Ingrao, l'anti-Hessel
a sinistra "No, indignarsi non basta
di Jacopo Iacoboni
La Stampa 30.3.2011
Dalla
Francia un grande vecchio della Resistenza ci ha appena intimato, con pamphlet
smilzo e perentorio nei toni, «indignatevi!». Dall’Italia un grande vecchio
della Resistenza ci suggerisce adesso, con libro-intervista smilzo e quasi
sommesso nei modi, «indignarsi non basta». La differenza di stile tra Stéphane
Hessel e Pietro Ingrao non potrebbe risultare più lampante. E, per diverse
ragioni, impressionante.
La riflessione sui limiti dell’indignazione in servizio permanente effettivo era
finora stata condotta in Italia da destra, un genere letterario col pilota
automatico, ormai. Prevedibile, scontata, roba da sonno alla terza riga. Che
venga infine sviluppata dall’ultimo grande vecchio della sinistra italiana è
diverso. « Indignarsi non basta », spiega Pietro Ingrao, che compie 96
anni, consegna oggi un libro che ha esattamente quel titolo, e entra nel vivo
della polemica politico-culturale centrando in pieno uno dei nervi (non il solo,
peraltro) sui quali s’è arenata la sinistra. Se ci fissiamo sull’indignazione,
osserva Ingrao, non è che autorizziamo derive moralistiche e giacobine (come
bofonchiano i professionisti dell’immoralismo); semplicemente, contribuiamo
all’abdicazione della politica. E questo per la sinistra della sua generazione -
la sinistra che s’avviò alla politica con la rivolta anti-franchista - sarebbe
stato impensabile. Quella generazione ebbe numerosi limiti, coltivò
insopportabili silenzi, toppò di brutto quando doveva prendere posizione
(proprio Ingrao altrove ha ricordato non gli errori, ma l’Errore della vita: il
fondo col quale, da direttore dell’ Unità , non condannò i carri armati
sovietici a Budapest). Eppure per noi, riflette Ingrao, indignarsi era tutt’uno
con l’impegnarsi. Facevano politica, loro.
Se il rombante invito all’indignazione proveniva da un seducente ex resistente
di origini berlinesi, naturalizzato francese, diplomatico, politico, scrittore,
uno così figo da ispirare François Truffaut per Jules e Jim (Hessel,
appunto), il sommesso invito a non fermarsi all’indignazione arriva da un
militante che s’è sempre considerato «uno del popolo», un intellettuale anche
lui, certo, ma di Lenola, campagnola provincia laziale, nato con le lotte dei
braccianti e cresciuto per strada. Se Hessel teorizza la non violenza integrale
da enoteca parigina, Ingrao dice: «Non sono mai stato per il pacifismo
integrale. Sono stato e resto persuaso che l’azione armata del nemico costringe
a rispondere con le armi». Non Gandhi, l’articolo 11 della Costituzione.
È così che il vecchio spacca in due l’attualità - pensate alla Libia, o ai
dibattiti sul Cavaliere - meglio di moltissimi altri, nonostante i tanti
«egemonia», «reificazione» e «alienazione» di cui abbonda il suo eloquio. Non
per caso oggi il libro è spunto di una discussione attuale con Nichi Vendola (vi
parteciperanno i due intervistatori, Maria Luisa Boccia e Alberto Olivetti), e
viene pubblicato da Aliberti, particolare non trascurabile, trattandosi di uno
degli editori del Fatto . Lo storico capo della sinistra interna del Pci
si toglie lo sfizio di predicare in partibus infidelium.
«Il giorno in cui Francisco Franco varca lo stretto di Gibilterra, beh, quel
giorno mi sono indignato», ammette ora. «Mi sono interrogato su quello che io
stavo facendo e su quello che accadeva nel mondo. Che dovevo fare io?».
Indignarsi parve troppo poco, bisognava «costruire una relazione condivisa,
attiva. Poi la puoi chiamare “movimento” o “partito” o in altro modo». Per
Hessel «il motore della Resistenza era l’indignazione», sentimento primario da
trasmettere ai giovani. Ingrao sussurra invece a un giovane: «Pratica il dubbio
ogni volta che l’agire collettivo contrasta col tuo sforzo di essere libero».
Detto da un comunista di quell’epoca, fa impressione. E ancora, alla sinistra:
«Vedo prevalere una critica morale alla degenerazione dei partiti, alla
corruzione e all’affarismo del ceto politico. Ne condivido le ragioni e
l’asprezza. Ma l’indignazione non dà conto delle modificazioni sostanziali. La
mera denuncia, in qualche modo, le occulta».
Le parole di Ingrao non nominano escort, notti di Arcore e re del bunga bunga.
Bisogna pur andare avanti e immaginare qualcos’altro, il paradosso è che ce lo
ricorda uno di 96 anni.