Mi
chiamano Medio Alto, ma il mio soprannome è Rintracciabile
MASSIMO GRAMELLINI
LA STAMPA del 3.11.2011
Mi chiamano Medio Alto, ma il mio soprannome è Rintracciabile.
Sono quello che non può nascondersi, quello che paga.
Anche stavolta.
Il governo della Libertà mi impone tasse svedesi per continuare a fornirmi servizi centrafricani.
E io le verserò fino all'ultimo centesimo, senza trucco esenza inganno, da vero scandinavo.
Poi
però rimango un italiano e allora mi si consenta di essere furibondo.
Punto primo.
Mi
sono scocciato di pagare per il funzionamento di una giostra
su cui non esercito alcun controllo. Il debito lo avete fatto voi e lo saldo io.
Ma avrò almeno il diritto di pretendere che la smettiate di indebitarvi?
A quanto pare, no.
Io vorrei che i miei soldi - frutto del lavoro quotidiano e non di una eredità o di un gratta e vinci -
servissero a finanziare le scuole e gli asili-nido, a umanizzare le carceri,
a
ripulire gli ospedali, a pagare gli stipendi degli insegnanti, dei poliziotti e
dei
tanti impiegati che svolgono con impegno la loro missione di servitori dello
Stato.
Invece so già che verranno gettati fra le fauci del Carrozzone Pubblico,
che
se li divorerà in un sol boccone per poi rivoltarsi famelico contro di me,
chiedendomi altro cibo.
So già che la politica, cioè quell'accozzaglia di affaristi senza ideali che ne usurpa il nome,
li
userà per tenere in piedi gli enti inutili, le baracche elettorali, le torme di
parassiti che campano
da decenni alle spalle dei contribuenti.
Non è dunque il prelievo in sé a indignarmi.
Ma la
sua assoluta inutilità.
In attesa di riforme strutturali, che dopo vent'anni di chiacchiere sono
ancora e sempre «allo studio», i miei soldi serviranno solo a perpetuare un
sistema che non mi piace, a garantire la pace sociale dei furbi, non quella
dei poveri.
Punto secondo.
Accetto di farmi spremere, ma non di farmi prendere in giro.
Quelli che vengono contrabbandati come tagli alla politica sono in realtà
tagli ai servizi degli enti locali, che si rivarranno sui cittadini, cioè di
nuovo, sempre e soltanto su di noi.
Punto terzo.
Trovo
giusto che, in tempi di crisi, chi guadagna meno di me
non contribuisca allo sforzo (anche se poi lo fa, con i tagli alle
tredicesime e alle pensioni).
Mentre considero una vergogna che il collega che guadagna quanto me,
ma ha cinque figli a carico, non abbia diritto a uno sconto.
Il
padre di una famiglia numerosa che incassa 90 mila euro lordi
l'anno (circa 4000 netti al mese) non è un Super Ricco e nemmeno un Medio
Alto.
E' un Medio Impoverito che deve già versare più degli altri per i medicinali
e le tasse scolastiche dei figli, e che da domani non avrà più neanche i
mezzi per tentare di scuotere, con i suoi consumi, l'encefalogramma piatto
dell'economia.
Mi
sembra incredibile che la Chiesa, sempre così lesta a dire
la sua su gay e moribondi, non abbia saputo imporre a un governo di sepolcri
imbiancati la difesa reale della famiglia, accontentandosi di conservare
intatti, anche in questa tormenta, i propri scandalosi privilegi fiscali.
Ultimo punto (ma è di gran lunga il primo).
Mi sta bene che i poveri non paghino.
Ma perché non pagano neanche i ricchi veri?
A
Lugano le banche hanno dovuto mettere fuori i cartelli: cassette di sicurezza
esaurite.
Segno che nei giorni scorsi un esercito di compatrioti ha sfondato le
frontiere per andare a nascondere del denaro.
Sono i signori del secondo e del terzo Pil (il nero e il mafioso).
Quelli con il Pil sullo stomaco.
Gli Irrintracciabili.
Scommettiamo che il più facoltoso di loro dichiarerà al fisco 89.999 euro?
Li disprezzo.
Persino più dei politicanti.
Giuro che d'ora in avanti non avrò più pietà.
Chiederò scontrini a tutti su tutto.
E se mi diranno:
«Ma così, dottore, non posso più farle lo sconto», li andrò a denunciare.
Poiché sono l'unico che paga, in questo accidenti di Paese, voglio
cominciare a togliermi qualche sfizio anch'io.