Nel nuovo libro "Salviamo la Chiesa" (Rizzoli) il
teologo affronta gli abusi sessuali e la crisi del cattolicesimo:
"Quello che rende malata la situazione attuale è il monopolio del potere
e della verità, il clericalismo, la sessuofobia e la misoginia". Dalle
donne al celibato, ecco le riforme necessarie dopo gli scandali.
di Hans
Küng,
da
Repubblica, 1 ottobre
Nella situazione attuale non posso assumermi la responsabilità di
tacere: da decenni, con successo alterno e, nell'ambito della gerarchia
cattolica, modesto, richiamo l'attenzione sulla grande crisi che si è
sviluppata all'interno della Chiesa, di fatto una crisi di leadership. È
stato necessario che emergessero i numerosi casi di abusi sessuali in
seno al clero cattolico.
Abusi occultati per decenni da Roma e dai vescovi in tutto il mondo,
perché questa crisi si palesasse agli occhi di tutti come una crisi
sistemica che richiede una risposta su basi teologiche. La straordinaria
messinscena delle grandi manifestazioni e dei viaggi papali (organizzati
di volta in volta come "pellegrinaggi" o "visite di Stato"), tutte le
circolari e le offensive mediatiche non riescono a creare l'illusione
che non si tratti di una crisi durevole. Lo rivelano le centinaia di
migliaia di persone che solo in Germania nel corso degli ultimi tre anni
hanno abbandonato la Chiesa cattolica, e in genere la distanza sempre
maggiore della popolazione rispetto all'istituzione ecclesiastica.
Lo ripeto: avrei preferito non scrivere questo testo. E non l'avrei
scritto:
1) se si fosse avverata la speranza che papa Benedetto avrebbe indicato
alla Chiesa e a tutti i cristiani la strada per proseguire nello spirito
del concilio Vaticano. L'idea era nata in me durante l'amichevole
colloquio di quattro ore avuto con il mio ex collega di Tubinga a Castel
Gandolfo, nel 2005. Ma Benedetto XVI ha continuato con testardaggine
sulla via della restaurazione tracciata dal suo predecessore, prendendo
le distanze dal concilio e dalla maggioranza del popolo della Chiesa in
punti importanti e ha fallito riguardo agli abusi sessuali dei membri
del clero in tutto il mondo;
2) se i vescovi si fossero davvero fatti carico della responsabilità
collegiale nei confronti dell'intera Chiesa conferita loro dal concilio
e si fossero espressi in questo senso con le parole e con i fatti. Ma
sotto il pontificato di Wojtyla e Ratzinger la maggior parte di loro è
tornata al ruolo di funzionari, semplici destinatari degli ordini
vaticani, senza dimostrare un profilo autonomo e un'assunzione di
responsabilità: anche le loro risposte ai recenti sviluppi all'interno
della Chiesa sono state titubanti e poco convincenti;
3) se la categoria dei teologi si fosse opposta con forza, pubblicamente
e facendo fronte comune, come accadeva un tempo, alla nuova repressione
e all'influsso romano sulla scelta delle nuove generazioni di studiosi
nelle facoltà universitarie e nei seminari. Ma la maggior parte dei
teologi cattolici nutre il fondato timore che, a trattare criticamente
in modo imparziale i temi divenuti tabù nell'ambito della dogmatica e
della morale, si venga censurati e marginalizzati. Solo pochi osano
sostenere la KirchenVolksBewegung, il Movimento popolare per la riforma
della Chiesa cattolica diffuso a livello internazionale. E non ricevono
sufficiente sostegno nemmeno dai teologi luterani e dai capi di quella
Chiesa perché molti di loro liquidano le domande di riforma come
problemi interni al cattolicesimo e nella prassi qualcuno talvolta
antepone i buoni rapporti con Roma alla libertà del cristiano.
Come in altre discussioni pubbliche, anche nei più recenti dibattiti
sulla Chiesa cattolica e le altre Chiese la teologia ha avuto un ruolo
ridotto e si è lasciata sfuggire la possibilità di reclamare in modo
deciso le necessarie riforme.
