CURIA, POLITICA, FINANZA, SANITÀ.
LE ROCCAFORTI DI BERTONE VACILLANO?
Valerio Gigante
ADISTA n° 5 dell'11.2.2012
36523.
CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Guardato con sospetto e diffidenza dagli uomini
di Curia e dalla diplomazia vaticana all’inizio del suo mandato, soprattutto per
la sua totale mancanza di esperienza nel campo diplomatico (è infatti un
canonista), il segretario di Stato vaticano, card. Tarcisio Bertone, si è
progressivamente impadronito di tutte le leve del potere curiale. Soprattutto di
quelle che presiedono alle finanze e ai beni del Vaticano. Bertone, ad esempio,
è riuscito in ciò in cui aveva fallito il suo predecessore, il card. Angelo
Sodano: nominare un uomo di sua fiducia ai vertici dello Ior. Dal 2009, infatti,
la banca vaticana è guidata da Ettore Gotti Tedeschi. Lo stesso anno, un altro
uomo di stretta osservanza “bertoniana”, mons. Alberto Perlasca, assumeva nella
Segreteria di Stato il ruolo di responsabile dell’Obolo di san Pietro (la
colletta annuale in favore del papa, enorme flusso di denaro che non viene
nemmeno rendicontato nel bilancio annuale del Vaticano); mons. Fernando Filoni,
già braccio destro di Bertone come sostituto agli Affari generali della
Segreteria di Stato, dal maggio 2011 è prefetto della Congregazione per
l’Evangelizzazione dei Popoli, dicastero che controlla un enorme patrimonio
immobiliare, oltre che la nomina dei vescovi in “terra di missione” e tutte le
collette a favore delle missioni (altro denaro che non viene rendicontato nei
bilanci vaticani); a chiudere il cerchio, dal luglio 2011, un altro
ecclesiastico vicino a Bertone, mons. Domenico Calcagno, è presidente dell’Apsa,
l’Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica, l’organismo che si
occupa della gestione del patrimonio economico della Santa Sede.
Bertone e i movimenti
Molto attento a mantenere buoni rapporti con i movimenti cattolici, che
nell’epoca wojtyliana hanno accresciuto enormemente potere e capacità di
influenzare le scelte dei vertici vaticani, anche portando cospicue offerte ai
capi dicastero ed agli uomini di Curia, Bertone ha dalla sua diversi esponenti
di Comunione e Liberazione, cui vanno aggiunte le 4 Memores Domini (laici di Cl
che vivono in povertà, castità e obbedienza) che prestano servizio
nell’appartamento pontificio. Anche il Movimento dei Focolari gode della stima,
ricambiata, del segretario di Stato, almeno dai tempi del “caso Milingo” (v.
Adista n. 49/02). Diversi infatti i focolarini che lavorano in Curia. Tra essi
c’è anche, sin dai tempi dell’ex Sant’Uffizio, la segretaria personale di
Bertone, Eurosia Bertolassi, detta Rosy. Il bertoniano presidente dello Ior
Gotti Tedeschi è invece un soprannumerario dell’Opus Dei, e “amico” dell’Opera
fondata da Josemaria Escrivà de Balaguer è anche Marco Simeon. Questi, figlio di
un benzinaio di San Remo, è diventato in brevissimo tempo, grazie al patronage
di Bertone, fornitore di fiori per la Città del Vaticano tramite la cooperativa
il “Cammino”, referente della National Italian American Foundation per conto
della Santa Sede, priore della Fondazione Magistrato di Misericordia (ente
religioso presieduto dall’arcivescovo di Genova che raccoglie offerte delle
aziende e delle famiglie, genovesi e non, per i poveri e che amministra, tra
l’altro, un cospicuo patrimonio immobiliare), responsabile delle relazioni
istituzionali prima per Capitalia e poi per Mediobanca sotto la guida di Cesare
Geronzi. Infine, direttore di Rai Vaticano e delle Relazioni Istituzionali e
Internazionali della Rai. Simeon è tra i destinatari degli strali epistolari di
mons. Viganò, che in una delle sue lettere a Bertone (quella pubblicata dal
Fatto quotidiano il 27/1) definisce Simeon «persona particolarmente vicina a
Vostra Eminenza».
A tenere invece i rapporti con i neocatecumenali è mons. Filoni, attivissimo
negli ultimi anni nel processo di definitivo riconoscimento pontificio dei
seguaci di Kiko Argüello e Carmen Hernández.
