Moni Ovadia
L’Unità, 8-01-2011
Il diktat di Marchionne agli operai della Fiat è solo la punta dell’iceberg di un sistematico attacco all’autonomia della democrazia che mira a sottomettere le società planetarie al potere esclusivo dell’economia. Il processo di disgregazione dell’indipendenza della politica dalle pretese totalitarie dei potentati economico-finanziari è iniziato all’indomani del crollo del comunismo. La sconfitta del sistema che si proponeva come alternativa al capitalismo, ha dato il segnale a quei potentati che il terreno era sgombro e che era tempo di abbandonare ogni remora per partire all’attacco delle pretese democratiche di vigilare sui mercati per prevenirne abusi e degenerazioni illiberali. Fatta carne da macello di ogni mediazione socialdemocratica la grande manovra per la conquista planetaria è partita con una vasta campagna ideologica travestita da scienza economica. I grandi economisti dell’iperliberismo selvaggio, dai Chicago Boys del premio nobel Milton Friedman fino all’ultrareazionario Robert Lucas, hanno edificato una micidiale ideologia assolutista basandola su pseudo assiomi e spacciandola per scienza rigorosa. Giulio Tremonti, il nostro superministro dell’economia in tempi recenti ebbe a definirla mercatismo, a me, qualche anno prima, è capitato, en passant, di definirla mercatolatria e di proporre per i suoi teorici l’appellativo di stalinisti del mercato. Le teorie di questi geni hanno predisposto poderosi strumenti scientifici atti a santificare la finanza speculativa responsabile dell’ultima devastante crisi. La crisi non ha neppure sfiorato il credo ideologico dei gangster della finanza. Grazie al soccorso dei soldi pubblici sono pronti a ricominciare, perché il loro scopo ultimo è quello di sostituire le società dei diritti con società anomiche, cioé senza norme e fondate sul ricatto dei ricchi.