Barcellona, 5-10 agosto 2003 --- 2° Sinodo Europeo
delle Donne
Il
secondo Sinodo Europeo delle donne sul tema “Condividere culture” si è
svolto a Barcellona, presso il Campus dell’Università Autonoma dal 5 al 10 Agosto. Hanno partecipato circa 700 donne
provenienti da una trentina di paesi
europei e da alcuni paesi extraeuropei (Africa, America, Asia). Le tradizioni
religiose rappresentate : cristiane, mussulmana ed ebraica. Circa quaranta le
italiane presenti, un bel gruppo di donne provenienti da aree diverse :Cerchio
della luna piena di Padova, Graal , Libera Università delle donne di Milano,
CISL, Gruppo Promozione donna, Federazione donne evangeliche italiane, Suore
Francescane, rete donne evangeliche luterane, suore missionarie comboniane,
Coordinamento Teologhe italiane, Coordinamento donne cdb italiane, donne
in cerchio di Roma. Al comitato di coordinamento internazionale
che ha preparato il sinodo hanno partecipato per l’Italia Nicole Adam
Cogliati del coordinamento nazionale donne cdb e Assunta Sozzi Mancini del
gruppo Promozione donna di Milano.
L’idea
di organizzare un Sinodo Europeo delle donne nasce negli anni ottanta in un
contesto cristiano ecumenico. In quegli anni inizia a formarsi un movimento di
donne che vogliono trovare connessioni tra spiritualità e politica
e vogliono intraprendere questo cammino con
donne dei diversi paesi
europei e di altre tradizioni religiose.
Nel
1985 Karin Hamar , membro del Consiglio Mondiale delle chiese, esprime per la
prima volta la necessità di un sinodo delle donne.. Nell’87 in Olanda si
svolge il primo incontro sinodale. Nell’88 il Consiglio Mondiale delle Chiese
dichiara “Il decennio delle chiese in solidarietà con le donne”. Tra il 90
e il 95 si sviluppa una rete di incontri sinodali che si svolgono in Germania,
Olanda, Austria, Italia, Svizzera . Nel 92 si costituisce un equipe per la
preparazione del primo Sinodo Europeo che
si svolgerà nel 96 a Gmunden in
Auistria. Avrà come titolo “donne per il cambiamento del XXI secolo”
e un’adesione di 1200 partecipanti.
Tra il primo e il secondo Sinodo Europeo, a distanza di sette anni, si
susseguono sei incontri sinodali nazionali e ai paesi precedentemente coinvolti
si aggiunge l’Inghilterra.
E’
in programma per il 2004 il terzo sinodo in Svizzera, a Basilea sul tema
“Coscienza della diversità”.
DONNE
NORMALI CHE FANNO COSE STRAORDINARIE
I
sinodi delle donne offrono un modello di partecipazione diverso da quello
tradizionale. Non vi sono persone ufficialmente delegate a parlare. Ogni donna
porta la propria esperienza, parla a nome proprio e offre le proprie capacità e
competenze, mettendosi in gioco in prima persona. Una modalità che richiama il
significato etimologico della parola “sinodo” che significa camminare
insieme.
Il
primo Sinodo Europeo ha rivelato la necessità di superare le barriere delle
confessioni religiose. Questa esigenza ha fortemente ispirato il clima
interreligioso e interculturale del Sinodo di Barcellona.
Di
grande impatto emotivo è stata la cerimonia di apertura dove ognuna delle
partecipanti ha composto il mosaico del Sinodo deponendo il proprio coccio
colorato sotto l’ulivo della pace. I settecento volti sorridenti, nel lungo
serpentone incrociato attraverso il quale ci siamo guardate ad una ad una negli
occhi intonando un canto, hanno immediatamente dato il senso della bellezza di
“Condividere culture, convivere nella differenza, osare la diversità”.
Nello stesso modo, incontrando i nostri sguardi commossi e pieni di gratitudine,
e tenendoci per mano, si è concluso il secondo Sinodo europeo.
Tra
questi due momenti di accoglienza e di saluto sono trascorsi cinque giorni di
intense attività con tempi sapientemente scanditi tra momenti assembleari, con
le relatrici tradotte simultaneamente in quattro lingue, momenti di preghiera e
meditazione, di scambio e conoscenza in piccoli gruppi, in gruppi di interesse e
in seminari a tema.
Teresa
Forcades Vila, suora benedettina di Montserrat e medico, ha introdotto il Sinodo
con la sua relazione su “La sfida della differenza culturale e religiosa
nell’Europa contemporanea”. Al centro della sua relazione ha posto
l’utopia della pluralità. Sfidare
la diversità non è un compito facile, significa “sfidare il cambiamento,
sfidare di vivere all’aperto”. Anche negli ambienti dove diversità e
multiculturalismo sono apprezzati e accolti in realtà condividere culture
presenta enormi difficoltà. Per la sua complessità resta quindi un’utopia
che però non possiamo permetterci di trascurare nelle nostre società che
diventano sempre più pluralistiche. Perché esista pluralismo la maggior parte
dei membri di una società plurale devono considerare favorevolmente la pluralità
che c’è al suo interno. Eppure una situazione che si ripete continuamente è
che gli oppressi ottengano voce per scoprire che nessuno si cura di ascoltarla.
Per un riconoscimento reciproco di identità è fondamentale impegnarsi in un
vero dialogo. Dialogando i nostri orizzonti si allargano in risposta
all’altro/a e possiamo comprenderci perché la sciamo entrare l’altra/o in
noi stessi, perché rischiamo di "dover cambiare" la nostra posizione
o addirittura la nostra identità. Sul tema del razzismo come violenza sono
intervenute la pastora anglicana Rose Hudson Wilkin con la relazione “Fare di
tanti un solo popolo” e la teologa tedesca Eske Wollrad con il suo intervento
su “La bianchitudine come mito del terrore”. Dall’est la filosofa bulgara
Tania Marincheshka e l’avvocata Genoveva Tischeva hanno ampiamente esposto la
situazione di emarginazione delle donne nell’attuale periodo di passaggio da
un’economia socialista al regime di libero mercato. La rabbina austriaca
Eveline Goodman-Thau ha svolto una riflessione sulla creazione e sul rapporto
uomo-donna nella cultura ebraica.
