L'INCHIESTA / 1
Le sei notti di
Ruby in villa
e le testimoni sfuggite a Ghedini
Le prove che incastrano Berlusconi. L'avvocato del premier ha tentato di blindare le verità scomode delle ospiti delle feste a Villa San Martino. Quei bunga bunga con le ragazze vestite da poliziotte
di GIUSEPPE D'AVANZOla Repubblica 15 gennaio 2011
L'avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, è
stato molto giudizioso tra la fine dell'estate e l'inizio
dell'autunno, ma non ha preso in considerazione che al mondo
esistono anche donne normali.
Testimoni che non mentono. Che rispondono con lealtà alle
domande della magistratura. Torna comodo muovere dai suoi passi
per sbrogliare una matassa che, in capo a non più di sei
settimane (21/26 febbraio), potrebbe condurre il presidente del
Consiglio dinanzi al giudice con l'accusa di concussione e
soprattutto di "favoreggiamento della prostituzione minorile"
(un reato punito con la reclusione da sei a dodici anni).
Bisogna seguire Ghedini perché è lui - l'avvocato - che,
nonostante le risorse, l'impegno e la tenacia, manca
clamorosamente il colpo. Si lascia sfuggire qualche testimone
risolutivo. Sottovaluta quali prodigi investigativi si possono
accumulare analizzando con pazienza il traffico telefonico,
scrutinando la localizzazione cell-based con metodi capaci di
definire la cellula che "ospita" un telefono mobile e quindi,
con un margine di errore di cinquanta metri, il luogo in cui è
attivo (o inattivo) quel "terminale". Le tracce che si lascia
dietro un cellulare possono "raccontare" la vita, gli incontri,
le relazioni, i movimenti, i tempi di una persona. di un gruppo
di persone.
Occorre comunque, per capire, ricordare qual è lo stato di
allarme di Berlusconi in primavera. Già il 27 maggio il capo del
governo ha tra le mani tutte le ragioni per sentirsi molto
preoccupato. Ruby - minorenne - è in questura, quella notte.
Quando Michelle Conceicao de Oliveira, una prostituta
brasiliana, lo chiama a Parigi, il Cavaliere ha ben chiaro che è
finito in un guaio grosso. Quella Ruby, che il Sovrano presenta
come "la nipote di Mubarak" agli amici, ha la lingua lunga.
Spesso è fuori controllo. È facile all'ira, se trascurata. Il
Cavaliere nemmeno osa pensare, quella notte, quale calamitosa
frittata può venire fuori se la ragazza va "fuori di testa" e
racconta ai funzionari della questura di Milano che lei, Ruby
- Karima el Mahroug, 17 anni e sei mesi - è da tre mesi "la
favorita" del Sultano. Lo sappiamo. Quella notte, il capo del
governo gioca abusivamente tutta la sua autorità per "liberare"
Ruby. Convince i funzionari della questura a qualche mossa
"indebita" (nasce qui l'accusa di concussione): Karima può
allontanarsi lungo via Fatebenefratelli con accanto Nicole
Minetti.
La storia, come l'angoscia del Cavaliere, è soltanto all'inizio.
Dopo qualche tempo, Lele Mora, definiamolo il direttore del
carosello notturno che gira ad Arcore per l'esclusivo diletto
del Sovrano, sa che la ragazza è stata più volte interrogata
dalla procura di Milano in luglio e ancora in agosto. Che cosa
ha detto? Quel che ha detto ora, più o meno, lo sappiamo. Ruby
svela che il 14 febbraio, giorno di San Valentino (ha 17 anni e
novantacinque giorni) la chiama Emilio Fede e le dice: ti porto
fuori. Non dice dove, non dice con chi o da chi. Il giornalista
(ottantenne) passa a prenderla con un auto blu. Ruby sale e
filano via scortati da un gazzella dei carabinieri verso Arcore.
Non entrano dal cancello principale, dove ci sono i carabinieri,
ma da un varco laterale. Dice Ruby ai pubblici ministeri: "Vengo
presentata a Silvio. È molto cortese. Ci sono una ventina di
ragazze e - uomini - soltanto loro due, Silvio ed Emilio.
