Crisi: “Italiani attenti, la ricetta tedesca vi farà finire come la Grecia”
Intervista a Roberto Lavagna, il "ministro del miracolo" che ha risollevato dal baratro l'economia dell'Argentina: "Prima di tagliare il Welfare colpire i settori improduttivi". Dopo il crac del 2001, Buenos Aires rifiutò i diktat dell'Fmi: "Per esempio decidemmo di bloccare gli sfratti per non mandare sotto i ponti migliaia di persone"
Il fatto quotidiano 11 novembre 2012
“Attenzione, se continuate a fare quello che vi chiede la Germania rischiate di fare la fine della Grecia”. Roberto Lavagna (nella foto) è l’economista che traghettò l’Argentina fuori dalla drammatica crisi esplosa nel Natale del 2001 (leggi il suo ritratto). Fu lui a governare l’emergenza. Nominato ministro dell’economia subito dopo il tracollo di Buenos Aires – con il Pil precipitato del 20%, i conti correnti congelati dalle banche e buona parte della classe media finita a rovistare nei cassonetti della spazzatura – riuscì a risollevare le sorti di un Paese dato ormai per spacciato, applicando ricette economiche finalizzate innanzitutto a restituire potere d’acquisto alla popolazione. “El ministro milagro” lo chiamano (anche i nemici) a Buenos Aires. Ora dice di noi: “Tagliare il welfare non vi farà uscire dalla crisi, o andate a disturbare settori improduttivi e prendete i soldi da lì, o vi ritroverete come Atene”.
Quali settori
improduttivi?
Voi non potete giocare con la svalutazione della moneta come facemmo noi nel
2002 in Argentina perché avete l’euro e fate bene a tenervelo caro. Però potete
decidere di avere il coraggio di intervenire con tagli molto precisi e molto
decisi nei settori meno legati alla crescita. Penso per esempio alle spese per
la Difesa. Solo quando c’è potere di acquisto c’è aumento della domanda e come
si esce dalla recessione se non si pensa ad aumentare la domanda di beni e
servizi da parte della popolazione? Quale senso economico ha distruggere il
welfare state per tutelare gli interessi di settori di potere che non producono
ricchezza? Pensare che uscirete dalla crisi attuando le politiche che vi
raccomanda la troika è un errore gravissimo. Credere che si recupera
competitività riducendo il potere di acquisto della popolazione è folle. Vi va
male? Se seguite quelle ricette vi andrà peggio.
Quali delle
richieste della Banca centrale europea, dell’Unione europea e del Fondo
monetario internazionale non la convincono?
Finora mi pare che l’unica cosa concreta fatta in Europa sia stata il
salvataggio delle banche. Guardate la Grecia. Lì c’è stato un drastico
intervento europeo. Eppure Atene va verso un 2013 con il Pil precipitato, gli
indici di disoccupazione e di povertà vanno peggio di come andavano prima del
drastico intervento europeo. Perché non viene messa in discussione l’efficacia
dell’intervento? Si chiede al governo greco invece di aumentare la politica
delle lacrime e sangue. Cosa ha salvato lì il piano di salvataggio europeo? Ha
salvato l’esposizione di alcune banche. L’esposizione delle banche in Grecia è
diminuita del 60%. E’ l’unica cosa che è stata fatta. Si è privilegiato il
salvataggio di quel settore. Si è fatta una scelta specifica, si è salvato
l’interesse di un particolare settore di potere.
Era possibile
non farlo?
Con la quantità di soldi che si è spesa si poteva salvare parte dell’economia al
collasso. Ma guardate quanto si è speso per salvare le banche dei Länder
tedeschi che stavano messe male tanto quanto le Caixas spagnole. Perché si parla
tanto dei buchi delle Caixas spagnole e non di quelli enormi delle banche dei
Länder tedeschi ripianati dalla signora Merkel? Mistero.
Che cosa
contesta esattamente alla gestione tedesca della crisi europea?
L’egoismo e la miopia. La sintesi della situazione europea l’ha fatta Helmut
Kohl quando ha detto: ‘Finora si trattava di europeizzare la Germania, ora si
sta tentando di germanizzare l’Europa’. Che voi seguiate la strada indicata
dalla Germania conviene alla Germania, non a voi.
Ma davvero
crede che il welfare così come l’abbiamo conosciuto finora possa essere
mantenuto?
Ci sono sprechi ed eccessi nel welfare europeo, certo. Ma non si può cominciare
a tagliare da lì. Chi va a tagliare i costi del welfare, per farlo con
autorevolezza, deve essersi reso prima credibile politicamente prendendo i soldi
ai settori di potere improduttivi. Non ci vuole un genio dell’economia per fare
cassa tagliando salari pubblici e pensioni.
Quali degli
strumenti usati in Argentina per uscire dal tracollo del 2001, ritiene utili
nella crisi europea attuale?
Lasciamo perdere le ovvie differenze e guardiamo alle similitudini tra le due
situazioni. Sinceramente, le somiglianze tra la Grecia di oggi e l’Argentina di
allora sono preoccupanti. La troika chiede ad Atene, e rischiate che tra poco
chiederà a voi, le stesse cose che il Fmi chiese a noi dieci anni fa. Se
l’avessimo seguito alla lettera, non ci saremmo mai più ripresi. In Argentina la
prima richiesta del Fmi durante la crisi economica fu di ridurre le spese per i
salari pubblici e per le pensioni del 13%. La prima richiesta fatta alla Grecia
è stata di tagliarli del 14%. Noi avemmo il coraggio di dire no a richieste
pressanti che ci arrivavano dagli organismi internazionali.
Quali?
Banche e imprese straniere ci chiedevano il pagamento di un’indennità, il
“seguro de cambio”, che serviva a rimborsare i profitti persi a causa della
svalutazione della moneta. Pagarlo a una sola impresa avrebbe voluto dire
sborsare 500 milioni di dollari dalla cassa statale. Dicemmo di no. Altro
esempio: decidemmo di sospendere gli sfratti nei casi di unica abitazione. Il
Fmi ci disse che era una violazione del principio capitalistico della difesa
della proprietà. Trovo che sia un assurdo economico, oltre che un grave
attentato alla sicurezza sociale, mandare a vivere sotto ai ponti migliaia di
persone. Comunque una decisione simile, pochi anni più tardi fu applicata negli
Stati uniti senza scandali. Perché in casi di crisi, l’eterodossia diventa
regola. Solo che negli Stati uniti sono stati più abili di noi e la decisione
non ha fatto scandalo. Anzi, non ha fatto neanche notizia.