Particolarmente
apprezzata, in chiusura, la relazione di Mercedes Navarro Puerto teologa
femminista spagnola “Donne e religioni: visibilità e convivenza nel sud
dell’Europa”. Ha colpito nel bersaglio, secondo la Navarro, chi ha affermato
che non è la religione l’oppio dei popoli, bensì il genere che si
nasconde in essa, la violenza simbolica della dominazione maschile che
attraversa le religioni ed è destinata a proiettarsi in un dio che è
considerato maschile. Il femminismo critico vuole liberare le religioni da
questa violenza simbolica di genere. La metafora del nord – sud serve al
sistema di dominazione. Nel suo ordine simbolico gerarchico tutto ciò che è
sotto è peggiore, tutto ciò che è sopra è migliore. Quindi parlare in
termini di nord-sud significa mantenere le gerarchie. Meglio metafore come la
frontiera non per imporre limiti e separare ma come luogo privilegiato di
connessioni, area di sosta e di riposo, di rifugio e protezione per proseguire
nella resistenza, luogo di libertà e di trasgressione.
La
teologia femminista compie le funzioni proprie della frontiera come terra di
nessuno all’interno delle religioni, come luogo critico e scomodo che crea
scompiglio e tuttavia come spazio di libertà, luogo dove si entra e si esce da
un sistema con il quale non siamo d’accordo. Zona di dialogo e convivenza poco
incline alla manipolazione.
Mercedes
Navarro ha espresso la sua preoccupazione: “ dove sono le teologhe in Europa?
Dove si scommette veramente su di loro? Dove vengono divulgate e studiate le
loro opere? Dove si prendono in considerazione i loro contributi in teologia
?” Il potere e l’autorità sono ferocemente impegnati a mantenere la nostra
invisibilità. Non aspettiamoci che le istituzioni religiose ci diano il potere!
La
radicalità e la determinazione della Navarro sono state accolte da un intenso e
prolungato applauso.
I
quattro filoni intrecciati nel Sinodo su ricerca di sé, impegno sociale,
analisi politica e spiritualità sono stati affrontati attraverso l’ampia
prospettiva derivata dai molteplici percorsi di ricerca, riflessione ed
esperienza dei vari contesti femministi europei. Sessantacinque seminari a tema
hanno offerto alle partecipanti la possibilità concreta di condividere cultura
e spaziare in esperienze non verbali, attraverso danza, yoga, canto e
bibliodramma, alla ricerca di una maggiore percezione corporea ed emotiva. Molti
i temi trattati sull’interculturalità, su strategie e politiche di presenza
nelle chiese, donne e violenza nella chiesa, razzismo, educazione di genere e
pace. Altrettanto presenti la ricerca sulle immagini femminili nella bibbia, la
prospettiva teologica femminista ed ecofemminista.
I
gruppi di interesse e le “oasi”, piccoli gruppi di conoscenza e scambio,
hanno permesso l’approfondimento dei temi dando a tutte la parola e la
possibilità di creare reti di collegamento per il futuro. Celebrazioni
liturgiche al femminile hanno aperto e chiuso le giornate. Sparse nei giardini
del campus o nei locali degli edifici universitari le donne hanno pregato e
meditato insieme mettendo in gioco creatività e trasgressione. Hanno osato
condividere e celebrare le diversità. La presenza di molte suore missionarie ha
arricchito questi momenti con ritualità delle diverse tradizioni del mondo:
invocazioni degli indio del America centrale al Dio di tutti i popoli, Alleluia
cantati muovendosi al ritmo di danza africano, celebrazioni eucaristiche
presiedute da donne cattoliche con la benedizione finale da parte della rabbina.
Si è trattato di esperienze forti e significative, espressioni di una fede
viva. Momenti magici di incontro e di contatto tra anime, corpi e visioni che
sprigionano energie nuove.
Tutto
questo è stato il Sinodo delle donne di Barcellona e ancora altro. Un evento
ricco e complesso, del quale, per il momento, è ancora impossibile avere una
visione d’insieme. Dovremo attendere la pubblicazione degli atti. Per ora
abbiamo a disposizione le risoluzioni finali che, in continuità con il primo
Sinodo, sintetizzano la volontà e gli obbiettivi strategici nell’ambito
socio-economico, politico, dell’identità, dello sviluppo personale e della
spiritualità. Partendo dal presupposto che "Noi donne europee, stiamo
re-inventando, ri-definendo e ri-negoziando la nostra identità, individuale e
collettiva, e vogliamo che sia una realtà fluida e aperta". Il documento
si conclude con l’affermazione “Noi non ci daremo per vinte perché dovunque
si avverte il desiderio delle donne di cambiare e di trasformare il mondo".
Un
cuore grande per amare, forte per lottare
"Danos
un corazon grande par amar;
danos
un corazon fuerte para luchar."
Dacci
un cuore grande per amare, per accogliere e comprendere le diverse, i diversi da
noi; per ascoltare la flebile voce delle persone discriminate, meno dotate, (dis)abili.
Dacci
un cuore forte per lottare per una giusta distribuzione della ricchezza, per un
uso oculato delle risorse naturali, per l'abbattimento di tanti stereotipi
oppressivi ancora operanti nella vita delle società e delle chiese, per
l'attuazione e il rispetto dei diritti umani.
Tutto
questo era sintetizzato nel ritornello del canto che ha sottolineato i momenti
simbolicamente più significativi del 2° Sinodo Europeo delle Donne, che si è
svolto a Barcellona dal 5 al 10 agosto 2003.
Erano
più di 700 le donne presenti, che non pretendevano di rappresentare le donne
europee. Costituivano però una piccola folla femminile estremamente eterogenea
per origine etnica, estrazione sociale, appartenenza (e non appartenenza)
religiosa, età, stato civile, orientamento sessuale, professione. Una piccola
folla che, già a colpo d'occhio, evidenziava la realtà composita della nuova
Europa: insieme alle donne tipicamente nordiche, mediterranee e slave, c'erano
le francesi di origine magrebina, le olandesi dalla pelle scura, le inglesi
provenienti dalla Giamaica, le tedesche curde e turche, donne musulmane velate e
non velate, donne ebree.
