detto che il cammino verso la maturità della fede è una crescita lenta e difficile. Infatti, come sottolinea in modo puntuale il teologo James Alison: «Quel che è grave riguardo a quelle menzogne del magistero non è solo il fatto che ci vengano dette, ma che noi ci crediamo e le ripetiamo a noi stessi, nel profondo del nostro essere, e agli altri… Di tutte le menzogne, nessuna è più terribile e più devastante per il nostro essere di quella secondo la quale noi non siamo in grado di amare. Quella che afferma che il nostro amore è malato, perverso e può solo portare danno e degrado a coloro verso i quali vorremmo aprirci» (Fede oltre il risentimento, Roma 2007).

È tempo che si dica chiaramente alla gerarchia che è necessario parlare con gli omosessuali anziché sentenziare sugli omosessuali. Si tratta di metodi e di atteggiamenti totalmente diversi.

Con i gruppi con i quali lavoro pongo nel dialogo con la gerarchia alcune precise istanze: la gerarchia prenda l’impegno dell’ascolto; ritratti le aberranti dichiarazioni dei documenti ufficiali e si astenga da qualunque ingerenza politica nel Parlamento italiano; condanni le terapie riparative, prendendo chiaramente distanza da questa deviazione che davvero viola la natura delle persone.

Nello stesso tempo in questi gruppi non si chiede nessuna autorizzazione per accedere ai sacramenti e per benedire le nozze omosessuali.

 

LOTTA POLITICA - IMPEGNO ECCLESIALE

I credenti che si impegnano ecclesialmente per una presenza libera e matura nella propria comunità non possono prescindere dall’impegno culturale e politico.

Nonostante le più cocenti sconfitte, anche in questa “provincia vaticana” il clima sta cambiando. Non perché siano cessate le violenze contro gli omosessuali, ma perché il contesto internazionale è in forte evoluzione.

L’associazionismo, la stampa progressista, i gruppi omosessuali cristiani, i teologi e le teologhe della liberazione svolgono un’opera di grande rilevanza insieme alle filosofie e alle teologie queer. (...). Ma perché la realtà omosessuale diventi visibile, essa deve entrare nei libri di testo. Si tratta di una battaglia che in Italia non è neppure cominciata e che vede tutte le forze reazionarie impegnate per impedire che lo stesso vocabolario dell’omosessualità diventi normale nelle aule scolastiche di ogni ordine e grado. Questo vale anche per i nostri catechismi, per la descrizione della famiglia, per l’immaginario che si propone. (...).

SU PIÙ FRONTI

Dentro l’ecumene cristiana sta nascendo il concetto di “Chiesa di base”. Essa si definisce e, soprattutto, si costruisce come aggregazione di uomini e donne di culture diverse e di comunità ecclesiali diverse che praticano e diffondono una pastorale e una teologia liberanti, organizzano liturgie contro l’omofobia e hanno come riferimento l’Evangelo di Gesù.

In questo orizzonte, è fondamentale che si rendano vivi ed attivi gruppi e singoli che, ben attrezzati sul piano delle conoscenze bibliche e di un cammino di spiritualità, pratichino una “disobbedienza pubblica”, si esprimano apertamente, celebrino il matrimonio, vivano con gioia la benedizione delle nozze gay.

Questa è certamente una stagione in cui ci vuole la pazienza del dialogo e della mediazione, ma non è il tempo in cui si possano archiviare il coraggio, l’esplorazione di strade nuove, compresa la disobbedienza pastorale e liturgica. Voglio aggiungere che è anche tempo di impazienza. Da oltre 30 anni benedico le coppie omosessuali dentro un cammino di ricerca biblica e teologica. Non si tratta di un ingenuo ribellismo, ma della consapevolezza che occorre passare all’azione perché l’amore omosessuale già oggi sia in qualche modo accolto e valorizzato in un ambito comunitario. Consigliare agli omosessuali una attesa infinita, esigere una pazienza che dura da secoli è operazione disumanizzante che non lascia posto all’oggi del Regno di Dio. Spesso senza disobbedienza ecclesiastica diventa difficile obbedire al Vangelo. Tutto questo per vivere ed annunciare che tra fede cristiana adulta ed esperienza omosessuale matura non esiste alcuna contraddizione. Ecco perché sono pieno di fiducia in Dio e di speranza nel cammino delle persone e anche delle nostre chiese che dovranno o convertirsi al Vangelo o arrendersi all’impetuoso ed inarrestabile soffio dello Spirito di Dio. La Chiesa non può aggiungere angoscia al difficile vivere quotidiano.

A me preme, nel mio incontro quotidiano con le persone, dire in tutte le tonalità che conosco: «Gustate e vedete quanto è buono il Signore. Beato l’uomo e beata la donna che confidano in Lui» (Salmo 34, 8). Consiglio sempre a tutti gli omosessuali di superare lo strabismo cattolico che fa guardare alla Chiesa istituzione più che a Dio e di meditare frequentemente il salmo 124: «Siamo stati liberati come un passero / dal laccio dei cacciatori: / il laccio si è spezzato / e noi siamo sfuggiti alla presa. / Il nostro aiuto è nel nome del Signore”.

Su questa strada si scopre il Dio della vita e quanto la fede possa contribuire alla nostra libertà e alla nostra felicità. Quanto essa possa suscitare nei nostri cuori il desiderio di cammini di tenerezza, di accoglienza, di cura del creato, di apertura a tutto ciò che vive e che ci è dato come dono.