Perché la rivoluzione del Concilio è morta di L.Kocci
Intervista a don Andrea Gallo
Luca Kocci
www.repubblica.it mercoledì, 10 ottobre 2012
Prete di strada, parroco dei centri sociali, l’immancabile prete comunista: si sprecano le definizioni utilizzate dai media per descrivere don Andrea Gallo, il sacerdote genovese della Comunità di San Benedetto al Porto. Spesso, però, ne manca una e don Gallo ci tiene a ricordarlo: «Io sono un prete del Concilio». Un prete che continua a sognare «una Chiesa povera e dei poveri», come vuole il Vangelo, come sperava il Concilio. «Oggi la Chiesa non riflette più su se stessa, perché è “sazia” e ha assunto nella società un ruolo dominante e una posizione di potere. La curia romana e le gerarchie ecclesiastiche lo sanno, ma tacciono. In questo modo la Chiesa abbandona la profezia e dimentica la forza eversiva del Vangelo».
Non si mette
più in discussione perché la tentazione del potere ha avuto la meglio?
«Esatto. E così il Concilio, che è stato una “rivoluzione copernicana”, dopo
cinquant’anni, è morto».
Sarà possibile
riportarlo in vita?
«Quella della Chiesa è una crisi di sistema, strutturale. Per risolverla ci
vorrebbe una risposta teologica, invece si preferisce organizzare i raduni di
massa, i pellegrinaggi, le offensive mediatiche, che però sono solo fumo negli
occhi, perché la crisi rimane intatta. L’unica speranza per salvare la Chiesa
sono il popolo di Dio e i cattolici di base. Lo ha scritto in uno dei suoi
ultimi libri anche Hans Küng, il grande teologo a cui la Congregazione per la
dottrina della fede ha proibito di insegnare nelle università cattoliche:
“Salviamo la Chiesa”» (…).
Di chi sono le
maggiori responsabilità?
Chi ha affossato il Concilio e addomesticato la forza eversiva del Vangelo? «Le
responsabilità sono di tutti i cattolici, ma è ovvio che bisogna partire
dall’alto, ovvero dalla gerarchia ecclesiastica. Ai tempi del Concilio avevo un
amico che stava a Roma e che era molto vicino a Roncalli. E Roncalli un giorno
gli confessò: sai perché non spingo troppo l’acceleratore per le riforme? Perché
questi venerabili uomini della curia romana si rivolterebbero a tal punto che,
dopo di me, eleggerebbero come mio successore un uomo che affosserebbe tutto
quello che ho cominciato. Ecco di chi sono le responsabilità». Pare che la
“profezia” di Roncalli si sia avverata… «Completamente. Già Paolo VI, successore
di Giovanni XXIII, fece qualche passo indietro, ad esempio con l’enciclica
Humanae vitae, quella contro la pillola. Con Wojtyla, poi, è iniziata la vera e
propria restaurazione. Ha decapitato la teologia della liberazione, che invece
aveva pienamente abbracciato il Concilio» (…). E poi arriva Ratzinger… «È la
struttura ecclesiastica ad essere seriamente malata, e la causa della malattia è
il sistema di governo romano, che si è affermato nel corso del secondo millennio
grazie soprattutto alla riforma gregoriana che ha concentrato tutti i poteri
nelle mani del papa e della curia, e che ancora resiste. Ma questo è un vero e
proprio scisma, il più grave di quelli che la Chiesa ha conosciuto».
Uno scisma?
«Esattamente. Nella storia della Chiesa ci sono stati tre scismi. Il primo nell’XI
secolo, con la divisione fra Chiesa d’Occidente e Chiesa d’Oriente; il secondo
nel XVI secolo, con Lutero e la separazione fra cattolici e protestanti; il
terzo nei secoli XVIII e XIX, tra il cattolicesimo romano e il mondo moderno. Il
Concilio Vaticano II aveva tentato di ricomporre questo scisma, perché la Chiesa
era ancora quella della Controriforma, nemica della modernità. Benché il suo
pontificato sia durato meno di cinque anni, Giovanni XXIII era riuscito ad
aprire le finestre della Chiesa sul mondo, nonostante la forte resistenza della
curia, e a indicarle, con il Concilio, la via del rinnovamento e
dell’aggiornamento, in direzione di un annuncio del Vangelo al passo con i
tempi, di un’intesa con le altre Chiese cristiane, di un’apertura nei confronti
delle altre religioni, a cominciare dall’ebraismo, di una riconciliazione con la
democrazia. Questa finestra però è stata immediatamente richiusa dalla macchina
della curia, che ha fatto di tutto per tener sotto controllo il Concilio, e così
lo scisma si è riaperto. Papa Giovanni è morto troppo presto, e il sistema
romano ha vinto. E comanda soprattutto oggi che siamo tornati indietro a una
Chiesa preconciliare». (…) Però c’è una parte di Chiesa e molte organizzazioni
cattoliche che aiutano i poveri… «È vero, ma bisogna fare molta attenzione. La
gerarchia ecclesiastica e alcuni settori del mondo cattolico propongono una
solidarietà che ha degli aspetti positivi ma che si limita all’assistenzialismo.
La strada da percorrere, invece, è quella della solidarietà liberatrice, che
mette in discussione il neoliberismo. La Chiesa non ha ancora fatto una scelta
chiara e netta. Ma Se la Chiesa vuole essere cattolica, deve essere cristiana,
se vuole essere cristiana deve essere povera, altrimenti sarà un apparato che
governa nel mondo, ma non è certo l’ecclesia di Gesù. Io, comunque, continuo a
sperare e a sognare…».
Cosa?
«… un Concilio Vaticano III, con al centro tre temi: la povertà della Chiesa,
l’abolizione del celibato obbligatorio, il sacerdozio femminile».