Una
piccola folla, dunque, che in qualche modo rendeva presente l'Europa dei nostri
giorni e del futuro, che si è ritrovata per riflettere sui nodi cruciali che
riguardano in particolare le donne, partendo dalla necessità oggettiva di
"Convivere nella differenza". Differenza che, in sé, non rappresenta
un valore e che, nonostante la buona volontà e gli sforzi individuali e
collettivi, è indiscutibilmente una difficoltà, un ostacolo da superare.
Lo
ha ben sperimentato Teresa Forcades i Vila, una giovane benedettina che ha
studiato alla Divinity School di Harvard, un ateneo non confessionale,
interessato ad attirare studenti appartenenti a religioni non cristiane, che si
vuole caratterizzare per l'attenzione alla diversità e al multiculturalismo.
Nonostante questo impegno ufficiale, c'era uno scarto tra la teoria e
l'attuazione pratica. Gli stessi studenti, non riuscendo a trovare il modo per
trasformare in arricchimento le reciproche differenze, finivano per rifugiarsi
nei "gruppi degli uguali" che offrivano il sostegno per riflettere
sull'utopia di osare confrontarsi con la differenza.
Anche
a Barcellona si è registrato qualcosa di simile. I numerosi "gruppi
d'interesse" spontaneamente costituitisi hanno convogliato, a volte, donne
accomunate non soltanto dall'interesse per quel determinato tema ma anche dalla
cultura, dalla lingua e origine etnica o appartenenza religiosa.
"Non
è vero che il multiculturalismo è un problema solo per chi è vittima di
pregiudizi", ha detto Teresa Forcades, "e non è vero che mettere
insieme delle persone provenienti da tutte le parti del mondo produce un vero
impegno critico, come se nella pura e semplice pluralità ci fosse la necessità
intrinseca di trasformarsi in pluralismo qualificato. Perché esista pluralismo,
la maggioranza dei membri di una società plurale devono considerare
favorevolmente la pluralità che c'è al suo interno. Devono considerarla parte
del loro concetto di bene. Ma, anche se si è disponibili a un autentico
pluralismo, non è vero che bastano la buona volontà e una mentalità aperta
per affrontare bene la sfida del multiculturalismo." Per ottenere una
riflessione critica è necessario disporre anche di una struttura analitica e
Teresa Forcades ha proposto il modello epistemologico della fusione di
orizzonti, mutuato da Gadamer.
Dacci
un cuore grande per amare… Chi ama è attenta, acquisisce maggiore sensibilità
e capacità di approfondimento. Chi ama smaschera gli stereotipi razzisti o
sessisti nei quali ci troviamo spesso inviluppate, a volte inconsapevolmente.
Chi ama il/la diverso/a da sé forse non scambia la donna addetta alla macchina
del caffè con la relatrice di una conferenza, solo perché quest'ultima ha la
pelle nera (testimonianza di Rose Hudson Wilkin). Chi ama il/la diverso/a da sé
lo/la comprende e non ferisce una donna lesbica offrendole il denaro per
sottoporsi a un'operazione al cervello che le "asporti il tessuto lesbico"
(testimonianza di Eske Wollrad). Chi ama non rifiuta pregiudizialmente un
ministro di culto solo perché è donna e perché è nera.
C'è
in Europa un razzismo istituzionale? C'è un "mito della bianchitudine",
un predominio bianco che discrimina, opprime, ferisce, affligge, come - con
accentuazioni diverse - hanno affermato Rose Hudson Wilkin e Eske Wollrad? Anche
tra le donne europee si riscontrano atteggiamenti e comportamenti discriminanti
dovuti a sciocchi pregiudizi, ignoranza, sconsideratezza e stereotipi razzisti.
La nostra storia è certamente diversa da quella americana. Non conosce e non ha
conosciuto il razzismo legale, violento, aperto, sfacciato e programmato se non
nella tragica parentesi del nazismo. Credo però che non si possa negare
l'esistenza di forme latenti, nascoste e striscianti di razzismo e di (etero)sessismo.
Forse sarebbe opportuno affiancare alla coppia dicotomica bianco/nero quella
equivalente di nord/sud, trasposta dal piano geopolitico a quello di schema
mentale e di metafora.
"Il
sud", ha affermato Mercedes Navarro Puerto, "è una metafora spaziale
dotata di enorme potere e per nulla innocente. Si basa sull'esperienza della
nostra postura eretta: noi chiamiamo sopra il posto del capo e sotto quello dei
piedi. Questa esperienza verticale ci ha portati a interpretare tutta la realtà
in termini di sopra-sotto. In geografia questo concetto di trasferisce sui poli
contrapposti nord-sud, a ciascuno dei quali attribuiamo un determinato
significato e valore. Il sud attribuisce significato e (dis)valore a diversi
aspetti della realtà, ivi compreso quello morale." La metafora nord-sud
sopra/sotto si applica al nostro sistema di classificazione dei generi e delle
origini etniche: i neri, le donne e il femminile sono il sud, mentre i maschi
bianchi e il maschile sono il nord. "Il nostro immaginario collettivo
colloca le donne al sud del sud" prosegue Mercedes Navarro. Aggregando
dimensioni alla piramide di oppressioni, le donne nere smettono di essere
visibili.
Quale
la via d'uscita? Navarro propone di cambiare la cornice intellettiva della
metafora, mettendo in questione il nostro modo di utilizzare la polarità
nord-sud, cioè chiedendoci in quale misura essa serve al sistema di dominazione
nel quale sono inquadrate anche le religioni, che lo assecondano. "La
cornice significante nella quale possiamo collocarci all'interno delle nostre
rispettive fedi religiose è quella della rete" prosegue Navarro.