Cenammo, ma non rimasi a dormire. Dopo cena, andai via. Alle due
e mezza ero già a casa. Con un abito bianco e nero di Valentino,
con cristalli Swarovski, me l'aveva regalato Silvio. La seconda
volta vado ad Arcore il mese successivo. Andai con una limousine
sino a Milano due, da Emilio Fede, e da lì, con un'Audi,
raggiungemmo Villa San Martino. Silvio mi dice subito che gli
sarebbe piaciuto se fossi rimasta lì per la notte. Lele Mora mi
aveva anticipato che me lo avrebbe chiesto. Mi aveva anche
rassicurato: non ti preoccupare, non avrai avance sessuali,
nessuno ti metterà in imbarazzo. E così fu. Cenammo e dopo
partecipai per la prima volta al "bunga bunga". (Ruby descrive
agli stupefatti pubblici ministeri milanesi la cerimonia con
molta vivezza). Io ero la sola vestita. Guardavo mentre servivo
da bere (un Sanbìtter) a Silvio, l'unico uomo. Dopo, tutte
fecero il bagno nella piscina coperta, io indossai pantaloncino
e top bianchi che Silvio mi cercò, e mi immersi nella vasca
dell'idromassaggio. La terza volta che andai ad Arcore fu per
una cena, una cosa molto ma molto più tranquilla. Quando arrivai
Silvio mi disse che mi avrebbe presentata come la nipote di
Mubarak. A tavola c'erano Daniela Santanché, George Clooney,
Elisabetta Canalis".
Non è il racconto che Ruby riferisce subito a Mora. Minimizza
all'inizio. Confonde i suoi ricordi. Non rivela tutto. Mora
comprende che la ragazza non dice tutto, dopo aver detto troppo
in procura e avverte il premier. Berlusconi che deve fare?
Affida a Nicolò Ghedini il contrattacco difensivo. Una
segretaria di Palazzo Chigi convoca le giovani ospiti del
premier nello studio legale Vassalli in via Visconti di Modrone
a Milano per affrontare la questione delle "serate del
presidente".
Ghedini ha dunque l'incarico di proteggere "le serate" di Silvio
Berlusconi. Deve raccogliere da quelle giovani donne (stelle,
stelline, aspiranti stelline, prostitute giovani, giovanissime,
italiane, latine, slave, caraibiche) dichiarazioni giurate che
confermino quel che il Cavaliere va dicendo: si rilassa a volte,
come è giusto che sia, ma in celebrazioni che non hanno nulla di
scandaloso o perverso. Sono "testimonianze" necessarie per
evitare al premier altro discredito. La procura di Milano indaga
per favoreggiamento della prostituzione Lele Mora, Emilio Fede e
Nicole Minetti. Berlusconi teme che la prostituzione,
ipoteticamente favorita dai suoi tre amici, abbia il teatro
proprio a Villa San Martino nelle "serate rilassanti" che il
Cavaliere organizza. Anche nell'ipotesi peggiore, dice Ghedini,
egli sarebbe l'"utilizzatore finale". Anche se si scoprisse che
le sue ospiti sono minorenni, nessun problema penale:
l'utilizzatore non è tenuto a conoscere l'età della sua ospite.
È fuori di dubbio, però, che sarebbe meglio "documentare" che in
quelle allegre serate il sesso non c'è. Ecco la missione di
Ghedini.
Interrogare le ragazze, raccoglierne i ricordi e lasciarle dire
con buon anticipo dell'innocenza di quelle occasioni. Ghedini
può farlo. La sua iniziativa è ineccepibile perché l'art.
391-nonies del codice di procedura penale regola "l'attività
investigativa preventiva" del difensore "che ha ricevuto
apposito mandato per l'eventualità che si instauri un
procedimento penale". Nell'eventualità che Berlusconi sia
indagato, Ghedini già prepara le prove non solo dell'estraneità
del Cavaliere, ma dell'insussistenza del "fatto". Lasciamo in un
canto qui l'abuso di potere che si intravede: decine di
ragazzine, ragazze, giovani donne, che hanno partecipato ai "bunga
bunga" presidenziali, sono convocate - addirittura a Villa san
Martino - e trovano Ghedini. L'avvocato chiede: mi racconta
che cosa accade nelle serate del presidente? Sono appuntamenti
innocenti o peccaminosi? Si fa sesso? Lei ha fatto sesso con il
presidente? Quelle poverette non hanno né arte né parte. Hanno
una sola ambizione: fare televisione, apparirvi. Sono
addirittura in casa del grande tycoon, a un metro dal cielo.
