Le piaghe del Vaticano
di Alberto Statera,
da Repubblica, 31 maggio 2012
Una Vatican Connection, i cui fili uniscono in una trama ferrea le inverecondie
politico-affaristiche della prima e della seconda Repubblica italiana. Senza
dover tornare troppo indietro fino a Sindona, all’Ambrosiano, alla P2 o al
riciclaggio nel Torrione di Niccolò V della tangente Enimont, madre di tutte le
tangenti della prima Repubblica, basta ripercorrere le vicende che hanno segnato
i tre lustri del berlusconismo per tracciare un compendio quasi completo degli
scandali italici transitati in qualche modo nel Cortile di San Damaso. Dalla
Protezione Civile ai Grandi Eventi, dai Furbetti del Quartierino capitanati dal
pio legionario di Cristo Antonio Fazio, intimo del cardinal Gian Battista Re,
alla P3 e alla P4; dal San Raffaele di don Verzé al grumo di interessi
immobiliari di Propaganda Fide. In una folla di cardinali e faccendieri,
ministri e affaristi, Gentiluomini di Sua Santità e bancarottieri, opuisdeisti e
massoni, cilici e compassi.
«Ma perché — arriva a chiedersi un prete di base come don Paolo Farinella — il
Vaticano appoggia sempre i corrotti, i corruttori, i ladri e i manipolatori di
coscienze? Perché si affida a Gianni Letta, coordinatore della rete di
corruttela?». Sì, Gianni Letta, che il Segretario di Stato Tarcisio Bertone
definisce «il nostro ambasciatore presso lo Stato italiano», e la sua corte di
disinvolti grand commis, di generali felloni e di spudorati faccendieri. Non
solo il ben noto Luigi Bisignani (che ha da poco patteggiato un anno e sette
mesi di reclusione per lo scandalo P4), il quale si occupò del lavaggio della
maxitangente Enimont e curava il conto “Omissis” di Giulio Andreotti allo Ior,
ma anche l’altra eminenza grigia dell’ultimo decennio: il signore degli appalti
truccati Angelo Balducci, il Gentiluomo di Sua Santità versato non solo nella
corruttela del denaro e del potere, ma anche in quella indotta dalle sue
abitudini sessuali, che ha rivelato persino l’onta di un giro di prostituzione
maschile all’interno delle mura leonine, quelle che difesero San Pietro dai
musulmani. «Angelo — gli sussurrava al telefono (registrato dai magistrati —
ndr) il corista vaticano che gli procurava la “merce” tra i seminaristi — non ti
dico altro: è alto due metri per 97 chili, 33 anni, completamente attivo»; «Ho
un tedesco appena arrivato o vuoi stare col norvegese?».
Questo Balducci, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici prima
dell’arresto e dell’espulsione dai Gentiluomini di cui faceva parte già dal
1995, dieci anni prima di Gianni Letta, titolare di un conto assai movimentato
allo Ior, assurge definitivamente a fiduciario vaticano in occasione del
Giubileo dell’anno 2000 al seguito del cardinale Crescenzio Sepe, oggi
arcivescovo di Napoli, indagato per corruzione, che lo nomina supervisore delle
ristrutturazioni e delle manutenzioni dell’immenso patrimonio immobiliare di
Propaganda Fide. Un centro di potere e di affari opachi senza eguale. Ne fa una
sorta di agenzia immobiliare per i potenti a condizioni di favore. Se un
ministro come Pietro Lunardi vuole fare un business sicuro, Balducci gli procura
un palazzetto di mille metri quadrati in via dei Prefetti a prezzo d’affezione.
A chi non compra, Propaganda Fide fornisce appartamenti nelle zone storiche di
Roma e Diego Anemone, l’imprenditore protagonista tra l’altro dello scandalo
degli appalti del G8 della Maddalena (che comprò l’appartamento del ministro
Scajola “a sua insaputa”), costato agli italiani alcune centinaia di milioni di
euro, introdotto da anni in Vaticano da Balducci tramite monsignor Francesco
Camaldo, ex segretario del cardinale Ugo Poletti e capo del cerimoniale
pontificio, li ristruttura gratis et amore Dei.
Intorno a lui, un sabba di prelati piuttosto sinistri. Da don Piero Vergari,
priore della Basilica di Sant’Apollinare (dove fu sepolto il boss della banda
della Magliana Enrico De Pedis) indagato per il rapimento di Emanuela Orlandi, a
don Evaldo Biasini, economo dei missionari del Preziosissimo Sangue e gestore
della cassaforte nera di Anemone e Balducci.
È in una reggia concessa da Propaganda Fide, residenza di Bruno Vespa e di
Augusta Iannini nei pressi di piazza di Spagna, che nel luglio 2010 il cardinal
Bertone, ospite con Berlusconi, Gianni Letta e Cesare Geronzi, cerca di
convincere Pier Ferdinando Casini a salvare il governo del Cavaliere e con lui
gli interessi della Chiesa. Sulla terrazza che guarda Roma c’è anche l’allora
governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, che forse capisce un po’
tardivamente di cosa si tratta e, con una scusa, lascia il convivio appena può.
Gli altri commensali sono più intimi. Col segretario di Stato vaticano, che
celebrò le nozze di una delle sue figlie, Geronzi si da del tu.