Bertone nelle banche
Nei rapporti con la finanza ed il mondo delle banche Bertone ha invece dovuto
pazientare, aspettando che gli esponenti della vecchia classe dirigente vaticana
che avevano i rapporti privilegiati con il capitalismo lombardo e la finanza
bianca si facessero da parte. Poi, usciti di scena il card. Giovanni Battista
Re, per anni referente di personaggi come Antonio Fazio (ex presidente della
Banca d’Italia, condannato dalla prima sezione del Tribunale di Milano a 3 anni
e 6 mesi di reclusione e a una multa di 1 milione di euro per insider trading,
ostacolo alle funzioni di vigilanza nel processo sulla tentata scalata di Unipol
alla Bnl) e Massimo Ponzellini (presidente di Impregilo e della Bpm), ma anche,
insieme al cardinale Carlo Maria Martini ed al card. Attilio Nicora, storico
interlocutore dei banchieri milanesi e di quelli del Nord-Est; pensionati il
card. Angelo Sodano, che condivideva con Re anche ottime relazioni con Giovanni
Bazoli (Intesa Sanpaolo, banca nella quale lo Ior è azionista); allontanato il
card. Crescenzio Sepe, per anni potentissimo prefetto di Propaganda Fide, con
ottime entrature negli ambienti degli immobiliaristi, oltre che in quelli
governativi; reso meno decisivo il ruolo del card. Camillo Ruini, per anni
egemone in tutte le questioni politico-economiche italiane, Bertone ha potuto
progressivamente imporre un sistema di relazioni economico-politico-finanziarie
basato su una forte “centralizzazione”. Il perno di questo sistema di relazioni
è stato per anni Cesare Geronzi, ex banchiere di Capitalia, di Mediobanca e
delle Generali (imputato per il crac Parmalat e condannato in primo grado a 4
anni di reclusione per concorso in bancarotta per la vicenda Cirio); ma Bertone
ha coltivato ottimi rapporti anche con Fabrizio Palenzona (Unicredit), Andrea
Comba (Cassa di Risparmio di Torino), Piero Melazzini (Popolare di Sondrio).
Nella Compagnia di San Paolo, vicepresidente della Fondazione che controlla
l’istituto è suor Giuliana Galli, salesiana come Bertone. Ma uomini e donne
vicine al cardinale siedono nei cda di tutta una serie di banche, come le Banche
di Credito Cooperativo e quelle nelle quali le Curie cittadine hanno il diritto,
per statuto, di nominare un consigliere all’interno del Cda (a livello locale,
nel rapporto con il mondo finanziario è però fortissimo anche il peso della
Compagnia delle Opere). Come la Fondazione Montepaschi, che controlla l’istituto
senese, presieduta da Gabriello Mancini, anche lui con solidi i suoi rapporti
con la Segreteria di Stato.
Bertone nella politica
In questi anni la Segreteria di Stato ha cercato un rapporto diretto con
l’esecutivo guidato da Berlusconi, scavalcando il primato dei rapporti con la
politica italiana per anni detenuto dalla Cei guidata da Ruini. Non a caso,
infatti, mentre il presidente dei vescovi italiani, card. Angelo Bagnasco,
mostrava progressivamente una prudenza sempre maggiore nei confronti del capo
dell’esecutivo, Bertone moltiplicava le occasioni pubbliche e private (la famosa
cena a casa Vespa, con Berlusconi, Casini, Geronzi, Draghi e Letta) per
manifestare il suo sostegno al leader del Popolo della Libertà.
Dopo la caduta di Berlusconi, Bertone ha continuato (in perenne antagonismo con
la Cei di Bagnasco) il suo rapporto diretto con le istituzioni ed i partiti,
ottenendo di poter dire la sua anche nella formazione del nuovo governo Monti,
nonostante la sua compromissione con l’esecutivo precedente, o forse proprio in
virtù di essa. Fatto sta che sono riconducibili alla Segreteria di Stato
vaticana sia il ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione
Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e tra i laici cattolici
più accreditati in Vaticano, sia il Guardasigilli Paola Severino, allieva di
Giovanni Maria Flick, giurista oggi vicinissimo al card. Bertone (che lo ha
voluto collaboratore dell’Osservatore Romano e nel consiglio di amministrazione
della Fondazione San Raffaele, in attesa di sbarcare nel Comitato permanente del
Toniolo), nonché avvocato dello Ior nel contenzioso che riguarda il sequestro da
parte della Procura di Roma di 23 milioni di euro depositati su un conto aperto
presso il Credito Artigiano per violazione delle norme anti-riciclaggio (v.
Adista nn. 1 e 6/11).
Alla cordata bertoniana nel governo (e più in generale all’opa del cardinale
Segretario di Stato sulla politica italiana) si contrappone Corrado Passera, ex
allievo di Bazoli, esponente della finanza bianca e più vicino al progetto
neocentrista del card. Angelo Bagnasco.