"Entro questa cornice possiamo dispiegare le diverse possibilità che ci
offre la metafora della frontiera, intesa come capacità di delimitare, potere
di stabilire dei limiti, ambito di libertà, luogo di contatti, di negoziazione
e di patti dove possiamo distinguerci e ricuperare forze e significato, dove
riusciamo ad assumere il potere e ad unirci per cambiare la struttura di quel
sistema sociale, politico, economico e religioso qual è il kyriarcato."
Dacci
un cuore forte per lottare… Per lottare anzitutto contro le diverse forme di
violenza che noi donne mettiamo in atto, per smascherare i nostri pregiudizi, la
nostra superficialità, per lottare contro la nostra indifferenza e volgarità.
Dacci
un cuore forte per mettere (gradualmente) in pratica le nostre tante, troppe,
affermazioni di principio. Nelle risoluzioni finali del Sinodo abbiamo
dichiarato di volerci impegnare, tra l'altro, a
·
Cambiare
l'attuale sistema dominante di libero mercato in un sistema economico più
giusto e sostenibile;
·
Continuare a
lottare per una migliore qualità della vita, per la libertà e la sicurezza
economica per tutte le donne, sostenendo delle politiche che garantiscano una più
equa distribuzione della ricchezza;
·
Fare un uso
attento delle risorse naturali e fare pressione sulle autorità affinché
scelgano le modalità operative più ecologiche;
·
Esigere
politiche migratorie che offrano alle donne condizioni di vita migliori e la
possibilità di una maggiore partecipazione democratica.
A
che cosa siamo veramente disposte a rinunciare affinché i nostri figli, nipoti
e le generazioni future dispongano di sufficiente acqua e di aria relativamente
pulita? Siamo disposte a ridimensionare il nostro stile di vita e ad aiutare le
donne dei paesi balcanici ad uscire dalla loro situazione di emarginazione, a
superare le difficoltà dell'attuale periodo di passaggio dall'economia
socialista al regime di libero mercato (come ampiamente esposto da Genoveva
Tisheva)?
Questo e molto altro è stato il 2°
Sinodo Europeo delle Donne. Ognuna ha avuto la possibilità di conoscere,
osservare e confrontarsi, di scegliere prendendo e lasciando, di apprezzare e di
segnalare mancanze.
Difficile fare un bilancio. Sono ancora
utili questi mega-incontri tra donne, in cui si discute a 360 gradi? Credo che
la svolta sia avvenuta a Pechino quando, di fatto, con gli slogan dell'empowerment
e del mainstreaming si è chiuso il periodo della trattazione separata dei temi
delle donne, indirizzandole all'assunzione del potere tout court e ad inserirsi
nella più ampia realtà sociale, politica, economica, ecclesiale, accademica,
ecc. Ecco perché, ad esempio, le risoluzioni del 2° Sinodo Europeo delle Donne
presentano molte affinità con le scelte operate in altri contesti, quali i
raduni dei social forum, dove le donne sono molto numerose.
I Sinodi e, più in generale, gli
incontri riservati alle donne sono allora definitivamente superati? Azzarderei
un "non ancora" e faccio un esempio: la prospettiva di genere,
invocata per tutte le sfere della vita sociale, non verrebbe attuata e mantenuta
se venissero a mancare la riflessione specifica e il lavoro delle donne. Che
questa esigenza sia ancora avvertita è provato anche dalla richiesta spontanea
- emersa da parecchie partecipanti italiane - di fare tesoro dell'esperienza di
Barcellona per progettare un incontro analogo a livello nazionale.
Maria
Assunta Sozzi (Gruppo
Promozione Donna - Milano)
E'
questa l'esperienza che anche Femmis ha fatto a Barcellona dove ha incontrato e
pregato insieme alla rabbina Eveline, le donne presbitero Christine, Gisella e
Adelinde, dove ha incontrato teologhe di tutta l'Europa e anche dell'Africa e
del Brasile e dove ha partecipato ad assemblee, incontri in gruppi di interesse
e piccole oasi di condivisione.
Femmis
ha partecipato a questo Sinodo come testata femminile senza frontiere e ha
invitato le teologhe d'Europa perché nelle loro ricerche e speculazioni
allarghino l'orizzonte e si confrontino con tante donne di frontiera che né la
fame, né la guerra, né la nudità, né la violenza, né l'emigrazione, né il
maschilismo riescono a separare dall'amore di Dio. Non per mistificare la loro
sofferenza, ma per visibilizzare e leggere con occhi nuovi, tanti segni dei
tempi che gridano l'urgenza di riconoscere, in parità, la vocazione e missione
di tutte le persone nella chiesa. Per Femmis, che tesse la sua rete non solo ma
soprattutto con donne dell'Africa, delle Americhe e del Medio Oriente, il Sinodo
ha confermato la necessità di continuare questo impegno per visibilizzare e far
riconoscere i loro ministeri, le loro capacità, intuizioni, creatività e
carismi nel cammino di popolo di Dio verso la libertà, la giustizia e la pace.
Una pace, che per Antje Roeckemann, presidente dell'Associazione Internazionale
del Sinodo europeo delle donne, significa niente meno che "vita in
abbondanza per tutto il mondo". Un sogno che si può realizzare se le donne
imparano ad avanzare e lavorare insieme e con tutte le loro differenze, perché
l'Europa sta diventando una realtà economica e politica, ma i suoi abitanti,
non per questo si stanno reciprocamente avvicinando. Barcellona è stata una
tappa, un ricercare strade che possano influenzare il futuro dell'Europa, nella
scoperta delle sue differenze e di quello che c'è di comune. Maria Luisa Regard,
presidente di Synodalia 2003 ha sottolineato la scelta di Barcellona e della
Catalogna come regione e popolo con identità propria, aperto agli scambi
culturali, rispettoso delle differenze.
