FERRUCCIO PINOTTI: DIETRO LO SCANDALO,
L’ACUTIZZARSI DELLO SCONTRO TRA CL E OPUS DEI
Valerio Gigante
ADISTA n° 12 del 18.2.2012
36536. ROMA-ADISTA. Per fare maggiore chiarezza sulle ragioni profonde che muovono la fuga di notizie dai palazzi vaticane ai media, e sullo scontro in atto all’interno dei vertici ecclesiastici, Adista ha intervistato Ferruccio Pinotti, giornalista d’inchiesta autore di numerosi libri di indagine sulla finanza vaticana, oltre che su Comunione e Liberazione e Ior. (valerio gigante)
Cosa pensi dello scandalo scoppiato dopo le rivelazioni fatte da La7 sul caso Viganò?
Mi pare chiaro che è in atto uno scontro interno al Vaticano che sta raggiungendo un livello molto alto e che ha oggi come obiettivo principale il segretario di Stato card. Bertone e il suo entourage.
Sei quindi dell’idea che la vicenda non sia scoppiata casualmente, ma che sia piuttosto il frutto di una strategia interna agli ambienti ecclesiastici. Un po’ come il caso Boffo del 2009... Del resto (come testimonia la parola “Pervenuta” stampigliata in alto a destra dell’originale mostrato da Gianluigi Nuzzi), la lettera di Viganò al card. Bertone è uscita dalla segreteria di Stato, non dall’archivio privato dell’ex segretario del Governatorato...
Sì, è un’ipotesi molto realistica. In Vaticano da anni è in atto una guerra tra correnti. Il conflitto, per come si sta oggi sviluppando, mi appare piuttosto confuso negli esiti, e in ogni caso assai poco governabile. La fuga di notizie data in pasto ai media lo testimonia. Bertone in Curia di nemici ne ha sempre avuti. Ritengo però che oggi l’ostilità nei suoi confronti si sia acutizzata in conseguenza dell’operazione che il Segretario di Stato ha condotto in maniera molto decisa per l’acquisizione del San Raffaele. Il progetto di espansione degli interessi vaticani in ambito sanitario di per sé certamente confligge con gli storici interessi in quel settore di Comunione e Liberazione. Ma portare quel progetto proprio in Lombardia, nel cuore del potere ciellino, e per di più mirando al san Raffaele, un ospedale che ottiene 450milini di euro l’anno di rimborsi pubblici per le prestazioni sanitarie che eroga, ecco, questo forse è stato l’azzardo che Bertone sta pagando. Ed in effetti, tra i più accesi oppositori del tentativo di scalata di Bertone al San Raffaele c’era proprio il cardinale Scola, la cui azione si è saldata con quella degli ambienti vicini alla Cei e con un certo numero di esponenti di Curia che negli ultimi anni erano stati progressivamente messi ai margini da Bertone.
Bertone è stato sostenuto in questi anni dall’Opus Dei (ai vertici dello Ior siede tra l’altro un suo soprannumerario, Ettore Gotti Tedeschi), che sarebbe rientrato all’interno della fallita operazione di acquisizione del San Raffaele assieme all’imprenditore Malacalza. Si riproporrebbe quindi su un piano intra-ecclesiale oltre che su quello economico-finanziario il tradizionale scontro tra Cl ed Opus Dei?
Sì, con una differenza rispetto al passato: che l’Opus Dei non ha più quell’atteggiamento di superiorità e di altezzosa indifferenza che ha tradizionalmente avuto nei confronti del movimento di don Giussani, quando l’Opera si occupava di alta finanza e lasciava a Comunione e Liberazione gli appalti ed i rapporti con le amministrazioni locali. Un cambiamento che ho potuto personalmente constatare nelle dichiarazioni che al meeting di Rimini del 2009 mi ha rilasciato lo stesso portavoce dell’Opus Dei in Italia, Giuseppe Corigliano molto attento a cercare un dialogo con Cl, a sottolineare i carismi che rendevano simili l’Opera con il movimento di Giussani. Certo, allo stesso tempo si notava anche un certo imbarazzo di Corigliano di fronte all’esibizione di grandezza e potere che caratterizza le kermesse di Cl e che non rientrano minimamente nello stile dell’Opus. Un disagio che, oltre al disappunto, celava forse anche una certo desiderio di emulazione.
Certo, oggi più che lo scontro tra due forze, sembrerebbe configurarsi quello tra due debolezze, se è vero che l’Opus alla fine non è riuscita nell’intento di rafforzare la propria presenza nel settore della sanità e Cl non sta attraversando un periodo felicissimo dal punto di vista politico e giudiziario...
Se a ciò aggiungiamo la crisi economica riusciamo probabilmente a spiegarci anche l’intensità che lo scontro intra-ecclesiale ha raggiunto negli ultimi mesi e che è difficile rintracciare, almeno in queste forme, in stagioni precedenti vissute dalla Chiesa cattolica post-conciliare
Tu ritieni il papa spettatore suo malgrado dello scontro in atto o parte in causa, per aver nominato Bertone ed averne sostenuto l’azione?
È difficile rispondere. Storicamente questo papa ha avuto relazioni ottime con Comunione e Liberazione, di cui ha sempre ammirato lo spirito e l’azione ecclesiale. Non a caso sono delle Memores Domini a prestare servizio nell’appartamento pontificio. Ma anche l’Opus Dei ha avuto con l’attuale papa un rapporto privilegiato. Alcuni si spingono a sostenere che l’Opera abbia giocato un ruolo importante nella stessa elezione di Benedetto XVI. Ecco, ritengo che oggi Ratzinger preferirebbe mediare tra i diversi interessi in campo; ma che, oggettivamente, anche per il livello della posta in gioco e degli attori in campo, la situazione gli sia sfuggita di mano. Insomma, è in atto nella Chiesa un progetto disgregativo che molto difficilmente il papa o Bertone potranno ricondurre all’unità.
Benedetto XVI ha però dato molto potere proprio a quelle realtà che oggi nella Chiesa combattono apertamente la propria lotta per l’egemonia...
La contraddizione sta proprio qui. Questo papa oggi vorrebbe ricondurre all’ordine lefebvriani, legionari, neocatecumenali, ciellini, opusdeisti. Ma si tratta di strutture a cui negli anni passati, specie sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, è stata concessa una autonomia enorme dal punto di vista dottrinario, ecclesiale e – soprattutto – finanziario. Oggi quindi le spinte centrifughe, innescate dallo stesso pontificato wojtyliano (all’interno del quale Ratzinger ha giocato un ruolo tutt’altro che secondario) sembrano molto più forti di quelle centripete e il papa non credo riuscirà a ricondurre all’unità settori del corpo ecclesiale divenuti ormai molto influenti, anche in virtù dell’enorme potere finanziario accumulato. E che combattono la loro battaglia uno contro l’altro su piani molto complessi e differenti, da quello delle strategie politiche a quello delle alleanze con i banchieri ed il mondo industriale, dalla finanza alla acquisizione di ospedali e università, dalla occupazione dei posti chiave nell’organigramma vaticano alle nomine episcopali.