di Gad Lerner
“la Repubblica” del 9 febbraio 2011
bambini rom bruciati arrivano in
prima pagina solo quando muoiono a quattro per volta:
Raul, Fernando, Patrizia e Sebastian a Roma domenica
scorsa; come già Cloptar, Tuca, Mengi, Eva a Livorno
nell’agosto 2007. Se invece l’incendio della baracca ne
ammazza solo uno o due, com’è più frequente, allora
basta una notizia in breve. Non siamo abituati così
anche per gli incidenti sul lavoro?
Si è colto un turbamento sincero nel sindaco Alemanno
quando ha proclamato il lutto cittadino per le vittime
innocenti di Tor Fiscale, e ha espresso il bisogno di
urlare la sua impotenza di fronte alla tragedia. Ma è il
presidente Napolitano l’unico che ha saputo instaurare
nel cordoglio una relazione di cittadinanza comune con i
loro genitori, riconoscendoli come titolari di diritti
fondamentali che le istituzioni pubbliche non hanno
saputo rispettare, venendo meno al proprio dovere. Come
Capo dello Stato, ma anche come personalità politica
dotata di visione europea, Napolitano sa bene che i rom
sono la più grande minoranza etnica del continente, non
riducibile a escrescenza marginale da debellare.
Dopo tre anni di governo fallimentare della destra,
incentrati sulla demagogica promessa di risolvere con
gli sgomberi e le espulsioni la piaga del degrado
metropolitano, è rimasta solo “La Padania” a sostenere
ieri temerariamente che “quei ragazzini sono stati
uccisi dal finto e sinistro buonismo”. Un elogio tardivo
della cattiveria in politica (a suo tempo rivendicata
dal ministro Maroni) già rivelata nel proposito di
schedare i minori nomadi con le impronte digitali “per
il loro bene”; e proseguita con un inutile censimento
affidato ai prefetti di Roma, Milano e Napoli, dotati il
30 maggio 2008 di superpoteri emergenziali. Oggi
Alemanno scopre che sono insufficienti. In campagna
elettorale aveva vagheggiato l’allontanamento da Roma
niente meno che di ventimila irregolari, un esodo
fantasticato per sottrarsi all’onere di una loro civile
integrazione.
La doverosa verifica giudiziaria sulle responsabilità
dei genitori, indagati per abbandono dei minori, diviene
così un alibi per minimizzare i doveri di tutela
pubblica che spettano alle autorità di governo locale e
nazionale. Troppo facile cavarsela dicendo che al posto
di quel padre e di quella madre ci saremmo comportati
diversamente, riducendo a singola inadempienza familiare
un dramma collettivo.
I benpensanti che si autoassolvono dovrebbero semmai
confrontarsi con l’esperienza vissuta dal muratore
romeno Mirko Mircea e di sua moglie Liliana, colpiti da
un lutto atroce. Come egli ha riferito, e come la
Comunità di Sant’Egidio conferma, nel corso di un
decennio è toccato loro di subire 30 sgomberi. A che
pro? Con quale vantaggio per la sicurezza e il decoro
urbano? Chi si è limitato per trenta volte a cacciare
quella famiglia da una periferia all’altra di Roma, come
polvere da nascondere sotto il tappeto, auspicandone
un’impossibile dissoluzione nel nulla, ignorando la
necessità di ricovero, assistenza dei minori, vigilanza
su un loro stabile percorso scolastico, ha forse oggi il
diritto di ergersi a giudice?
La verità è che la politica degli sgomberi a raffica,
inutili e costosi, effettuati a Roma come nel resto
d’Italia senza predisporre soluzioni alternative, si
rivela per quella che è: una truffa. Con l’aggravante
dell’ipocrisia. Perché ora i Maroni e gli Alemanno se la
prendono con i comuni renitenti all’assegnazione di
spazi per i campi attrezzati, proprio loro che in
campagna elettorale aizzavano l’ostilità della
popolazione contro i rom promettendo, né più né meno, di
cacciarli (non si sa dove).
C’è un vicesindaco milanese, Riccardo De Corato, che
esibisce gli sgomberi dei campi rom effettuati negli
ultimi anni con la meticolosità del demagogo: pare siano
ormai quasi 400. Peccato che il viavai riguardi sempre
le stesse disgraziate persone, per una buona metà
minorenni. Il vanitoso buttafuori De Corato nello stesso
periodo contabilizza l’espatrio forzato di neanche 50
stranieri irregolari: gli altri senzatetto, italiani e
non, penano tuttora in vagabondaggio nei margini della
città. E perfino quando si trattava di smantellare un
grande campo autorizzato, il Triboniano, per le
superiori esigenze dell’Expo’ 2015, il Comune ha
preferito farsi condannare in Tribunale piuttosto che
concedere alloggi popolari in disuso a 11 (solo undici!)
famiglie colpevoli di appartenere all’etnia rom.
Naturalmente il Prefetto di Milano che ha disatteso i
contratti stipulati con le associazioni del no profit è
lo stesso che riceveva sollecito la favorita caraibica
del premier, nella cui cantina erano nascosti chili di
droga.
Questa è la prepotenza che vige in Italia:
smantellamento degli accampamenti abusivi, ma niente
alloggi per i rom divenuti peraltro da tempo stanziali.
Come stupirsi se poi fra loro si consolidano pratiche
delinquenziali di clan, aggravate da maltrattamenti alle
donne e ai bambini?
Oggi il vescovo vicario di Roma pregherà nella Basilica
di Santa Maria in Trastevere per Raul, Fernando,
Patrizia e Sebastian. Osiamo sperare che il lutto
cittadino possa risuonare come solenne autocritica dei
nostri governanti.