Eucaristia
concelebrata da tre donne
Opere
d'arte come l'Ultima Cena di Leonardo o altre raffigurazioni artistiche di
quell'evento centrale per il cristianesimo, omettono la presenza di Maria, la
madre di Gesù, di Maria di Magdala, di Marta, di sua sorella e di tante altre
donne che l'avevano seguito dalla Galilea e che il giorno seguente l'avrebbero
accompagnato fino al Calvario. C'erano, certo che c'erano in quella cena
pasquale, dicono molte bibliste e teologhe. E' molto più difficile provare il
contrario. Forse anche per questo, ma non solo, è stato molto quello che tante
partecipanti hanno vissuto alla loro prima Eucaristia concelebrata da tre donne
sacerdote delle quali due sono anche vescovo. Quei filoni di pane consacrato e
spezzato tra un centinaio di donne e quei calici di ceramica azzurra che
passavano di mano in mano, il canto dell'Adoro te devote con una musica nuova,
la stola di seta colorata offerta all'entrata e la mano di tutte stesa al
momento della consacrazione, la condivisione di una fede che viene dall'alto
nonostante una storia di lacerazioni ricucita dal coraggio di queste
donne…tutto questo e altro che non si sa come esprimere è stato uno dei
momenti più forti del Sinodo che non solo ha parlato di diversità, ma ha osato
e fatto una differenza e proprio a partire dalla chiesa cattolica.
Nell'Eucaristia della domenica, in mezzo alle stesse tre concelebranti si è
seduta la rabbina Eveline che con molta commozione sua e di tutte ha recitato il
Padre Nostro e ha dato la benedizione finale.
Suore
al Sinodo
Erano
almeno una sessantina, ma non è stato facile identificarle e riunirle, sparse
com'erano in tutti gli workshops, gruppi di interesse e mini gruppi chiamati
oasi, quasi tutte vestite come tutte le altre partecipanti. Due di loro, sono
state la prima e l'ultima conferenzista, entrambi molto apprezzate. Mercedes
Navarro, religiosa spagnola che si definisce "marcata dal carisma di
liberazione della sua congregazione", le Mercedarie della Carità e Teresa
Forcades, medico e monaca benedettina del monastero di Montserrat. Il
"gruppo di interesse" dell'ultimo giorno ne ha riunito una quarantina,
mentre le altre erano state attirate dall'approfondimento e dalle provocazioni
del tema di sr. Mercedes. Benedettine di Montserrat, Salesiane, Ancelle del
Bambin Gesù, Figlie di s. Josè, Doretee, Serve di Maria, Compagnia di Maria,
Carmelitane, Francescane, S. Cuore di Maria, Scolopie, Sacra Famiglia, S. Graal,
Domenicane e altre congregazioni e istituti secolari i cui membri provenivano
dalla Spagna, Francia, Belgio, Irlanda, Inghilterra, Svizzera, Germania,
Austria, Italia e perfino dalla Nigeria erano a Barcellona. Anche se è stato
ripetuto più volte che nel sinodo ogni donna rappresentava solo se stessa, in
quanto non delegata di un gruppo particolare, era evidente che ogni religiosa
portava con sé qualcosa della congregazione a cui appartiene. E da questo punto
di vista, nella condivisione, ognuna ha dato e ricevuto molto. Tutte hanno
parlato delle loro comunità, associazioni, stili di vita e di lavoro. Tra gli
ambiti privilegiati in cui operano queste religiose: le case di accoglienza per
i malati di aids, case per minori tutelati, attività con le carcerate, con le
migranti, animatrici di gruppi di teologia, bibbia, contro la tortura, per la
promozione dei diritti umani, la giustizia e la pace, cappellane di collegi e
tra studenti. Una giovane suora nigeriana, l'unica africana del gruppo, ha
lanciato un appello in nome delle suore africane. "Viviamo troppo
sottomesse. Tutto è deciso dai nostri vescovi. Aiutateci a guadagnarci un po'
di questa libertà e diritti che voi avete conquistato. Per noi è molto
difficile. Non voglio darvi l'impressione che siamo delle incapaci, ma da sole
non è possibile. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. Non vi dimenticate di noi.
Aiutateci!"
Da
suore a presbitero
Sia
Christine che Adelinde sono apparse nel gruppo delle religiose dove hanno
condiviso la loro testimonianza: "Non l'abbiamo fatto per noi, ma per tutte
le donne della chiesa cattolica" dice Christine, ex suora benedettina e
oggi presbitero e vescovo. Adelinde, più riservata e meno espressiva, forse
perché parla solo il tedesco, ha vissuto 48 anni come suora franscescana.
"Ma dall'anno scorso è stata espulsa dalla comunità e scomunicata, come
noi" continua Christine, traducendo in inglese quello che Adelinde le
suggerisce con delicatezza e fermezza.
Risoluzioni
Dopo
un preambolo que mette in luce la celebrazione del Sinodo come un valaore in se
stesso e come momento di particolare presa di coscienza del cammino che le donne
devono continuare a fare per costruire l'Europa che esse desiderano, il
documento riporta le decisioni su: Crescita personale e identità, Spiritualità,
Ambito sociale ed economico, Ambito politico.
Riguardo
al primo punto viene sottolineata la necessità dell'autostima, della conoscenza
e condivisione di esperienze, la presa di decisioni, perché con un'identità più
sicura le donne riconosceranno e accoglieranno meglio altre identità etniche,
religiose, culturali, sessuali. Tra le azioni in questa dimensione le donne
inviteranno i centri educativi, le chiese e le istituzioni ad essere modelli di
relazioni, riconoscimento e mutua accettazione tra donne e uomini. E in
particolare chiederanno alle chiese e ai centri educativi un cambio strutturale
che faciliti la presenza di donne nei processi di controllo e presa di
decisioni.
La
spiritualità è importante per le donne. Si sottolinea qui la diversità delle
fonti, il valore della teologia femminista, la creazione di reti per la
condivisione di esperienze dove lo spirito è presente, liturgie dove le donne
si ritrovano con la loro vita attraverso simboli, segni, linguaggi rilevanti per
loro. Si invitano le donne di religioni tradizionali a tenere quello che le fa
crescere e abbandonare ciò che le opprime. A tutte le chiese e a tutte le
religioni le donne di questo Sinodo chiedono di aprirsi a nuove forme di culto,
a utilizzare un linguaggio inclusivo in termini di genere, anche per Dio e ad
evitare un insegnamento che colpevolizza le donne. Un impegno particolare è
espresso con le parole: "Ci penseremo noi a questionare le diverse
religioni e credenze così come a sfidare qualunque tendenza di fondamentalismo
religioso. Da ora innanzi abbiamo deciso di trasformare le nostre paure in
coraggio e le nostre delusioni in azione".