Bertone nella sanità
Abbiamo raccontato più volte le tappe dell’offensiva vaticana per la creazione
di un polo sanitario che collegasse l’ospedale pediatrico Bambin Gesù, il
Policlinico Gemelli e l’Idi di Roma, il San Raffaele di Milano e la Casa
Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Per scongiurare il fallimento
Nell’ospedale fondato da padre Pio Bertone ha inviato un suo amico degli anni
genovesi, Domenico Crupi; alla presidenza del Gemelli, che dipende
dall’Università Cattolica e che per molti anni è stato sotto l’influenza
ruiniana, oggi siede Giuseppe Profiti, che era vicepresidente dell’Ospedale
Galliera, di proprietà della Curia genovese, e che Bertone conobbe quando era
arcivescovo del capoluogo ligure; nel San Raffaele Bertone ha cercato di entrare
approfittando della crisi economica provocata dalla gestione di don Luigi Verzé,
subendo però un forte stop alla sua scalata. E forse a tutto il progetto di un
“cordone sanitario” sotto egida vaticana.
La cordata vaticana guidata da Profiti, dal presidente dello Ior Ettore Gotti
Tedeschi e dal finanziere Vittorio Malacalza, sostenuta dall’Opus Dei e
organizzata da Bertone, aveva infatti offerto 250 milioni per rilevare il polo
ospedaliero fondato di don Verzè, ma alla fine ha dovuto cedere il passo al ras
delle cliniche lombarde Giuseppe Rotelli (ottimi rapporti con il presidente
della Regione Formigoni e con Cl), che di milioni ne ha offeri 405. Ma, al di là
delle cifre, l’operazione era apparsa troppo rischiosa a diversi esponenti della
Curia vaticana (v. Adista n. 5/12), che se ne erano lamentati direttamente con
il papa. I rilievi riguardavano sia l’aspetto economico (l’esposizione debitoria
del San Raffaele è infatti enorme), sia l’opportunità che la Santa Sede entrasse
in maniera diretta nella gestione di un ente che non ha pressoché alcun legame
con la Chiesa cattolica e che, specie sui temi “eticamente sensibili”, ha
portato avanti una linea assai diversa dal magistero ecclesiastico.
Dietro l’inedita convergenza di ecclesiastici in funzione anti Bertone vi
sarebbe però una ragione molto più “concreta”: intessendo una fitta rete di
rapporti economici e finanziari, Bertone sta costruendo un “sistema di potere”
alternativo a quello di Comunione e Liberazione-Compagnia delle Opere,
innescando una reazione dagli esiti imprevedibili.
Non a caso, una partita importante dello scontro tra Bertone, i vertici della
Cei, Ruini, Tettamanzi, Scola, Sodano ed altri eminenti esponenti della
gerarchia cattolica si gioca a Milano, all’Istituto Toniolo, che controlla
l’Università Cattolica del Sacro Cuore (ma anche il Policlinico Gemelli di
Roma).
Lì da mesi Bertone vorrebbe ottenere la maggioranza dei consiglieri del Comitato
permanente, nonché la presidenza del Comitato, da affidare a Giovanni Maria
Flick, che prenderebbe il posto del card. Tettamanzi, più volte pregato da
Bertone di farsi da parte prima della naturale scadenza del mandato. Ma per ora
tutti i tentativi sono stati rintuzzati. Recentemente, ma era scontato, tra i
membri del comitato esecutivo è entrato il card. Angelo Scola, subentrato in
settembre a Tettamanzi alla guida della diocesi di Milano.
Venezia fa “Moraglia”
Dove Bertone è più “scoperto” è all’interno delle Curie delle grandi città. In
questi anni, infatti, nonostante il forte pressing sul papa, non è riuscito a
far eleggere i suoi candidati nelle sedi cardinalizie più prestigiose. Clamorosa
la sconfitta a Torino, dove è passato uno dei pupilli di Ruini, mons. Cesare
Nosiglia. Bruciante la sconfitta di Milano, dove Bertone puntava su mons. Gianni
Ambrosio. Imbarazzante, per i 7 mesi in cui una delle diocesi più importante
d’Italia è stata senza guida (a testimonianza dell’intensità raggiunta dalle
lotte intestine ai vertici ecclesiastici), l’esito di Venezia, dove la nomina
dell’ultraconservatore mons. Francesco Moraglia riporta in auge la nidiata di
preti discepoli del card Siri, fa felice l’inedito asse Bagnasco-Scola-Piacenza
(allievo prediletto di Siri) e infligge una mezza batosta a Bertone, che puntava
su tutti i candidati già sconfitti a Torino e Milano (mons. Giuseppe Versaldi,
mons. Aldo Giordano, mons. Gianni Ambrosio), ma che alla fine ha accettato una
soluzione di compromesso che paradossalmente non scontenta nessuno.