Arrivate a quel punto, potrebbero mai dire una parola storta
contro o sul conto del presidente del consiglio? Ripeto,
lasciamo da parte questo aspetto dell'affaire perché ora conta
l'abbaglio in cui incappa Ghedini. L'avvocato colleziona le
testimonianze delle "ragazze", diciamo così dello spettacolo o
le giovani e giovanissime professioniste del sesso e pensa di
aver un buon lavoro. Trascura (o, poverino, nessuno glielo dice)
che ad Arcore ci sono state anche donne che non hanno nulla a
che fare né con lo spettacolo né con la prostituzione.
Come la testimone A, ad esempio. È un'amica di Nicole Minetti.
Le cose stanno così. La Minetti, a Rimini, ha tre amiche del
cuore al liceo. Anche quando Nicole, all'esame di maturità viene
bocciata, non si perdono di vista. Una di loro - "assomiglia
come tipo alla Carfagna", dicono - si laurea in giurisprudenza
e ora è prossima alla laurea in economia. Minetti la invita a
casa del presidente domenica 19 settembre 2010. Il 20 la giovane
donna (A) chiama le altre due amiche. Alla prima, che chiameremo
B, racconta tutto al telefono in una lunga conversazione. Alla
seconda, che chiameremo C, dice invece che gliene parlerà da
vicino della sua serata ad Arcore.
A sarà interrogata (la prelevano all'università alla fine di un
esame) e conferma l'"imbarazzante serata", parole sue. B non
sarà interrogata (quel che può sapere lo si è già ascoltato
nell'intercettazione dalla viva voce dell'amica che le racconta
la sua notte dal presidente). C sarà convocata da Bologna.
Frequenta un corso di specializzazione post-laurea in attesa di
affrontare il concorso in magistratura. È seria, motivata,
estranea all'ambiente del presidente. Dalla convergenza delle
due testimonianze e del documento sonoro, si può ricostruire che
cosa accade quella notte.
È dunque il 19 settembre 2010. A arriva a Milano. Va a casa
della Minetti a Segrate, Milano 2. Si cambia. Raggiungono due
stelline dello spettacolo televisivo (A ne conosce una, ne
indica il nome) e poi tutte insieme via verso Villa san Martino.
All'ingresso è sufficiente il nome - "Minetti" - per
superare i controlli di polizia. A cena 20/25 ragazze, più della
metà straniere, e tre uomini: il Cavaliere, l'immancabile Emilio
Fede, Carlo Rossella, presidente di Medusa. Cena un po' noiosa.
Parla sempre il presidente. Racconta barzellette, canta. Tutti
sono chiamati soltanto a ridere e a cantare in coro. È soltanto
un preludio. Dopo cena, si scende in quella che tutti chiamano
- dicono A e B - "la sala del bunga bunga". È più o meno una
discoteca, un banco con l'asta per la pole dance, divani,
divanetti, "camerini" dove le ragazze si travestono da
infermiere, da poliziotte, tutte con il seno nudo e poi
improvvisano uno striptease (stripper anche la Minetti), mimano
scene di sesso. Devono essere "convincenti", "spregiudicate",
disinvolte e molto disinibite ché le performance migliori
saranno premiare con un invito a restare per la notte (allo
spettacolino sono presenti Rossella e Fede).
Dopo il "bunga bunga", si risale in un'altra sala dove
Berlusconi sceglie e comunica chi rimarrà per la notte. A
racconta che qui l'atmosfera si fa elettrica, competitiva,
carica di adrenalina e addirittura di odio. E' il momento clou
della serata. Chi sarà la favorita? Chi resterà? Chi avrà
l'opportunità di "guadagnare" di più? Non è che chi ritorna a
casa va via con le mani vuote. Il premier - ancora in un'altra
stanza - congeda chi va via. E' qui che accoglie la giovane A.
C'è anche la Minetti. Berlusconi le chiede se si è divertita.
A dice: "No!".
Il Sovrano, alquanto risentito, chiede: "Perché?".
A rincara: "Mi sono sentita imbarazzata" (Dirà meglio alle
amiche: "Quello è malato, si vede che è un malato!").