"Il lucro e l'avarizia stanno distruggendo le basi dell'esistenza umana,
moltiplicano la miseria e la distanza tra ricchi e poveri cresce, fanno
aumentare il numero di persone obbligate a vivere nell'esclusione e povertà".
A queste parole le donne fanno seguire la loro convinzione che nel mondo ci sono
beni sufficienti per tutti. Per questo lottano per una ridistribuzione più
giusta, partendo da una maggior conoscenza della connessione tra le realtà
socioeconomiche a livello globale e locale per poter cambiare il sistema
dominante in un sistema economico giusto e sostenibile. Dell'ambito politico si
attaccano le strutture violente, la violenza contro le donne, il razzismo e il
sistema patriarcale di valori. Per loro la politica è l'arte di arrivare a un
accordo mediante un dialogo di interessi diversi che porti a tutti e a tutte una
vita piena. Nell'attuale situazione che definiscono di caos è necessario
reinventare politiche che rispondano ai problemi concreti e che trasformino gli
stati in società aperte e favorevoli alla crescita e uno sviluppo culturale e
religioso diverso. Al Sinodo di Barcellona le donne hanno osato e condiviso la
diversità senza omettere di riconoscere e celebrare le uguaglianze che esistono
tra le donne impegnate a costruire una nuova Europa.
Femmis
(Notiziario
telematico delle Missionarie Comboniane)
"Donne
normali che fanno cose straordinarie" –
“Ordinary
women doing extraordinary things!”: così titolava la seconda newspaper
interna al II sinodo europeo delle donne “Compartir culturas/daring diversity/
zusammen vielfalt leben”, svoltosi presso il Campus della Università autonoma
di Barcellona dal 5 al 10 agosto. Sicuramente una cosa straordinaria è aver
fatto questo secondo sinodo, autoconvocato e autogestito, e che malgrado i
conseguenti alti costi di partecipazione ci siano andate oltre 700 donne. Certo
al primo sinodo (a Gmunden in Austria, nel luglio ’96) c’erano 1200 donne e
le organizzatrici di questo secondo speravano di arrivare al migliaio (non è
facile individuare le motivazioni che hanno maggiormente influito), ma
sicuramente la scommessa di portare il sinodo in Spagna (lanciata proprio a
Gmunden) è stata vinta, confermando la validità di questo spazio di confronto
per donne che vogliano intrecciare impegno nel sociale e analisi politica con
ricerca di identità e di spiritualità. Non è solo l’incontro quello che
conta ma la rete che si va costruendo attorno a questi eventi: come giustamente
ha sottolineato la pastora tedesca Antje Roeckemann, presidente della European
Women’s Synod Association, le donne che “camminano insieme” sono di più
di quelle presenti a Barcellona; il loro denominatore comune è quello della
denuncia delle strutture patriarcali e delle violenze nella società e nelle
chiese e dell’impegno a trovare strategie di cambiamento avendo come poli di
riferimento “differenza” e “diversità” . Una visione ampia del loro
orizzonte viene dalle “risoluzioni” reperibili in altra parte di questo
sito.
Le
partecipanti provenivano da tutte le parti d’Europa ed anche, qualcuna, da
altri continenti: dopo le spagnole e le catalane che ospitavano, le nazioni più
rappresentate sono state Germania, Austria, Italia, Olanda, Svizzera... il 10%
secondo i dati ufficiali provenienti dall’Europa centro-orientale; le
tradizioni religiose rappresentate: cristiane, mussulmana ed ebraica.
In
particolare le italiane sono state una quarantina (quadruplicando la
partecipazione al primo sinodo) con un bel gruppo proveniente dall’area dei
gruppi donne delle cdb e dintorni: una partecipazione direi eccezionale tenendo
conto che il costo della sola iscrizione è stato di 225 euro e che non era
prevista traduzione simultanea in italiano e neanche in francese. Al
comitato di coordinamento internazionale che ha preparato il sinodo hanno
partecipato per l’Italia Nicole Adam Cogliati (che aveva ricevuto una sorta di
investitura dalle italiane presenti al primo sinodo) e Assunta Manci Sozzi
del gruppo Promozione donna di Milano, con un lavoro sicuramente enorme e costi
non indifferenti (ad Assunta va il merito di aver tradotto e distribuito alle
italiane in anticipo la maggior parte delle relazioni: un aiuto essenziale alla
partecipazione!).
Fra
le realtà europee presenti segnalo, a titolo esemplificativo ma non esaustivo
delle diversità presenti:
-
il Collectiu de donnes en l’Esglesia di Barcellona che ha
sopportato il carico dell’organizzazione (fa parte del Forum europeo di donne
cristiane, v. Consiglio ecumenico delle Chiese, e del movimento “Noi siamo
chiesa”; www.donesglesia.org);
-
Mulleres Cristias Galegas, che aderisce alla Marcia mondiale delle donne
(mcg_exeria@eresmas.com);
-
la Women’s church dell’Islanda (www.kirkjan.is/audureir);
-
molte religiose appartenenti a vari ordini;
-
l’Associacio cristiana de Gais i Lesbianes
-
Islamic women’s centre for research and encouragement
(www.zif-koeln.de)
Il
programma delle giornate del sinodo, seguendo lo schema sperimentato nel primo
sinodo in Austria, ha offerto una gamma di attività enorme; nell’arco della
giornata ognuna ha potuto seguire/scegliere i seguenti spazi (in successione):
meditazione, relazione, oasi (gruppo di scambio non tematico), workshop a tema,
espressione con linguaggi non verbali. Altri gruppi di interesse si sono formati
sulla base delle indicazioni delle presenti. E, a sera, momenti culturali vari.
Un ritmo troppo serrato? Forse andrà ripensato.
