Il volo del calabrone
di Paul Krugman,
la Repubblica 01-08-2012
In particolare i tassi di interesse sui bond spagnoli sono fortemente diminuiti
e tutte le borse sono volate.Ma davvero l’euro si salverà? La questione resta
molto dubbia. Innanzitutto la moneta unica europea ha molte pecche e a Draghi va
dato merito di riconoscerle. «L’euro è come un calabrone», ha dichiarato. «È un
mistero della natura, non potrebbe volare eppure vola. E l’euro ha volato
benissimo per parecchi anni». Ora però ha smesso. Che fare? Deve imparare a
trasformarsi in ape, dice Draghi.
La metafora è imperfetta, ma il messaggio chiaro. Nel lungo periodo l’euro potrà
funzionare solo se l’Unione europea assumerà le caratteristiche di un Paese
unificato. Prendiamo ad esempio la Spagna e la Florida. Entrambe hanno vissuto i
drammi dello scoppio della bolla immobiliare. Ma la Spagna vive una crisi ben
più intensa. Perché? Perché nel momento del bisogno la Florida ha potuto contare
su Washington per continuare ad erogare le prestazioni sociali e sanitarie, per
garantire la solvenza delle sue banche, per concedere sussidi ai suoi
disoccupati e quant’altro. La Spagna non disponeva di una simile rete di
sicurezza e nel lungo periodo la questione va risolta.
Ma se mai si arriverà alla nascita degli Stati Uniti d’Europa, non sarà certo in
tempi brevi, e l’euro è in crisi oggi. Cosa si può fare per salvarlo? Per quale
motivo il calabrone per un po’ è riuscito a volare? Perché nei primi otto anni o
giù di lì l’euro all’apparenza ha funzionato? Perché le magagne strutturali
della moneta unica sono state nascoste dal boom del Sud d’Europa. L’introduzione
dell’euro rassicurò gli investitori convincendoli a prestare denaro a Paesi come
Grecia e Spagna, precedentemente considerati a rischio. Così il denaro affluì
soprattutto, detto per inciso, per finanziare prestiti privati più che pubblici,
fatta eccezione per la Grecia.
E per un po’ furono tutti contenti. Nel Sud Europa la bolla immobiliare portò a
una impennata dell’occupazione nel settore delle costruzioni, mentre l’industria
perdeva man mano competitività. Intanto l’economia tedesca che languiva si
riprese grazie al rapido aumento delle esportazioni verso le economie
meridionali. L’euro, apparentemente, funzionava. Poi la bolla è scoppiata. I
posti di lavoro nelle costruzioni svanirono nel nulla e nel sud la
disoccupazione crebbe a dismisura, ora supera abbondantemente il 20 per cento
sia in Spagna che in Grecia. Al contempo i redditi sono crollati. In massima
parte i grandi deficit di bilancio sono l’effetto, non la causa della crisi. Ciò
nonostante gli investitori si sono dati alla fuga, provocando l’aumento del
costo del credito. Nel tentativo di tranquillizzare i mercati finanziari i Paesi
interessati hanno imposto durissime misure di austerità che hanno peggiorato la
crisi. E l’euro nel complesso si mostra pericolosamente vacillante .
Come porre rimedio a questa rischiosa situazione? La risposta è abbastanza
chiara: le autorità dovranno adoperarsi per far diminuire il costo del credito
in Europa meridionale e concedere ai debitori europei l’opportunità di uscire
dai guai grazie alle esportazioni come già la Germania negli anni d’oro, ossia
creare in Germania un boom simile a quello verificatosi nel Sud Europa tra il
1999 e il 2007. Certo, comporterebbe un temporaneo aumento dell’inflazione
tedesca. Il problema è che i policymaker europei sembrano restii rispetto alla
prima ipotesi e totalmente contrari alla seconda.
Draghi — che a mio avviso comprende tutto questo — ha lanciato l’idea
dell’acquisto da parte della banca centrale dei bond del Sud Europa con il
fondamentale obiettivo di abbassare i costi del credito. Ma nei giorni
successivi i tedeschi hanno gettato acqua sul fuoco. Draghi in teoria potrebbe
semplicemente respingere le obiezioni tedesche, ma davvero sarà intenzionato a
farlo?
L’acquisto dei bond è la cosa semplice. Non si può salvare l’euro se la Germania
non è disponibile ad accettare un sostanziale aumento dell’inflazione nei
prossimi anni e finora i tedeschi non hanno dato segno di voler neppure
discutere di quest’ipotesi, figuriamoci accettarla. Invece, a dispetto dei
passati insuccessi (ricordate quando l’Irlanda sembrava avviata a una rapida
ripresa?), continuano ad insistere che tutto andrà bene se i debitori metteranno
diligentemente in atto i programmi di austerity.
È possibile salvare l’euro? Probabilmente sì. Va salvato? Sì, anche se ora come
ora averlo introdotto sembra un grosso errore. Perché il crollo dell’euro non
provocherebbe solo un disastro economico, sarebbe un colpo micidiale per il più
ampio progetto europeo, che ha portato pace e democrazia in un continente dal
tragico passato.
L’euro si salverà davvero? Per quanto Draghi si mostri determinato, questo, come
ho detto, resta in forte dubbio.
Traduzione di Emilia Benghi