«LA CHIESA RIPENSI SE STESSA».


LETTERA APERTA DI PRETI E SUORE ALLA CHIESA ITALIANA

 

ADISTA n°

 

36556. ROMA-ADISTA. Vorremmo una Chiesa che ripensasse la propria struttura gerarchica e i propri rapporti con la società, che rinunciasse a privilegi e potere, che considerasse i credenti non come gregge da guidare ma come Popolo di Dio che partecipa e cammina in autonomia e libertà. Sono alcune delle «inquietudini» e dei desideri manifestati nella Lettera aperta alla Chiesa italiana di 7 preti, religiosi e religiose – don Alessandro Santoro, prete della Comunità delle Piagge (Fi), la teologa domenicana Antonietta Potente, il frate servita Benito Fuscodon Pasquale Gentili, parroco di Sorrivoli (Ce), don Pier Luigi Di Piazza, del Centro Balducci di Zugliano (Ud), don Paolo Tofani, parroco di Agliana (Pt) e don Andrea Bigalli, parroco di S. Andrea in Percussina (Fi) – che già nello scorso gennaio indirizzarono una lettera aperta ai teologi e alle teologhe italiani, invitandoli ad un incontro pubblico alla Comunità delle Piagge per confrontarsi e discutere di come poter riavvicinare la teologia al mondo e alla storia (v. Adista Notizie nn. 1 e 2/12).

Con questa nuova lettera aperta, è la quarta volta in due mesi – oltre alla lettera ai teologi, c’è stata la Lettera di Natale dei preti del Triveneto (v. Adista Notizie n. 1/12) e la lettera ai delegati che parteciperanno al secondo Convegno ecclesiale delle Chiese del nord-est scritta da alcuni preti e laici di Treviso e Vicenza (v. Adista Segni Nuovi n. 1/12) – che gruppi di cattolici, sia laici che religiosi, prendono la parola per manifestare il loro disagio nei confronti dell’istituzione ecclesiastica e il loro desiderio per una Chiesa altra: povera, collegiale, inclusiva, in una parola, evangelica.

Pubblichiamo di seguito la Lettera aperta alla Chiesa italiana, che è stata sottoscritta da oltre 250 fra laici, preti, religiosi e religiose di tutta Italia e che può essere ancora firmata scrivendo a appellochiesa@gmail.com (l. k.)

 Lettera aperta alla Chiesa italiana

«Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,19).

Questa lettera nasce dopo l’incontro-invito con alcuni teologi e teologhe che abbiamo avuto nella comunità delle Piagge a Firenze il 20 gennaio scorso e al quale hanno partecipato tante persone credenti e non. Rifacendoci alla tradizione più antica della comunità credente, che per comunicare usava lo stile epistolare, anche noi abbiamo pensato di scrivere una lettera aperta alla Chiesa italiana. Vorremmo fare una breve sintesi delle tante inquietudini e dei tanti desideri ed aspettative raccolte in quel contesto La trama principale delle nostre inquietudini, è espressa proprio dal testo della lettera alla Chiesa di Efeso: «Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio».