Il
tema del sinodo, comunque lo si voglia tradurre in italiano (convivere nella
differenza, osare la diversità, condividere le culture), va letto non solo in
rapporto a quello del primo sinodo “donne per il cambiamento nel XXI secolo”
ma anche con la lente dei processi di costruzione dell’Europa e quelli in atto
a livello mondiale: “la sfida della differenza culturale e religiosa
nell’Europa contemporanea” è stata al centro della relazione introduttiva
di Teresa Forcades y Vila (suora benedettina di Montserrat); attorno al razzismo
come violenza sono intervenute le relazioni della pastora anglicana Rose Hudson
Wilkin (“fare di tanti un solo popolo”) e della teologa tedesca Eske Wollrad
(“la bianchitudine come mito e terrore”); l’impatto della ristrutturazione
economica neoliberista e della privatizzazione sulla vita delle donne in
Bulgaria è stato ampiamente analizzato da Genoveva Tisheva, avvocata della
fondazione Bulgara per le ricerche di genere, mentre i rapporti fra “società
del rischio” e processi decisionali politici sono stati affrontati dalla
filosofa bulgara ed esperta di diritti umani Tania Marincheshka . sulla capacità
delle donne a rompere le frontiere culturali ed in particolare religiose sono
intervenute le due relazioni della rabbina austriaca Eveline Goodman-Thau (la
prima rabbina ortodossa) e della teologa femminista spagnola Mercedes Navarro
Puerto (dell’ordine delle “mercedarie”).
In
particolare Mercedes Navarro ha affrontato a tutto campo la metafora della
frontiera nella sua relazione “donne e religioni: visibilità e convivenza nel
sud dell’Europa” che è stata più volte sottolineata da applausi
scroscianti (qualcosa vorranno pur dire!). Partendo dallo smantellamento del
metafora del sud (connettendolo alla dominazione maschile-femminile), dal
presupposto che non si è disposte ad accettare qualsiasi tipo di visibilità e
qualsiasi tipo di convivenza, dal riconoscimento delle religioni come prodotto
storico patriarcale, ha proposto la metafora della frontiera (la terra di
nessuno) come “spazio di libertà, luogo dove si entra e si esce da un sistema
con il quale non siamo d’accordo”, un luogo critico e scomodo (funzione
della teologia femminista), un luogo dove esercitare la capacità di rompere
limiti imposti ma anche di darne. Con esplicito riferimento alle
istituzioni religiose ha legato potere ed autorità a visibilità e convivenza:
“Il potere di condividere le culture richiede che noi ci sentiamo
comproprietarie della nostra cultura, che abbiamo la generosità di offrirla e
il coraggio di sottoporla a confronto in un clima frontaliero di dialogo e
scambi reciproci e paritari. Richiede il potere di e per condividerla, cioè di
essere soggetti delle nostre culture e religioni, riconosciute come tali e
capaci di assumere i rischi dell’acculturazione, avvicinando la nostra cultura
e la nostra fede alle frontiere dove essere libere, discutere, pattuire,
distinguere, delimitare e porre limiti, negoziare, cedere e accettare. Rimane
ancora molto cammino da fare.” “Non aspettiamoci, noi donne, che le
religioni- cioè le loro istituzioni - ci diano il potere. ... Il potere e
l’autorità non si trovano in una bolla d’aria ma spettano ad individui o
collettività concrete, situati in un preciso contesto storico e sociale”. Sui
contenuti ho dato solo alcuni flash; i materiali del sinodo saranno pubblicati
e, via via che perverranno sistemati, inseriti nel sito www.synodalia.net.
Ognuna
di noi è andata al sinodo con alle spalle esperienze diverse e
aspettative diverse; i contenuti emersi ad alcune potranno sembrare già noti ,
ad altre ancora legati a vincoli di appartenenza o troppo al di là... Ognuna
darà una diversa valutazione complessiva del sinodo; sicuramente per molte è
risultato importante (nonstante le difficoltà linguistiche) l’impatto con le
altre, con la loro diversità e la loro ricchezza. E per chi fa percorsi
solitari o minoritari, non riconosciuti nelle chiese di appartenenza, questo è
fondamentale.
Intanto
già si comincia a pensare al prossimo sinodo: quando (2008?), dove (Islanda,
Finlandia, Polonia?), come farlo diventare ancor più interreligioso, come
reperire gli appoggi finanziari salvaguardando autonomia e autogestione.
Innanzitutto, dopo la prima riunione di valutazione dei risultati con lo
scioglimento dell’attuale comitato di coordinamento, andrà riformato un nuovo
soggetto di gestione dell’organizzazione dell’eventuale prossimo sinodo.
Giovanna
Romualdi
(Gruppo Donne
- Comunità cristiana di base di Roma)
PREAMBOLO
Noi,
più di 700 donne provenienti dall’est, dall’ovest, dal nord e dal sud
dell’Europa e da alcuni paesi extra-europei; bianche e nere, di origine etnica
diversa come diverse sono le nostre appartenenze sociali e religiose, il nostro
orientamento sessuale, l’età, le (dis)abilità e lo status economico;
riunite a Barcellona dal 5 al 10 agosto 2003 per il Sinodo Europeo delle Donne
avente per tema “Convivere nella diversità”, interpelliamo noi
stesse, le nostre rispettive istituzioni civili, politiche e religiose e tutte
le persone di buona volontà, esternando le nostre preoccupazioni, le
aspirazioni e gli impegni che ci assumiamo al fine di costruire quell’Europa
che desideriamo.
Noi,
donne europee, stiamo re-inventando, ri-definendo e ri-negoziando la nostra
identità, individuale e collettiva, e vogliamo che sia una realtà fluida e
aperta, scaturente da ciò che noi definiamo “individualismo altruista o
collettivo”.
Il
rischio e l’incertezza proiettano costantemente la loro ombra sui nostri
giorni. Nonostante appaia spesso impossibile tracciare il nostro cammino in una
situazione caratterizzata da disoccupazione, violenza, squilibrio ecologico,
guerra, discriminazioni, corruzione, paura e insicurezza, noi cerchiamo di
individuare delle alternative.