Letta è Gentiluomo di Sua Santità, un’armata di uomini in frac e collare d’oro,
già denominati Cavalieri di Spada e Cappa, utili per «tante nascoste mansioni»,
come disse papa Ratzinger ricevendoli e non cogliendo l’allusione che, visti i
fatti, in italiano non risulta molto commendevole. L’ordine riunisce i massimi
dignitari laici della “famiglia pontificia”, per gran parte italiani, un
centinaio, non di rado inseguiti dalla giustizia, come già capitò al massone
Umberto Ortolani, gentiluomo — si fa per dire — del Papa e al tempo stesso capo
della Loggia massonica P2 in condominio con Licio Gelli. Tre di loro figurano
oggi nel solo scandalo degli appalti per i Grandi Eventi. Gli stranieri non
elevano peraltro il tasso di moralità del club, visto che vi figura, tra gli
altri, Herbert Batliner, il re delle fiduciarie offshore, coinvolto nella storia
della Banca Rasini, di cui fu direttore Luigi Berlusconi, papà dell’ex premier,
definita lo sportello della mafia e del Vaticano. E poi rilevata da Gianpiero
Fiorani, l’ex banchiere che faceva costosi presenti alla consorte dell’ex pio
governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e, a suo dire, finanziava in nero
il cardinale Castillo Lara, i Legionari di Cristo e la Lega di Bossi impantanata
nello scandalo Credieuronord. Quanto a Guido Bertolaso, per anni pilastro
vanaglorioso del sistema Letta-Bisignani- Balducci, pare che non figuri nella
lista dei pii uomini in frac, ma non aveva comunque problemi, con tutti gli
appalti che gestiva senza controlli, a ottenere dal collaboratore Memores Domini
del cardinal Sepe il quartierino in via Giulia, ideale per i suoi massaggi alla
schiena. Anche lui è uno di famiglia: la sorella Marta è nel Campus biomedico
dell’Opus Dei, il fratello Emanuele nel Consiglio regionale per l’Austria della
prelatura.
Dagli appalti del G8 della Maddalena alla corruzione internazionale di
Finmeccanica. «Ieri sera ho parlato con Bertone, mi ha chiamato lui al
telefono», spara il massone Valterino Lavitola, sedicente giornalista ed
editore, curatore di dossier diffamatori e faccendiere personale di Berlusconi e
dei suoi traffici di letto e di affari sporchi, oggi in galera, al suo sodale
“Ciccio” Colucci, ex socialista, questore berlusconiano della Camera. Sostiene
che vogliono farlo sottosegretario o commissario straordinario per il terremoto
in Abruzzo. Dice che la Santanché «è invisa in Vaticano» e che il Segretario di
Stato si sta spendendo per questo a suo favore con il gentiluomo Letta.
«Assurdità che rasenta il ridicolo», replica la Segreteria di Stato quando esce
l’intercettazione. Ma tutto ormai sembra possibile là oltre il portone di bronzo
se è vero che, caduto Berlusconi, la seconda autorità religiosa dopo il Papa
propone a Mario Monti come sottosegretario nel governo “strano” dei tecnici
Marco Simeon, un giovanotto suo pupillo fin da quando era Arcivescovo
Metropolita di Genova. Quando anni fa Capitalia si fonde nell’Unicredito di
Alessandro Profumo, il Vaticano si allarma. Geronzi corre allora all’ambasciata
d’Italia presso la Santa Sede per rassicurare la Conferenza Episcopale e si
prende il figlio del benzinaio sanremese come super-consulente. Sarà poi Simeon,
nel frattempo diventato responsabile di Rai Vaticano dopo aver soponsorizzato l’opusdeista
Lorenza Lei alla direzione generale, a organizzare il siluramento del cardinale
Carlo Maria Viganò, che andava denunciando «una situazione inimmaginabile » di
«corruzione ampiamente diffusa » negli appalti e nelle forniture vaticane. Un
malaffare «a tutti noto in Curia». Ma il giovanotto è talmente sicuro di sé che
poche settimane fa in un’intervista al “Fatto Quotidiano” ha fornito una
risposta alquanto ambigua quando gli hanno chiesto se, come dicono incontrollati
pettegolezzi, lui del Segretario di Stato è in realtà il figlio.
Il destino di Gotti Tedeschi, cacciato la scorsa settimana dallo Ior con
immeritata ignominia, era comunque segnato fin da quando Geronzi,
manifestandogli sommo disprezzo, disse di lui in un’intervista al
Corriere della Sera:
«È un personaggio ritenuto preparato che si è particolarmente esercitato nella
demografia », riferendosi ai cinque figli dell’ormai ex banchiere del Papa, che
si era opposto al salvataggio del San Raffaele di don Verzé da parte dello Ior,
affossando il progetto di un grande polo sanitario vaticano coltivato con
determinazione dal cardinal Bertone. E comunque i segreti inconfessabili della
prima e della seconda Repubblica e del papato, sigillati nel caveau dello Ior
non erano più considerati abbastanza blindati.
Vi risparmieremo i dettagli del romanzo criminale intrecciato al potere politico
di don Verzé, che tra l’altro utilizzava l’ex capo dei Servizi segreti italiani
Nicolò Pollari per minacciare attentati ai suoi nemici, e anche gli sviluppi
quotidiani dello scandalo di cui è protagonista il Memores Domini Roberto
Formigoni, con il suo coté di cardinali di Curia, da cui fortunatamente ha
tempestivamente preso le distanze l’arcivescovo di Milano Angelo Scola. Ma con
la certezza che «appena suona la moneta nella cassa, l’anima salta fuori dal
purgatorio», come diceva il predicatore medievale Tetzel, che durante il papato
di Giulio II vendeva lettere di indulgenza per la remissione dei peccati in
cambio di denaro sonante. Che non olet nella stanze
del vicario di Cristo.