B. le chiede un bacetto e le dà due cd di Apicella e tra i cd
una busta con quattro fogli da 500 euro. In auto sarà
rimproverata dalla Minetti: "Sei stata troppo dura, ricordati
che potrà esserti di aiuto".
Queste testimonianze, sfuggite all'occhiuto Ghedini, non dicono
soltanto delle "serate rilassanti" del presidente. Chiudono un
cerchio. Le intercettazioni raccontano che è Emilio Fede a
muovere la giostra. Chiama Lele Mora e gli dà il via: "Stasera
bunga bunga". Mora si muove. Convoca stelline e prostitute. Sono
consapevoli del "mestiere" di quelle giovani donne, come è
consapevole Berlusconi che le riceve e le trattiene per la
notte. Quando varcano il cancello di Villa san Martino, nelle
serate del "bunga bunga", l'amministratore personale del
presidente, Giuseppe Spinelli, ha già preparato e lasciato nella
"stanza dedicata" il numero necessario di buste con un vasto
spettro di retribuzioni, dai cinquecento euro per la presenza ai
diecimila euro "per la notte". E non sempre finisce così.
Spinelli riceve anche dopo, le telefonate della "ragazze". Si
sono affannate a capire chi ha avuto quanto e perché più delle
altre e come ha fatto, che cosa ha fatto, che cosa ha detto. Ci
provano tutte con Spinelli, il giorno dopo. Il segretario non è
mai infastidito o impaziente. Ascolta con pazienza. La risposta
sempre uguale: "Ho bisogno di essere autorizzato, richiamerò". E
richiama, richiama sempre o per dire che "no, non ha ottenuto
l'autorizzazione" o "va bene, la busta è pronta". Queste scene
devono avere ancora dimostrare due questioni essenziali: Ruby si
prostituisce? Ha fatto sesso con Berlusconi? Sono quadri che la
procura di Milano ricostruisce con altri testimoni (amici di
Ruby, "clienti" di Ruby prima e dopo i mesi del "capriccio" del
Sovrano) e soprattutto con l'ascolto telefonico della ragazza.
In una conversazione, un amico la prende in giro: "E così, Ruby,
hai preso il posto di Noemi Letizia". "No, caro mio - risponde
la "nipote di Mubarak" - Noemi per lui era un angelo, io per
lui sono..." È ancora il telefono di Ruby a rivelare le menzogne
e le omissioni e a svelare quante volte e per quanto la
minorenne marocchina si è intrattenuta a Villa san Martino. I
giorni in cui il cellulare della ragazza è presente nella cella
di Arcore, notte e giorno, sono sei.24, 25 (quella notte dormì
ad Arcore anche Vladimir Putin) e 26 aprile 2010. E ancora il 1
maggio. Infine nei giorni di Pasqua e Pasquetta, 4 e 5 aprile
2010 (oltre che il 14 febbraio, San Valentino, quando però la
ragazza - non ha mentito - torna a casa intorno alle 3 del
mattino).
Dunque, ricapitoliamo. Ruby è una prostituta. La ingaggia Lele
Mora. Fede l'accompagna dal presidente del consiglio. Il
presidente del consiglio la paga per la sua presenza notturna in
sei occasioni. È sufficiente per contestare al capo del governo
il favoreggiamento della prostituzione minorile alla luce del
secondo comma dell'art. 600-bis? Bisogna farsi aiutare dalla
lettura del codice penale. Se Lele Mora, Emilio Fede, Nicole
Minetti risponderanno del primo comma ("Chiunque induce alla
prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto
ovvero ne favorisce o sfrutta la prostituzione è punito con la
reclusione da sei a dodici anni e con la multa da 15.493 a
154.937), Berlusconi dovrà rispondere del secondo comma: "Salvo
il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti
sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i
diciotto anni, in cambio di denaro o di altra utilità economica,
è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa
non inferiore a 5.164". Qui si deve dire quanto malaccorto sia
stato Ghedini a confessare l'abitudine del Cavaliere a farsi
"utilizzatore finale" della prostituzione. Perché, è vero, che
questi non è imputabile, ma nel caso in cui la prostituta sia
minorenne è imputabile, eccome. Anche se non c'è stato "atto
sessuale" in quanto, per giurisprudenza costante della
Cassazione, è configurabile come "atto sessuale", in soldoni,
anche una "palpazione concupiscente".