Tutte le conversioni della Lega

 

 

di Gian Antonio Stella

 

 Corriere della Sera” del 21 marzo 2011

 

San Paolo, raccontano gli Atti degli apostoli, si convertì in un baleno: era partito per «fare strage» dei discepoli del Signore e sulla via di Damasco «allimprovviso lo avvolse una luce dal cielo».

Non molto più lente furono le scoperte della fede di fra Cristoforo e san Francesco e san Martino di Tours e tanti altri. Anche se assai più accidentata e meno cristallina, però, la «conversione» di Umberto Bossi merita uno spazio tra quelle più spettacolari. Dopo Giuseppe Garibaldi, che in una lettera dell’8 dicembre 1869 aveva osato irridere al Concilio che si apriva per sancire «linfallibilità di quel metro cubo di letame che si chiama Pio IX», e Benito Mussolini, che aveva messo nel programma fascista lo «svaticanament dellItalia e il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose, nessuno, probabilmente, si era mai avventurato negli attacchi al Papa quanto il Senatur. Tuonava: «Ohè, Vaticano: la Padania non ha interesse a cambiar religione, ma lindipendenza non è in vendita. T’è capì?». Minacciava: «Se perdiamo la pazienza possiamo anche voltarle le spalle e guardare alle Chiese del Nord Europa. E magari fondare una Consulta protestante». Ce l’aveva, in particolare, con Giovanni Paolo II, «il Papa extracomunitario»: «Alla gente del Nord non piace questo Papa polacco, era molto meglio il Gran Lumbard Giovanni XXIII»; «I viaggi del Papa non sono un gesto di apertura democratica ai popoli, ma un’esibizione di forza, il gesto imperiale di un Vaticano potentissimo. (…) La Chiesa di Wojtyla somiglia sempre più al Sacro Romano Impero»; «Il Papa è il re di Roma Oltretevere: si mangiò una banca per finanziare Solidarnosc e ha molta gente disposta a piegare il culo tutte le mattine verso la Mecca romana». Finché un giorno sfondò la barriera del suono della volgarità: «I serpenti comunisti, fascisti e teocratici, ci quelli di Santa Romana Chiesa, si sono aggrovigliati insieme per non essere eliminati attraverso il water della storia. Vorrà dire che la Lega sarà costretta a prendere la ventosa». Giacomo Biffi, il vescovo di Bologna, che pure era diffidente se non ostile verso limmigrazione islamica e dunque avrebbe potuto essere classificato dai leghisti tra gli «amici», se ne uscì con un giudizio tagliente: «Sono impressionato dalla cultura teologica di Bossi. Ha detto che Dio è federalista, perché c’è il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. In 2000 anni, nessuno era arrivato a questo…». Dà quindi il capogiro rileggere il «contrordine, padani» via via concretizzatosi con l’affermazione che «la Chiesa non ha da temere nulla dalla Lega. Noi siamo aperti a trattare sulle scuole cattoliche, sulla solidarietà. La Chiesa non avrebbe nulla da lamentarsi». Rassicurazioni seguite dalla tesi che la Lega guida «il Polo dello spiritualismo contro il Polo del materialismo capitalista». Fino al cesello finale espresso da un fedelissimo del Senatur, il governatore veneto Luca Zaia, al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione di un anno e mezzo fa: «Ci riteniamo gli avamposti nella trincea della Chiesa. Potremmo dire di essere i nuovi crociati». Al lungo cammino percorso dal partito del Carroccio dai matrimoni celtici fino allaccanita difesa del crocefisso nelle aule scolastiche, è dedicato un libro dellEditrice Missionaria Italiana. L’ha scritto Paolo Bertezzolo, veronese, docente di storia e filosofia, ha in copertina una Chiesa col rosone occupato da un grande sole delle Alpi e sintitola, con un gioco di parole, Padroni a Chiesa nostra. Vent’anni di strategia religiosa della Lega Nord. Non è indulgente, Bertezzolo, con il partito di Umberto Bossi. Ma cerca di capire. Ripercorrendo la storia dallinizio. Da quando, nel lontano 1989, «all’Hotel Jolly di Segrate, durante il primo congresso “ nazionale” leghista della Lombardia, Bossi, pieno di diffidenza e sospetti, dichiarò: “ Attenti. Presto la Chiesa avrà sacerdoti che vengono dall’Africa. C’è la crisi delle vocazioni e li fanno venire da laggiù”». Ed ecco via via le polemiche contro il cardinale Carlo Maria Martini, accusato di accelerare il «processo di protestantizzazione della Chiesa», l’espulsione della cattolica «vandeana», ma non secessionista, Irene Pivetti («è caduta come una stella cadente, laltra notte, e io ero in auto, che tornavo da Cortina, e l’ho vista — disse Bossi —. Ha fatto frrr, nemmeno uno sfrigolio decente. Politicamente è morta. La terranno in piedi loro, il Vaticano e la Dc»), la copertina dedicata da «Famiglia Cristiana» al sindaco di Monza Marco Mariani col titolo «Sono cattolico e

voto Lega», la svolta della Chiesa diventata «paladina dell’Unità d’Italia», la minaccia di Mario Borghezio (presto smentito da Bossi) di istituire un nuovo Natale padano, non il 25 ma il 17 dicembre, la minaccia di abolire l’8 per mille alla Chiesa e addirittura, parola di Roberto Calderoli,

«una revisione di Concordato e Patti Lateranensi»… E via così. Tra attacchi e aperture, divisioni profonde (ad esempio sullimmigrazione) e profonde convergenze, come sui temi cosiddetti «etici » e le questioni «non negoziabili». «Quale delle due dimensioni prevarrà? — si chiede Bertezzolo —. Lo scontro o lincontro? Molto dipende dalle priorità che, nella scala dei "valori", saranno scelte, soprattutto dalla Chiesa. Non si può comunque eludere la domanda: è possibile un "incontro" che non renda subalterna la Chiesa alla Lega?». Laccusa principale: «Il partito di Bossi è dichiaratamente anticonciliare e vicino alle posizioni lefebvriane. Ha deciso di utilizzare il Cattolicesimo, fornendone un’interpretazione etnica e identitaria. È conciliabile questo con il Vangelo?».