Da più parti mi pregano e mi incoraggiano di continuo a prendere una
posizione chiara sul presente e il futuro della Chiesa cattolica. Così,
alla fine, invece di pubblicare articoli sparsi sulla stampa, mi sono
deciso a redigere uno scritto coeso ed esauriente per illustrare e
motivare ciò che, dopo un'attenta analisi, considero il nocciolo della
crisi: la Chiesa cattolica, questa grande comunità di credenti, è
seriamente malata e la causa della sua malattia è il sistema di governo
romano che si è affermato nel corso del secondo millennio superando
tutte le opposizioni e regge ancora oggi. I suoi tratti salienti sono,
come sarà dimostrato, il monopolio del potere e della verità, il
giuridismo e il clericalismo, la sessuofobia e la misoginia e un uso
della forza religioso e anche profano. Il papato non deve essere
abolito, bensì rinnovato nel senso di un servizio petrino orientato alla
Bibbia. Quello che deve essere abolito, invece, è il sistema di governo
medievale romano. La mia "distruzione" critica è perciò al servizio
della "costruzione", della riforma e del rinnovamento, nella speranza
che la Chiesa cattolica, contro ogni apparenza, si mantenga vitale nel
terzo millennio.
[* * *]
Certamente alcuni sacerdoti vivono la loro condizione di celibato
apparentemente senza grossi problemi e molti, a causa dell'enorme carico
di lavoro che grava su di loro, non sarebbero quasi in grado di
preoccuparsi di una vita di coppia o di una famiglia. Viceversa, il
celibato obbligatorio porta anche a vivere situazioni insostenibili:
parecchi sacerdoti desiderano ardentemente l'amore e il calore di una
famiglia, ma nel migliore dei casi possono solo tenere nascosta
un'eventuale relazione, che in molti luoghi diventa un "segreto" più o
meno pubblico. Se poi da una relazione nascono dei figli, le pressioni
provenienti dall'alto inducono a tenerli nascosti con conseguenze
devastanti sulla vita degli interessati.
La correlazione tra gli abusi sessuali dei membri del clero a danno di
minori e la legge sul celibato è continuamente negata, ma non si può
fare a meno di notarla: la Chiesa monosessuale che ha imposto l'obbligo
del celibato ha potuto allontanare le donne da tutti i ministeri, ma non
può bandire la sessualità dalle persone accettando così, come spiega il
sociologo cattolico della religione Franz-Xaver Kaufmann, il rischio
della pedofilia. Le sue parole sono confermate da numerosi
psicoterapeuti e psicanalisti.
È auspicabile che sia reintrodotto il diaconato femminile, ma tale
misura, da sola, è insufficiente: se non viene accompagnata dal permesso
di accedere al presbiterato (sacerdozio), non condurrebbe a una
equiparazione dei ruoli bensì a un differimento dell'ordinazione
femminile. Un servizio che dà loro la stessa dignità degli uomini,
completamente diverso dalla posizione e dalla funzione subalterna che
recentemente ricoprono numerose donne dei "movimenti" nell'ambito della
curia romana. Che in seno alla Chiesa cattolica la resistenza, e in
determinate circostanze anche la disobbedienza, possano pagare, è
dimostrato dall'esempio delle chierichette. Anni fa, il Vaticano vietò a
bambine e ragazze di servir messa. L'indignazione del clero e del popolo
cattolico fu grande e in molte parrocchie si continuò semplicemente a
tenerle. A Roma la situazione venne da principio tollerata, infine
accettata. Così cambiano i tempi. Anzi, un articolo uscito il 7 agosto
2010 sull'Osservatore Romano ha elogiato questa evoluzione come il
superamento di un'importante frontiera poiché oggi non si può più
ascrivere alla donna alcuna "impurità" e in questo modo è stata
eliminata una "disuguaglianza profonda". Quanto tempo ci vorrà ancora
perché in Vaticano capiscano che lo stesso argomento vale per la
consacrazione sacerdotale, meglio l'ordinazione femminile? Molto dipende
dalla posizione e dall'impegno dei vescovi.