Abbiamo sempre pensato che questo fosse vero. Abbiamo sempre pensato che la nostra condizione di donne e uomini credenti ci rendesse concittadini nella storia di tutti e familiari con il Mistero. Abbiamo sempre pensato che la nostra fede ci facesse responsabili nei confronti della vita di ogni creatura e dei difficili parti storici, sociali, economici, culturali e spirituali che la comunità umana vive da sempre. Abbiamo sempre pensato anche, che proprio perché siamo familiari di Dio, non siamo esenti dal vivere sulla nostra pelle le fatiche che ogni popolo fa per poter essere popolo degno e libero. Ma oramai, da molto tempo, ci sembra che questo non sia tanto vero, e, soprattutto, con tristezza diciamo che forse nessuno ci chiede ed esige questa familiarità con il Mistero e questa solidarietà con la storia. La struttura ecclesiale infatti sembra più preoccupata a guidarci che a farci partecipare e soprattutto a farci crescere. Le nostre comunità cristiane appaiono più tese a difendere una tradizione che a vivere una esperienza di fede. Noi sappiamo, come diceva Paolo alla sua comunità di Corinto, che abbiamo il diritto di essere alimentati con parole spirituali e con un «nutrimento solido» (1Cor 3,1-2), e invece ci sentiamo trattati come persone immature, come se non fossimo responsabili delle nostre comunità, ma solo destinatari chiamati a obbedire a ciò che pochi decidono ed esprimono per noi. E proprio in questo odierno contesto storico, di grande fatica ma anche di grande opportunità per tutti i popoli, e dunque anche per la nostra società italiana, sentiamo che la Chiesa è lontana da questa fatica quotidiana dell’umanità. E che quando si fa presente, lo fa solo attraverso analisi, sentenze e a volte giudizi, che non ascoltano e non rispettano le ricerche e i tentativi che comunque la società fa per essere più autentica e giusta. Ci sembrano sempre più vere le parole di Gesù nel Vangelo: «Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito» (Mt 23,4). Noi non vorremmo essere collusi e complici di questo stile di vita, perché come credenti concittadini dei santi e familiari di Dio, sappiamo quanto è difficile sospingere la storia verso la pienezza della vita. Sappiamo anche che è difficile essere coerenti, ma lo vorremmo essere perché la coerenza oggi, sarà possibilità di vita per tutti. Perché condividere quello che abbiamo e non il sovrappiù, curarci dalle nostre ferite interiori, separarci da tutti quegli stili di vita che invece di includere escludono e invece di far crescere recidono, non è semplice ma è possibile, soprattutto quando nasce da una ricerca comune, dove ciascuno può suggerire qualcosa, dove ciascuno può condividere la sua visione del mondo e soprattutto la sua esperienza di Dio. Ma noi non ci sentiamo sostenuti nel far questo e l’esempio che abbiamo dalla Chiesa ufficiale è, la maggior parte delle volte, quello di pretendere riconoscimenti e difendere propri interessi, immischiandosi in politica solo per salvaguardare i propri privilegi.

Vogliamo essere popolo che cerca davvero di fare esperienza di Gesù, di quel Gesù che ispirava sogni di vita, che ispirava desideri di cambiamento. Quel Gesù che riusciva a far sognare anche chi conosceva solo disprezzo, o chi comunque veniva giudicato peggio di altri ed emarginato. Ci domandiamo come mai ci dicano di essere obbedienti al magistero senza chiederci di essere fedeli a questo sogno bellissimo di una umanità composta da «ogni lingua, razza, popolo, nazione» (Ap 7,9). Perché ci viene chiesto di essere credenti che devono obbedire e difendere la verità e non ci dicono invece che la Verità è più grande di noi e per questo va ricercata costantemente, ovunque e con tutti? Allora è per questo che vorremmo offrirvi queste nostre riflessioni, vorremmo che la Chiesa ripensasse le sue strutture di comunità e soprattutto la propria struttura gerarchica e i suoi rapporti con la società. Noi vorremmo che si rifiutasse ogni privilegio economico e vorremmo che l’economia delle strutture ecclesiali non fosse complice della finanza e delle banche che speculano con il denaro a scapito del sudore e del sangue di individui e intere comunità, praticando un indebito sfruttamento, non solo delle risorse umane, ma anche di quelle naturali.

Queste, in breve, sono alcune delle nostre inquietudini che condividiamo con tutti i credenti, perché «la Vita si è manifestata e noi l’abbiamo contemplata, vista, udita, toccata con le nostre mani» (1Gv 1,1-4) e di questo vorremmo rendere testimonianza. Partendo da questo primo incontro, ci impegniamo a cominciare un processo di autocritica e critica costante, per aiutarci a vivere e crescere insieme, come comunità credenti ma anche come compagni e compagne di cammino di tutti coloro che – tra evoluzioni, rivoluzioni e rivelazioni – fanno di tutto per rendere la storia più bella, solidale e giusta.

Alessandro Santoro, Antonietta Potente, Benito Fusco, Pasquale Gentili, Pier Luigi Di Piazza, Paolo Tofani, Andrea Bigalli.