Diverse
sono le forme di violenza che provocano grande sofferenza e rabbia: violenza
economica, sociale, politica, accademica, sessista, che si ripercuote sulle
nostre identità nelle quali si sovrappongono e s’intersecano le differenti
origini etniche, l’orientamento sessuale diverso, l’appartenenza a
confessioni religiose differenti. Abbiamo deciso di non commiserarci più come
vittime e di trasformare le nostre paure e la nostra rabbia in potenziale
creativo e in azione.
Le
donne sono parte attiva nei processi di cambiamento in corso in Europa. In
quanto esponenti della sua e nostra diversità e in quanto individui collettivi,
noi cerchiamo di creare un’alternativa al potere prestabilito e al suo
catastrofismo. Vogliamo assumere il processo del cambiamento, lavorando per
questo e non opponendogli resistenza. Avvertiamo la necessità di forgiare un
nuovo linguaggio per descrivere ciò che sta accadendo e sosteniamo l’emergere
in Europa di nuovi parametri politici.
Ratifichiamo
e ci poniamo in continuità con le risoluzioni del nostro 1° Sinodo Europeo
“Le donne cambiano l’Europa”.
RISOLUZIONI
1.
AMBITO SOCIO-ECONOMICO
I
principi del neoliberalismo stanno invadendo tutte le sfere della vita. Gli
scopi di lucro, connessi con la crescita economica, minacciano di distruggere i
fondamenti della nostra esistenza, danneggiano la terra, incrementano la miseria
e accrescono il numero di impoveriti/e e di emarginati/e. Le donne sono le
persone maggiormente colpite da questo processo.
Noi
ci impegniamo a:
•
Cambiare l’attuale sistema dominante di libero mercato in un sistema economico
più giusto e sostenibile;
• Continuare a lottare per una
migliore qualità della vita, per la libertà e la sicurezza economica per tutte
le donne, sostenendo delle politiche che garantiscano una più equa
distribuzione della ricchezza;
• Promuovere delle politiche che
possano conciliare la vita personale e famigliare delle donne con il lavoro;
• Fare un uso attento delle risorse
naturali e fare pressione sulle autorità affinché scelgano le modalità
operative più ecologiche;
• Esigere delle politiche migratorie
che offrano alle donne condizioni di vita migliori e la possibilità di una
maggiore partecipazione democratica.
2. AMBITO POLITICO
Le
istituzioni politiche esercitano sistematicamente diverse forme di violenza e di
discriminazione contro le donne.
Per
noi donne, la politica è l’arte di costruire il consenso mediante il dialogo,
componendo interessi diversi. Un dialogo che possa trasformare il nostro
comportamento quotidiano e quello delle nostre comunità. Questo tempo di caos e
di rischio esige di re-inventare le politiche in risposta alle nuove necessità.
Noi
ci impegniamo a:
•
Sviluppare un sistema democratico fondato su valori che garantiscano la
partecipazione delle donne;
•
Denunciare senza tregua ogni genere di discriminazione e violenza perpetrata
contro di noi:giuridica, politica, sessista, educativa, religiosa,…,
specialmente il traffico e l’abuso di donne;
•
Sostenere i metodi non-violenti per la risoluzione dei conflitti, lavorare per
la pace e la prevenzione delle guerre;
•
Denunciare i fondamentalismi religiosi e politici;
•
Incoraggiare e sostenere criticamente la leadership politica delle donne;
•
Costruire delle società aperte alle diversità culturali e religiose;
•
Lavorare per l’eliminazione di strutture omofobiche e rigidamente
etero-sessiste nella società civile, nelle istituzioni religiose e nei media;
•
Prendere coscienza del razzismo prevalente nella nostra cultura, nella politica
e nell’economia, con tutte le sue conseguenze; ammettiamo il nostro fallimento
collettivo nel contrastarlo;
•
Rafforzare azioni che contrastino, nella legislazione e nelle istituzioni, la
discriminazione a carico delle lesbiche e delle unioni omosessuali.
3.
IDENTITÀ E SVILUPPO PERSONALE
Siamo
consapevoli che per scoprire le nostre identità personali e per crescere in
quanto donne, dobbiamo sviluppare e rafforzare la nostra autostima, fidarci
delle nostre esperienze e prendere liberamente le nostre decisioni.
Noi
ci impegniamo a:
•
Continuare a sviluppare le reti tra donne, che ci sono di aiuto nella nostra
vita personale, relazionale e lavorativa, valorizzando specialmente la
solidarietà;
•
Utilizzare queste reti per condividere le nostre esperienze e trasmetterle alle
nostre figlie, così come hanno fatto le nostre madri;
• Chiedere alle istituzioni
politiche, educative ed ecclesiali di adottare una prospettiva di genere;
• Pretendere che le istituzioni
politiche, educative ed ecclesiali operino un cambiamento strutturale che
consenta alle donne di essere visibili e attive nei processi decisionali e di
controllo.
4. SPIRITUALITÀ
Noi,
qui presenti, affermiamo la centralità della spiritualità nella nostra vita;
una spiritualità originariamente diversa, che è espressione ed è connessa con
la nostra modalità femminile di fare esperienza della vita.
Noi
ci impegniamo a:
•
Esplorare e condividere in rete i nostri interessi e le nostre esigenze
spirituali;
•
Accompagnarci e sostenerci reciprocamente per elaborare riflessioni e
consapevolezza;
•
Incoraggiare le donne di ogni tradizione religiosa a fare uso di ciò che può
aiutarle e tralasciare ciò che le opprime;
•
Pensare criticamente e contrastare le tendenze estremistiche;
•
Denunciare ogni forma di abuso, specialmente l’abuso sessuale, perpetrato
nelle nostre comunità di fede e chiedere sostegno e risarcimento per le vittime
e le altre persone colpite;
•
Celebrare e vivere la nostra spiritualità in comunità aperte e inclusive;
•
Richiedere alle religioni/chiese
-
forme alternative di culto
-
l’uso di un linguaggio inclusivo, anche per Dio
-
di avere un atteggiamento di accoglienza e apertura, anziché di condanna e
biasimo
-
di consentire alle donne l’accesso a tutti i ministeri.
Noi
non ci daremo per vinte perché dovunque si avverte il desiderio delle donne di
cambiare e di trasformare il mondo.